Dibattito sulle prospettive di Aginform
Intervento di Alessandro Mazzone
Cari compagni, sono un vecchio abbonato di Aginform; mi pare che abbiate anche pubblicato un mio scritto contro il politicismo, anni fà. Ma non è questo che importa ora. Ho letto con attenzione la vostra Lettera aperta ai collaboratori e ai compagni, pubblicata nel n° 55 sotto il titolo La lezione del 9 aprile. La vostra analisi della situazione politica (il berlusconismo come blocco reazionario con radici profonde nella società italiana, mentre invece la situazione
non ha espresso a livello strutturale (corsivo mio) un'esigenza di riorganizzazione a sinistra
paragonabile ai processi che hanno attraversato il corpo reazionario del Paese; il tutto nel quadro di una epoca storica caratterizzata dalla controrivoluzione e dal rilancio dell'aggressività imperialista), questa vostra analisi, mi sembra, non lascia spazio ai gauchismi
[cui bisogna] ricordare che i partiti non si inventano
(né autoproclamano)
ma sono espressione di tendenze reali. Questo significa, a parer mio, cominciare bene, cioè mettendo i piedi per terra. La riorganizzazione dei comunisti non può avvenire se non dentro una condizione che riapre processi rivoluzionari scrivete. Ed è certo così, come sa chiunque conosca un po' la storia del movimento operaio.
Ma come andare avanti? Voi scrivete di un agire politico che costituisca un riferimento per tutti i compagni e le compagne. E però, sentite bene che non siamo riusciti a creare un punto di riferimento solido che contrastasse le tendenze negative,e domandate l'avviso (e, giustamente, l'impegno fattivo) di tutti coloro che sono d'accordo fin qui, per superare i limiti finora insuperati.
Ma: è proprio sicuro che un orientamento comunista si abbia davvero, cioè appunto un orientamento in rapporto alla condizione obiettiva, all'epoca storica, alla possibile (ma non presente) condizione che riapra processi rivoluzionari, - che questo orientamento comunista possa operare già solo sulla base di un accordo
sul giudizio storico [che si dà] sul movimento comunista, sulla difesa degli Stati e movimenti 'canaglia'. E anche sulle contraddizioni aperte tra gli USA e
grandi aree mondiali
Cina in testa ecc.? (Tralascio la polemica [contro] gruppettari e portatori dell'ideologismo settario, che aggiungete qui, perché la considero necessità quotidiana, come lo furono al tempo loro le polemiche di Marx contro proudhonisti ecc., di Lenin contro menschevichi e anarchici, ecc. . Necessità quotidiana della propaganda anticapitalista e per il socialismo non già dell'agitazione che resta fine a se stessa ( e su questo, evidentemente, siete d'accordo anche voi).
A mio giudizio, voi ponete implicitamente alcune grosse questioni, sia conoscitive che pratiche, alle quali non si risponde con la semplice buona volontà.
- La nostra epoca. Controrivoluzione e ripresa imperialista. Certo. (Sono sotto gli occhi di tutti quelli che vogliono vedere). Ma: Su quale base , appunto, strutturale? Quale è il rapporto tra la rivoluzione tecnico-scientifica (per riprendere un termine in uso nei Paesi ex-socialisti, che val meglio assai di 'rivoluzione tecnologica') e l'attuale sviluppo del capitalismo? Senza conoscere, o almeno avere ipotesi conoscitive e ricerche sensate su di questo, non solo non si smontano le ciarle sulla globalizzazione, ma soprattutto: non si arriva a identificare, se c'è, quella condizione che riapre [riaprirà?] processi rivoluzionari, dalla quale solo nasce [nascerà] la riorganizzazione dei comunisti. (Che tale condizione non si produca da un giorno all'altro, e soprattutto, NON nasca da posizionamenti politici di chicchessia, è cosa ovvia, almeno per tutti coloro che hanno appreso la lezione di Marx.)
