Il nucleo essenziale della battaglia per l'affermazione delle posizioni comuniste

La riorganizzazione dei comunisti è stata vista in Italia quasi sempre come questione essenzialmente legata alla fondazione qui e subito di un partito, e quando questo era palesemente impossibile per quantità e qualità della struttura, si provvedeva a creare un nucleo sostitutivo che avesse comunque la funzione di comitato centrale.

Che gruppi di compagni abbiano intrapreso, in vari momenti, un percorso di riorganizzazione dei comunisti à senza dubbio lodevole. Quello che è meno convincente però è che si sia rovesciata la questione: invece di partire dai dati oggettivi e definire una funzione reale, si è partiti da necessità astratte che non hanno avuto la capacità e la possibilità di affermarsi.

A nostro parere, questione centrale per definire un percorso di riorganizzazione dei comunisti in Italia è rappresentata dalla individuazione dello spazio politico su cui essi possano effettivamente crescere, uno spazio che non può avere differenziazioni secondarie da altre posizioni, ma deve basarsi su dati distintivi essenziali, in cui non solo i militanti si possano riconoscere, ma che abbiano anche una influenza culturale e ideologica di massa.

Sinora, il nemico di classe ha potuto lavorare indisturbato, o quasi, perchè i comunisti, in luogo di misurarsi con le grosse questioni, si sono rifugiati in una logica di piccola setta permettendo che il fuoco fosse concentrato su alcuni nodi che rappresentano altrettanti campi di battaglia su cui si decide la possibilità di riorganizzazione e di rilancio del comunisti.

Su un’altra sponda, alcuni partiti che si definiscono comunisti, in Italia e altrove, hanno voluto ignorare, per opportunismo, questa necessità, rimanendo vittime del parlamentarismo, del trasformismo e dell’illusione che si potesse contrapporre al socialismo reale, cioè alla trasformazione reale del sistema sociale, un comunismo ideale astratto e aldilà da venire.

Questa posizione, oltre a non essere basata sullo sviluppo dialettico e materialistico della storia, rende possibile i peggiori cedimenti nel valutare lo scontro di classe e la lotta antimperialista.

A nostro modo di vedere esistono tre questioni su cui i comunisti devono misurarsi con successo per creare le condizioni della loro ripresa come partito. Il primo banco di prova riguarda il giudizio storico sul movimento comunista.

In questi decenni, mentre decine di gruppuscoli che si richiamano al marxismo e al leninismo si accapiglivano in dispute dottrinarie senza sbocchi, la borghesia e l’imperialismo portavano avanti, attraverso strumenti culturali e di informazione di destra e spesso di sinistra un’opera di demolizione storica senza precedenti, che è arrivata al punto di imporre come senso comune l’equiparazione tra Stalin e Hitler, bolscevismo e nazismo.

A questo punto una domanda viene spontanea: come possiamo ritenere possibile, in un deserto creato dagli anticomunisti e qualche volta col nostro concorso, una ripresa di massa del movimento comunista, sopratutto in occidente?

E’ evidente che la rimozione di questo blocco è la condizione preliminare per la ripresa. L’impero del male non può essere un riferimento per masse di persone che aspirano a cambiare la società capitalistica. Diventa quindi essenziale una battaglia per controbilanciare gli effetti provocati dai denigratori interni ed esterni al movimento comunista. Gli opportunisti hanno cercato una scappatoia chiamandosi fuori dalla storia del movimento comunista o dandone una versione italiana, casareccia, subendo così il ricatto dell’avversario.

Anche se le "vie nazionali" al socialismo hanno creato per un certo periodo l’illusione che il comunismo potesse ancora essere realizzato in modi diversi da quelli storicamente determinati, gli esiti della vicenda gorbacioviana, dell’eurocomunismo, del crollo dell’URSS e dei paesi socialisti dell’est europeo, hanno dimostrato la connessione tra XX congresso del PCUS e distruzione delle basi socialiste nate dalla rivoluzione d’ottobre.

