I Media e le loro atrocità

di Michael Parenti

Rapporto presentato il 31 luglio all'assemblea costitutiva della Commissione Indipendente di inchiesta a New York

Possiamo affidarci ai capi statunitensi e ai media d'informazione di proprietà di società per azioni, quando sfornano storie d'atrocità? Ricordate i cinquecento bébé prematuri strappati dalle incubatrici da soldati Iracheni che ridevano in Kuwait? Una storia ripetuta e creduta fino quando è stata dimostrata essere una montatura totale, anni dopo. Durante la guerra di Bosnia del 1993, i Serbi erano accusati di seguire una politica ufficiale di stupro. "Vai e stupra" si suppone che abbia ordinato pubblicamente alle sue truppe un comandante Serbo-Bosniaco. La fonte di questa storia non è mai stata rintracciata. Il nome del comandante non è mai stato fatto. Per quanto sappiamo, un'espressione di questo genere non è mai stata pronunciata. Anche il New York Times ha effettuato, con ritardo, una piccola correzione, ammettendo con ritrosia che "l'esistenza di una 'politica di stupro sistematico' dei Serbi rimane da provare".(1)

Le forze Serbo-Bosniache vengono accusate di aver stuprato tra le 25 000 e le 100 000 donne musulmane in vari luoghi. L'esercito Serbo-Bosniaco contava non più di 30 000 uomini, molti dei quali erano impegnati in missioni militari disperate. Un rappresentante dell'Helsinki Watch ha notato che le storie di stupro di massa commesso dai Serbi venivano dal governo Bosniaco-musulmano e sa quello Croato e non c'erano testimonianze credibili che le suffragassero. Il buon senso dovrebbe imporre che storie di questo tipo siano trattate con il più grande scetticismo e non usate come una scusa per una politica aggressiva e punitiva contro la Jugoslavia.

Il tema propagandistico dello "stupro di massa" è stato risuscitato nel 1999 per giustificare le stragi continue della NATO in Jugoslavia. Un titolo del San Francisco Examiner (26 Aprile 1999) ci racconta: "La tattica dei Serbi è lo stupro organizzato, dicono i profughi del Kosovo". Non viene fornita nessuna prova o testimonianza a sostegno dell'accusa di stupro organizzato. Solo alla fine dell'articolo, nel diciannovesimo paragrafo, leggiamo che i rapporti fatti dalla missione Kosovo dell'Organizzazione per la Sicurezza et la Cooperazione in Europa non hanno trovato traccia di tale politica di stupro organizzato. Secondo il portavoce dell'OSCE i casi di stupro erano una dozzina e non "molte dozzine". Lo stesso articolo notava che il Tribunale ONU per la Jugoslavia aveva condannato un comandante militare Croato-Bosniaco a dieci anni di prigione perché non era riuscito a fermare le sue truppe che stupravano donne musulmane nel 1993, un'atrocità di cui non abbiamo avuto alcuna notizia quando è accaduta.

Qualche dozzina di stupri è sempre qualche dozzina di troppo. Ma può servire come una delle giustificazioni per una guerra massiccia? Se il signor Clinton vuole fermare gli stupri, potrebbe iniziare più vicino casa sua a Washington D.C., dove ci sono dozzine di stupri ogni mese.

I Serbi erano accusati per l'infame massacro del mercato di Sarajevo. Secondo il reportage trapelato della TV Francese, i servizi segreti occidentali sapevano che erano le forze musulmane che avevano bombardato i civili Bosniaci nella piazza del mercato allo scopo di indurre il coinvolgimento della NATO. Anche il negoziatore internazionale David Owen, che lavorava con Cyrus Vance, ha ammesso nelle sue memorie che le potenze della NATO avevano sempre saputo che s'era trattato di una bomba musulmana.(2)

Una volta, nota Barry Lituchy, il New York Times ha pubblicato una foto che ha fatto passare per quella di Croati disperati per le atrocità Serbe, mentre invece gli omicidi erano stati commessi da Bosniaci-musulmani. Il New York Times ha stampato una timida smentita la settimana seguente.(3)

