Lettera di Maurizio Nocera

Care compagne e compagni,

ritorno a scrivervi dopo più di undici anni (quella volta era l¹aprile 1993 e la vostra testata era: «Mps-Agenzia di informazione»). In questo così lungo periodo, ho continuato a leggervi, quando approvando, quando cercando di capire alcune vostre posizioni che mi apparivano alquanto complesse e difficili da comprendere, almeno lo erano per me.

Questa volta però, dopo aver letto la seconda pagina di «Aginform» (n. 40 marzo 2004), sento il bisogno di intervenire, per dire che, finalmente, vedo uscire dalla vostra organizzazione in modo netto una posizione di assoluto valore teorico-politico per noi comunisti che, nel tempo, non abbiamo voluto abiurare il marxismo-leninismo.

Questa vostra posizione netta, sulla quale mi dichiaro totalmente d¹accordo, non sta tanto nell’articolo ‘La preparazione del Termidoro nell¹Urss’, che riporta uno stralcio del libro di V. Dobrov, ‘L’assassinio del socialismo ovvero come furono esautorati i successori designati da Stalin (Libera ricostruzione dei verbali di una serie di tavole rotonde)’, all’interno del quale vanno molto sottolineate le parole ‘libera ricostruzione’, quanto invece mi riferisco alle affermazioni del compagno Roberto Gabriele, là dove egli, in due successivi punti, scrive: «Se questo è il compito che oggi spetta ai comunisti, bisogna assumersi la responsabilità intellettuale e politica di portarlo avanti nelle forme appropriate. Come la guerra è cosa troppo seria per farla gestire ai generali, così il compito di combattere il revisionismo storico e l¹anticomunismo non può essere fatto al di fuori di un impegno radicale e organico».

Pieno consenso a questa affermazione; mi permetto solo di aggiungere - ma questo può valere solo per me, che ho fatto una determinata esperienza politica e, forse, non vale per il compagno Gabriele, che invece ne ha fatta un'altra - alla lotta contro il «revisionismo storico», la lotta contro il «revisionismo moderno». Francamente penso che la lotta contro il revisionismo moderno sia assolutamente imprescindibile e prioritaria perché, nel secolo scorso, è stato esso la matrice di tutte le conseguenze nefaste abbattutesi sul movimento operaio, prima fra tutte - e la più tremenda per noi comunisti - il crollo dell¹Unione Sovietica.

«Dove nascono le ambiguità? A mio parere dal fatto che si vuole prescindere dal centro del problema per andare a scoprire i limiti dell'esperienza socialista, assumendo così il ruolo di quei critici di ‘sinistra’ di cui l¹intelleghenzia borghese si è sempre servita per demolire il socialismo reale, inteso per quello vero. Il trotskismo non è stato altro che questo». Questo è un fondamentale passaggio per capire quanto è accaduto nel movimento operaio e comunista mondiale, a partire dal momento in cui i menscevichi russo-sovietici, appoggiati al loro interno, così come dall’esterno, dall’opposizione trotskista al leninismo e al socialismo, hanno sferrato il loro attacco alle fondamenta della costruzione di un’esperienza istituzionale comunista quale quella che - sotto Lenin e sotto Stalin -, faticosamente si andava realizzando ad Est. Anche se l’articolo della casa editrice russa ‘Patriot’, pubblicato a fianco della dichiarazione del compagno Gabriele, sembra essere una molto «libera ricostruzione» di fatti a noi già conosciuti, da essa traspare tuttavia un convincimento chiaro: le tresche reazionarie orchestrate da sempre da Nikita Kruscev, divenuto negli anni Trenta - quindi già tutto dentro l'azione di Stalin - il catalizzatore delle perverse attività che passano sotto la denominazione di revisionismo moderno. Scacciato, a cavallo degli anni Venti-trenta, dall’Unione Sovietica Leone Trotski, a causa delle sue attività antisocialiste, è il ‘criptico’ trotskista Kruscev, già allora potente segretario del comitato centrale del Partito bolscevico, che di fatto ne eredita l'iniziativa reazionaria antisovietica, che avrà poi il suo massimo compimento con un altro ‘criptico’ trosko-fascista, Boris Eltsin, lo sfasciatore ultimo, assieme a Mikail Gorbaciov, dell¹Urss (1991).

Cari saluti

Maurizio Nocera

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