Quindi la questione rimane: il giudizio storico sul movimento comunista è tale da darci la forza per la ripresa? E’ un retroterra solido o uno spazio effimero? A forza di discussioni antirevisioniste, noi comunisti non ci siamo resi conto che il nemico ci scavava la fossa e ci costringeva a gettare il bambino con l’acqua sporca. Eppure oggi ci appare con tutta evidenza che fintanto che il movimento comunista mondiale è stato forte si è bloccata la tendenza alla guerra, si è sviluppato un grande movimento rivoluzionario in varie parti del mondo, si è conquistata l’indipendenza nazionale per interi continenti, si è battuto il fascismo e il nazismo, si è rafforzato il movimento operaio e la lotta di classe, etc etc. Chi può negare oggi che vi è una connessione diretta tra il cosiddetto dominio unipolare neoliberista e l’arretramento del movimento comunista, quello che si è sviluppato dall’ottobre agli anni sessanta? Questa connessione viene ora ammessa tra i denti anche da quegli anticomunisti di sinistra che così grandemente hanno lavorato per il nemico, ma il dibattito aperto, di massa su questo non c’è ancora stato. Sicchè abbiamo permesso che un’alternativa organizzata dei comunisti fosse posta, dal PRC, recidendo le radici storiche del movimento comunista.

Sia chiaro, con ciò non si intende negare l’esigenza di una discussione interna al movimento comunista, sulla sua storia, i suoi percorsi. Ma gettare il bambino con l’acqua sporca è non solo una operazione idiota, ma anche sostenuta dal nemico di classe e dai suoi agenti.

Perchè questa operazione è stata possibile? Perchè sinora i comunisti non sono stati all’altezza di bloccare e respingere l’opera di demolizione operata dai loro nemici interni ed esterni? E’ tutta colpa dell’avversario se le cose sono giunte a questo punto? Oppure... non abbiamo centrato l’obiettivo?

La nostra non è una difesa d’ufficio da comunisti nostalgici, ma una difesa del bilancio storico del comunismo del secolo scorso che ha riguardato miliardi di persone. Difatti chi può negare che il movimento comunista, oltre che a modificare le strutture sociali dei paesi in cui è andato al potere ha determinato (Afganistan compreso): 1) un grande sviluppo del movimento operaio a livello mondiale; 2) il mantenimento di un equilibrio internazionale di pace e la clamorosa sconfitta dell’imperialismo in Corea e in Vietnam, rendendo possibile 3) il grandioso movimento di liberazione dal colonialismo. Chi ha avuto il peso determinante nella sconfitta del nazismo europeo da Stalingrado a Berlino?

Questi fatti epocali sono incontestabili e quindi dobbiamo ammettere che il movimento comunista, inteso come movimento di liberazione dalla guerra e dallo sfruttamento ha funzionato e come! E tutto ciò va detto anche a coloro che oggi si affannano a denunciare il liberismo imperante e il governo unipolare imperialista, ma che non accettano di riconoscere, perchè influenzati dall’avversario di classe, dalla borghesia, l’enorme positività del bilancio del movimento comunista internazionale e la sua contestuale capacità di bloccarne e sconfiggerne i progetti.

Su questo grande patrimonio invece che è unitario per tutti i comunisti e che comprende la rivoluzione d’ottobre, come quella cinese, il Vietnam come la Corea, la lotta partigiana in Europa e la presa del potere nei paesi dell’est europeo, i movimenti di liberazione nazionali in cui spesso i comunisti sono stati in prima fila e i movimenti contro i patti militari e la bomba atomica, essi devono ritrovare l’unità e l’identità da cui partire per una nuova grande avventura di trasformazione sociale e politica.

Esiste dunque una grande discriminante che è (e deve essere) fattore unitario per i comunisti, che è il riconoscimento del carattere positivo del bilancio del movimento comunista. Questa discriminante divide i comunisti dalle altre correnti politiche della sinistra ed è la base della nostra autonomia da esse.

Su questo terreno bisogna avere il coraggio di sfidare i detrattori del comunismo, ma non a livello di piccole conventicole che tengono acceso il lumicino dei padri fondatori, ma a livello di massa per far capire alla gente, agli uomini semplici che hanno memoria storica del proprio passato e ai giovani che esprimono antagonismo verso questa società, che cosa hanno saputo fare i comunisti. E per dare allo stesso tempo a migliaia di compagni rimasti fedeli ai principi e alla storia comunisti gli strumenti per una battaglia culturale e politica.

E i gulag e la dittatura del partito? E gli esiti del socialismo in URSS e nell’est europeo?

Anche su questo dobbiamo distinguerci dalle conventicole che agitano i principi senza saper gestire il dibattito su basi storiche e materialistiche. Su questo aspetto della vicenda del movimento comunista dobbiamo invece saper recuperare un dibattito che non è certo esaltazione truce della violenza, ma dimostrazione di necessità storiche che legano i mezzi ai fini. Quale rivoluzione, da Cromwell a Robespierre, è potuta avanzare senza l’uso della violenza nello scontro sociale e politico? Si può giudicare la rivoluzione francese dall’uso della ghigliottina?

