Il ruolo della Cgil sulla guerra
e sulle sue conseguenze sociali ed economiche

  Su Marx 21 è apparso nei giorni scorsi [qui] uno scritto di Giacinto Botti, sindacalista della CGIL e dirigente della corrente interna Lavoro e Società.

  In questo articolo, accanto alle cose giuste che scrive a proposito della guerra in Ucraina come guerra per procura, contro l'invio di armi da parte dell'Italia, per la mobilitazione per la pace, l'autore inserisce alcuni argomenti che è utile riprendere e mettere in discussione. Mi interessa farlo perchè, per quanto so delle posizioni di Botti, nelle battaglie quotidiane che egli conduce ci sono aspetti condivisibili anche da parte di chi milita al di fuori della CGIL.

  La polemica su alcuni punti non nasce perciò da parte mia da una posizione preconcetta, perchè Botti ha la tessera della CGIL, ma ha motivazioni diverse, essenzialmente di merito. La prima riguarda i caratteri della guerra e le relative responsabilità; la seconda il ruolo della CGIL rispetto alla situazione economica e sociale che si è determinata.

  Onde evitare distorsioni citiamo testualmente:
“... sappiamo chi invade e chi è stato invaso, e le responsabilità dei massacri...”
“ siamo in una nuova fase e la CGIL, che rilancia la mobilitazione contro la guerra vuole essere protagonista del cambiamento”.


  Sul primo punto le informazioni e le valutazioni date da Marx 21 in questi tre mesi di guerra danno sulle responsabilità della guerra e sui massacri un quadro assai diverso da quello della propaganda americana e occidentale.

  Sul sito sono apparse in maniera convincente valutazioni e informazioni su quello che è accaduto con la continua espansione della NATO a est, nonostante lo scioglimento del Patto di Varsavia, e sugli avvenimenti in Ucraina dal 2014 fino all'attuale intervento russo, che spiegano come la Russia si sia trovata a fronteggiare da anni un progetto aggressivo di USA e NATO che ha avuto nel regime installato con la forza a Kiev e divenuto di fatto braccio armato della NATO la sua espressione più acutamente provocatoria, con la guerra di 8 anni, sempre ignorata in occidente, contro le popolazioni russe del Donbass, il ruolo strategico delle formazioni naziste come Azov, gli eccidi come quello alla casa del sindacato di Odessa, la promozione dell'odio antirusso a ideologia nazionale.

  E' in queste condizioni che è maturato l'intervento russo e non si possono perciò dare per scontate le responsabilità del conflitto. E nemmeno si possono prendere per buone le documentazioni di Zelensky e dei suoi consiglieri anglo-americani sugli 'eccidi', se si ricorda come sono state giustificate le guerre USA-NATO in Jugoslavia, in Afghanistan, in Iraq, in Siria e le centinaia di migliaia di persone ammazzate da chi oggi denuncia i crimini altrui.

  Essere contro la guerra non basta: i lavoratori a cui Botti si rivolge devono anche capire come stanno effettivamente le cose perchè in mancanza di chiarezza si depotenzia la spinta a uscirne fuori.

  Sul ruolo della CGIL, infine, il bilancio non mi sembra ottimistico su entrambi i versanti, quello della lotta contro la guerra e quello della difesa dei lavoratori.

  Sulla guerra, la CGIL ha organizzato in occasione del 25 aprile una manifestazione nazionale in cui Landini ha detto finalmente 'una cosa di sinistra' contro l'invio di armi in Ucraina, salvo poi andare a Firenze a una manifestazione indetta dal PD di Letta in cui il tema centrale era la “difesa” militare dell'Ucraina. Dov'è dunque l'impegno del sindacato di Botti contro la guerra? Mi sembra che egli scambi il suo punto di vista con ciò che la CGIL dovrebbe fare, ma non fa.

  Sulle questioni economiche e le condizioni dei lavoratori dopo lo scoppio della guerra, l'assenza di iniziativa della CGIL è ancora più eclatante. Con l'inflazione al 7%, gli embarghi e la crisi economica e sociale che ne deriva non si è vista una protesta all'altezza dei problemi ed è stata accettata la logica di Draghi su come affrontare l'emergenza. Uno stile consociativo che ha portato all'una tantum di 200 euro a fronte di una perdita di potere d'acquisto annuo di almeno dieci volte superiore.

Roberto Gabriele
24 maggio 2022