Il nodo della Cina

Carissimi compagni,

innanzitutto vi ringrazio per aver pubblicato il mio articolo in difesa (tenue) di Stalin.

Siccome sollecitate contributi, suggerimenti idee ecc. ecco quello che penso: meglio meno ma meglio, benissimo. Purché un minimo di passo avanti si compia. Credo che a monte dei due punti che proponete alla discussione (forme di collaborazione e punti di programma) vi sia un "nodo" da sciogliere: la posizione dei marxisti-leninisti nei riguardi della Cina e del PCC. Io ho il sospetto che nel nostro ambiente, in Italia e altrove, si dica: fino a Mao tutto bene, da Deng Hsiao Ping in poi in Cina è stato restaurato il capitalismo; il PCC non è più un partito comunista ecc. Siccome vi è gente che ci ha già pensato (come Bertinotti e i Trotskisti) a negare la presenza del socialismo nel mondo, coloro che si richiamano al marxismo-leninismo commetterebbero un imperdonabile errore ad associarsi a quella visione piagnistea negando il carattere socialista (sia pure "del Terzo mondo" come dice il PCC) della R.P.C.

Se nei nostri incontri non ci uniamo sulla base di una piattaforma ideologica minima (e il criterio di valutazione: socialismo o capitalismo, rivolto a una grande nazione che comprende un quinto dell’umanità è ideologico) se non facciamo questo, dicevo, rischiamo di costruire i nostri momenti aggregativi sulla sabbia. Ed eludendo un problema così importante, e magari trovando terreni di convergenza su cose secondarie, ci illuderemmo di aver realizzato quel meno e meglio di cui pure concretamente ci accontentiamo.

Non intendo dire che ognuno di noi ha la libertà (come ha fatto Losurdo nell’intervento che opportunamente avete pubblicato) di difendere la Cina da condanne liquidatorie; intendo dire che nel documento finale che metteremo ai voti deve trovare spazio - nei modi più cauti possibili - una valutazione positiva della R.P.C. e del PCC. Presso di noi è in voga, da sempre, parlare di "autentico" partito comunista, "vero" partito comunista, ecc. Credo che uno come Stalin non abbia mai usato queste categorie così enfatiche, ma più semplicemente abbia detto "leninista" del suo partito. Non vorrei che fra i compagni che si danno convegno a Firenze ve ne sia qualcuno che, certo di essere un "autentico" comunista, ritenga questa autenticità incompatibile con una valutazione positiva della R.P.C.. Secondo la mia personale esperienza gli "autentici" comunisti sono anche molto testardi, non sono disposti tanto facilmente a rivedere le loro idee, non appartengono alla categoria di quei frutti che "con il tempo e con la paglia" maturano. Penso che sia quasi certamente inutile aspettare ancora.

Vi saluto con grande cordialità

Amedeo Curatoli

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