Caro Gabriele,

leggo solo ora la tua lettera di dissociazione dalla petizione pro-Gaza alla quale, dopo averla sottoscritta, decido anch'io di non aderire ritirandone la firma, data come capita a chi fa tante cose contemporaneamente, troppo frettolosamente. Concordo con te sulla limitatezza dell'appello, che mi sembra una sorta di pendant della mobilitazione sull'Iraq dopo l'invasione anglo-americana del 2003. Allora si parlava solo d'Iraq e non di Palestina, anche per legittimare una delle più grandi bufale ideologiche del gruppettarismo di estrema sinistra del nuovo secolo, l' "antiamericanismo", contro il quale mi schierai fin da subito; oggi, in questo appello, si parla solo di Palestina (anzi di Gaza), senza inserirvi una sola parola sulle minacce di guerra all'Iran, sul Libano, sulla Siria recentemente oggetto di una gravissima incursione da parte di Israele. Così, al momento opportuno, tutta l'energia del movimento per la pace sarà compressa entro il territorio importantissimo ma non unico di Gaza, laddove sarebbe importante far finalmente crescere le coscienze del popolo della pace - lungo i binari della difesa della democrazia internazionale e del diritto internazionale - verso una visione complessiva della posta in gioco, al cui interno il ruolo di Israele non è certo solo quello di occupare illegittimamente la Palestina, ma riguarda anche la sua pretesa egemonica in tutto il Medio Oriente (e oltre: vedi il lobbismo negli USA e in Occidente in generale) il suo bellicismo ad oltranza, il suo sostegno al terrorismo sedicente "islamico" in Cecenia, Kosovo, Bosnia, e le sue minacce di distruzione dell'Iran, di cui è strumento e non dominus il presidente americano Bush.  

Ma così non la pensano evidentemente i promotori dell'appello: nel quale rivedo alcuni vecchi vizi gruppettari della mobilitazione sull'Iraq e sull'11 settembre: vedi la tesi politically correct che attribuisce al solo Bush la responsabilità primaria dell'attentato alle Torri Gemelle (tanto per restare nell'ambito dell' "antiamericanismo" e per tacere sulla pesantissima "presenza" israeliana nell'evento chiave di questo inizio secolo), e vedi il mito delle "masse" come contrapposte agli "Stati" e ai "Regimi", a causa del quale certa mobilitazione in Occidente sul'Iraq prima ha fatto di tutto per nascondere il ruolo del partito Baath nella resistenza, e poi - esaltando la contrapposizione fra sciiti e sunniti (i primi tutti buoni, i secondi quasi tutti cattivi, tranne un "leader" ) - ha nei fatti avallato e favorito non solo l'assassinio di Saddam Hussein, ma anche il processo di disgregazione dello Stato e della Nazione irachena.  

Oggi, ci risiamo: si protesta per Gaza, si ammette a mezza bocca che Hamas è il governo legittimo della Palestina (a mezza bocca, perché in verità Hamas è definita solo "parte integrante" del popolo palestinese, il che pare affermazione tautologica e allo stesso tempo un po' loffia), ma si tace sui diritti sacrosanti della Siria non solo rispetto ai territori occupati del Golan, ma anche in Libano: si tace sulla difesa di Hezbollah come movimento di liberazione nazionale; e si tace soprattutto sull'Iran e sul suo sacrosanto diritto a sviluppare il nucleare e a evidenziare l'ipocrisia e il totalitarismo in Occidente a proposito della tragedia degli ebrei (ma non solo degli ebrei) nella II guerra mondiale.

Ipermovimentismo, antiStatalismo dogmatico e disprezzo sostanziale del diritto internazionale sempre visto come "sovrastruttura" di un "imperialismo" rozzamente inteso (al cui interno si sminuisce o si azzera il ruolo del sionismo), sono i difetti di fondo che - al di là delle adesioni ottenute - leggo nell'appello. Non se ne abbia a male per questo il carissimo compagno M. che legge questa mia lettera, e a cui va tutta la mia stima.  

Cordiali saluti,

Claudio Moffa

7 ottobre 2007


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