IN NEPAL C'E' UNA CRISI UMANITARIA?

Quando segnaliamo ai compagni e alle compagne il ruolo nefasto di certa stampa di sinistra e la consideriamo fonte di disorientameno non esageriamo. Possiamo leggere quotidianamente su Liberazione e sul Manifesto aberrazioni e omissioni che, per i più giovani e i più sprovveduti, hanno lo stesso effetto del martellamento dei mass-media di regime.

Prendiamo un esempio, il Nepal. Per lungo tempo, da quando è iniziata la guerra popolare, si è ignorato il fatto. Mentre si riempivano pagine e pagine sulla singolare storia del sub-comandante Marcos, questa sorta di novello uomo mascherato, di Nepal non si parlava. Eppure in questo paese asiatico era in corso una guerra popolare di dimensioni ben più ampie degli sporadici scontri nel Chiapas.

Perchè la censura? Ma è ovvio, una guerra popolare per di più di tendenza maoista non può far notizia tra le anime belle del giornalismo di 'sinistra'. Stando a questa logica censoria i Dieci giorni che sconvolsero il mondo di J.Reed e Stella rossa sulla Cina di E. Snow invece di diventare dei best-sellers dell'informazione dovevano essere cestinati. La nuova sinistra ha paura dell'informazione su fatti che costituiscono un pericolo per l'ordine costituito. Questa è la vera censura che viene dalla sinistra.

Ritornando al Nepal, su Liberazione del 19 marzo è finalmente apparso un articolo e non il solito trafiletto, sulla situazione del paese che invece di essere centrata sullo scontro politico e sul riconoscimento della grande forza dell'esercito popolare di liberazione, si occupa della crisi umanitaria e del fatto che essa non fa notizia.

A ben leggere, tra le righe, questo articolo, viene fuori che un cattivo re e una banda di ribelli scalmanati stanno riducendo il Nepal alla catastrofe. Una interpretazione questa che è semplicemente rivoltante.

Chi fosse minimamente informato della situazione dovrebbe riconoscere che l'attuale lotta di liberazione non solo ha radici profonde nel popolo, e a dimostrarlo è la sua grande forza militare, ma anche nel carattere dispotico e filoimperialista della monarchia contro cui la sceltà di prendere le armi si è imposta come una necessità. Che questi ribelli scalmanati siano un pò meno trucidi di come Liberazione li dipinge, si può dedurre da quanto scrive la stessa articolista Sabina Morandi. Si dice, nell'articolo: dal canto suo Prachanda, il leader dei ribelli maoisti (si noti l'espressione!), ha teso la mano all'opposizione, 'niente rivoluzione repubblicana, per ora possiamo accontentarci di una monarchia costituzionale, ma che sia davvero democratica. Inoltre ha garantito ai partiti che non verranno sottoposti ad alcuna restrizione nel caso decidessero di operare nel territorio controllato dalla guerriglia.'

Ma, aggiunge prontamente la Morandi, ' l'offerta è stata gentilmente rispedita al mittente. Quando gli elefanti si fanno la guerra a rimetterci è sempre l'erba, dice un proverbio africano, ed è così che sembra pensarla la maggior parte dei nepalesi.'

Sembra di leggere il CORRIERE DELLA SERA e invece si tratta di un quotidiano 'comunista'.

Ritorna alla prima pagina