- Su queste questioni esistono libri, ricerche, studi, dibattiti pubblicati in riviste come La contraddizione, Proteo e altre. Dico bene: e altre: non faccio un elenco e non escludo nulla. Leggo, cerco di capire, studio quanto posso, e constato che NON si parte da zero, ma che non si ha ancora un quadro complessivo, che possa portare a una valutazione ragionata e unitaria perché coerente.
- In Germania, si sta rifacendo la Klassenalyse, la Analisi di classe elaborata negli anni '70 (5 volumi di dati, statistiche, profili parziali), e si pubblicano i primi risultati del lavoro presente, condotto ovviamente con meno mezzi materiali di allora, ma tuttavia da una rete di studiosi e superstiti centri di lavoro, all'est e all'ovest del Paese. Un primo titolo, del 2002, è La attualità della critica del capitalismo. Un volumetto nel quale si pone la questione , tra l'altro, del carattere distruttivo di possibilità umane aperte dallo sviluppo attuale dominato dalla sola logica del profitto La distruzione è s t e r m i n i o nei Paesi poveri (non c'è nessun 'problema della fame nel mondo': le risorse ci sono, NON SI VUOLE utilizzarle per sfamare gli affamati, curare e istruire, ecc.); e nei Paesi centrali, imperialisti (come il nostro), è blocco di potenzialità (disoccupazione, precariato, ma anche e soprattutto, NON formazione, non educazione, non adeguamento delle nuove generazioni a quelle potenzialità di realizzazione loro che le forze produttive oggi permetterebbero, ecc. ecc. ecc.) Gli studi tedeschi non sono isolati, né vanno presi come la Bibbia. Ma noi, che facciamo? Possiamo davvero pensare di organizzare i comunisti, o anche semplicemente, di meritare il nome di comunisti, senza una analisi del capitalismo? O analisi del capitalismo significa solo sapere quello che voi (giustamente) ricordate? Certo che no! (E sarete d'accordo che NON basta. Se mi sbagliassi su questo punto, fermatevi pure qui senza leggere oltre.)
- E allora? Allora: esiste, come sapete, una entità che porta il nome di Rete dei comunisti. Ne fanno parte compagni impegnati, studiosi egregi (che conosco e apprezzo). Ma né loro né io ci facciamo illusioni: una Rete di comunisti esiste. Ma non è ancora Rete dei comunisti, cioè appunto una rete, una connessione di tutti coloro che si considerano 'comunisti' anche solo in base ai criteri da voi elencati, e ricordati qui sopra. Comunisti, in questo Paese, anche solo a giudicare dalle pubblicazioni a stampa ed elettroniche esterne ai partiti parlamentari, ce n'è. Ma spesso essi sembrano non sapere neppure a quanti, e a chi si rivolgono le loro pubblicazioni, magari informative e utili. Non dialogano con altri gruppi, e poco, io temo, con i loro stessi lettori. Eredità del gruppettarismo? Forse anche. Ma il tempo passa, il mondo va avanti, il 1968, grazie a dio, è lontano. E ancora: smontare alcune delle insensatezze diffuse dall'onnipresente genìa dei sicofanti del capitale, certo non basta.
Dunque:perché non cominciare di qui? Incontrarsi, discutere, lavorare, e così scambievolmente imparare, conoscere, capire il presente s t o r i c o (il presente come storia, diceva Paul Sweezy: ed è ben altro che una somma di azioni politiche). Lasciando perdere ogni gelosia di lavoro fatto: comprensibile gelosia talvolta, ma: il lavoro (ben) fatto è fatto perché altri lo faccia proprio!(A proposito: questa è forse l'unica cosa che la scienza e la politica hanno in comune). Da questo lavoro, io credo o almeno: spero potrà POI nascere anche un agire politico che costituisca un riferimento per tutti i compagni e le compagne, come voi scrivete. Aggiungerei ancora solo: per tutti quelli che , nella conoscenza e nell'azione, si (ri)-meriteranno il nome di 'comunisti'. Poiché sappiamo bene che il titolo di compagni, che il cav. Berl. spande a piene mani anche su chi non lo vuole né merita, è invece più difficile da acquisire di ogni titolo nobiliare, e neppure re Creso potrebbe comprarselo. Buon lavoro!
Alessandro Mazzone