E perchè dunque la rivoluzione d’ottobre e le trasformazioni rivoluzionarie operate dai comunisti dovrebbero sfuggire a delle leggi storiche? E perchè dovremmo seguire la logica degli esteti delle rivoluzioni che considerano solo l’atto eroico la pura espressione della rivoluzione e la gestione del potere rivoluzionario come atto repressivo?

Allora delle due l’una: o si nega il grande e incontestabile risultato storico raggiunto per tutta un’epoca dai comunisti o si deve stabilire una connessione tra questo risultato e l’azione organizzata dei comunisti. Da Stalingrado a Guadalajara.

Ripetiamo che tutto ciò non elimina la necessità di una analisi interna alle singole vicende, ma impone che questa analisi per essere obiettiva non deve prescindere dal risultato globale.

L’industrializzazione dell’URSS, la vittoria sul nazismo, lo sviluppo dell’internazionale comunista e delle rivoluzioni comuniste, la cosiddetta guerra fredda che altro non è stata che il bilanciamento, in positivo, dell’imperialismo USA e del suo sistema di alleanze, sono stati possibili perchè l’organizzazione comunista che ha guidato questi processi è stata all’altezza della situazione.

Anche su questo si determina un’altra grande discriminante tra comunisti e resto della sinistra, una discriminante che al tempo stesso è fonte di unità tra un’area di comunisti che condivide il giudizio che abbiamo dato sulla nostra storia.

Dobbiamo, sulla questione della gestione del potere da parte dei comunisti, abbandonare ogni carattere difensivo, non solo per la storia passata, ma anche per la concezione rivoluzionaria della lotta per la trasformazione sociale. Ovviamente ciò va fatto considerando il carattere dello scontro sociale e la condizione storica data. Anche qui i numerosi gruppuscoli che si richiamano al comunismo confondono l’albero con la foresta, dando del comunismo una versione dittatoriale che aiuta solamente la borghesia.

La forza dei comunisti non sta solo nella loro storia, ma paradossalmente anche nell’analisi delle loro sconfitte. Questa è una terza questione da affrontare. Che cosa si intende dire con questo? La situazione che si è determinata col crollo dell’URSS e dei paesi socialisti dell’Est europeo ha prodotto sì un arretramento del movimento comunista, ma al tempo stesso ha posto le basi per una nuova analisi materialistica della situazione oggettiva da cui ricavare corrette interpretazioni storiche e nuovi elementi per continuare la battaglia per il comunismo.

In sostanza intendiamo dire che i comunisti debbono saper utilizzare un grande insegnamento che viene da Fidel Castro, che è quello di saper trasformare la sconfitta in vittoria. A questo riguardo pensiamo che le energie dei comunisti debbano essere concentrate nel rilanciare una teoria interpretativa delle vicende storiche dalla rivoluzione d’ottobre ad oggi, ridando ai fatti una visione dialettica e tale da rendere più forte la base teorica marxista.

Per intenderci, ci sono due modi per valutare i decenni che hanno visto i comunisti come protagonisti del processo storico. Un modo è quello che sta prevalendo e che liquida, come abbiamo già detto, il comunismo reale per riproporre un idealismo comunista vago quanto fragile; un secondo modo è quello che vede il comunismo come un movimento reale che tende ad abolire lo stato di cose presente. Quindi quest’ultimo si presenta e deve presentarsi come capacità di legarsi ai processi sociali e guidarli verso uno sbocco comunista, passando dentro le vicende storiche concrete con tutto ciò che consegue in termini di deformazioni e deviazioni.

La forza dei comunisti sta dunque anche in questo, nel saper riproporre la teoria come guida per l’azione e chi può dunque procedere oggi ad un riesame di tutte le vicende storiche dall’ottobre del 1917 al 1989, se non coloro che hanno saputo attraversare con la loro iniziativaù rivoluzionaria queste vicende? I neocomunisti, come a suo tempo i fautori delle terze vie, finora non hanno saputo distaccarsi dalla vecchia e tradizionale opposizione riformista e parlamentaristica, mentre i comunisti possono utilizzare la teoria per capire il passato ed essere i forti e capaci per il futuro.

Su questo abbozzo di discorso, più che su improbabili rilanci rivoluzionari e di partito, occorrerebbe fare una riflessione collettiva. Tanto per cominciare.

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