La campagna di propaganda contro Belgrado è stata tanto intensa che anche esponenti importanti della sinistra che si oppongono alla politica della NATO contro la Jugoslavia si sono sentiti costretti a genuflettersi davanti a quest'ortodossia della demonizzazione e hanno parlato, senza alcuna specificazione o verifica, della "brutalità" dei Serbi e del "mostro Milosevic" (4). Così, critici come Noam Chomsky o Alexander Cockburn tradiscono di essere stati essi stessi influenzati proprio da quella macchina di propaganda che criticano su tante altre questioni. Rifiutare l'immagine demonizzata di Milosevic o del popolo Serbo, non significa idealizzarli o pretendere che siano senza colpa o esenti da crimini. Significa semplicemente opporsi alla propaganda unilaterale che ha preparato il terreno all'aggressione della NATO contro Jugoslavia.

Fino all'inizio dei bombardamenti della NATO, nel marzo 1999, il conflitto nel Kosovo, secondo fonti Albanesi del Kosovo, era costato la vita di 2000 persone, dalle due parti. Fonti Jugoslave hanno fornito la cifra di 800 caduti. Cifre di questa entità rivelano una guerra civile, non un genocidio. La politica delle espulsioni forzate è iniziata dopo il bombardamento della NATO, con migliaia sradicati dalle Forze Serbe nelle zone in cui erano in azione i mercenari dell'UCK.

Dobbiamo ricordarci che decine di migliaia sono anche fuggiti dal Kosovo perché era spietatamente bombardato della NATO, o perché era teatro di pesanti scontri sul terreno fra le forze Jugoslave e l'UCK, oppure semplicemente perché avevano paura e fame. A una donna Albanese che andava verso la Macedonia è stato zelantemente chiesto da una squadra di giornalisti se era stata costretta ad andarsene dalla polizia serba. "Non c'erano Serbi" - ha risposto - "Avevamo paura delle bombe [della NATO]". (5). Ho dovuto leggere questo nel San Francisco Guardian, non nel New York Times o nel Washington Post. Durante i bombardamenti, si stima che fra 70.000 e 100 000 Serbi abitanti del Kosovo siano fuggiti (la maggioranza verso il nord, ma qualcuno anche verso sud), come hanno fatto migliaia di Rom, di Macedoni ed altri. (6). Stavano facendo pulizia etnica su se stessi, i Serbi? O non stava forse fuggendo, questa gente, i bombardamenti e la guerra di terra? Eppure il flusso di profughi c a u s a t o dai bombardamenti è stato ripetutamente usato dai guerrafondai USA. come giustificazione dei bombardamenti, che sarebbero serviti per far pressione su Milosevic per permettere "il ritorno in sicurezza dei profughi d'etnia Albanese".(7).

Mentre i Kosovari Albanesi partivano in gran numero, generalmente ben vestiti e in buona salute, qualcuno guidando trattori, camion o automobili e avendo con sè molti giovani in età di leva, venivano descritti come gente che veniva "massacrata". E stato riferito ripetutamente che erano "le atrocità serbe", non la grave guerra di terra contro l'UCK e meno che mai i bombardamenti massicci della NATO, che "avevano spinto più d'un milione d'Albanesi via dalle loro case".(8). Adesso ci sono indizi che i rifugiati Albanesi del Kosovo non abbiano mai neanche avvicinato un tale numero.

Gli attacchi serbi contro le roccaforti dell'UCK o l'espulsione forzata di contadini Albanesi veniva descritta come "genocidio". Ma molti esperti in fotografia sarellitare e in propaganda di guerra hanno accusato la NATO di fare sul Kosovo una campagna di propaganda priva di qualsiasi fondamento. secondo questi critici indipendenti, le informazioni del Dipartimento di Stato che riferiscono di fosse comuni e di un numero di maschi Albanesi mancanti all'appello oscillante tra le 100.000 e le 500.000 unità "sono semplicemente ridicole".(9)

All'inizio della guerra, Newsday ha riferito che Gran Bretagna e Francia prendevano in seria considerazione "blitz di commandos in Kosovo per sventare il piano dei massacri Serbi dell'etnia Albanese". (10) Quale sarebbe stato questo piano così ben definito? Naturalmente non c'è stato nessun blitz di commandos, ma intanto la storia aveva servito al suo fine di gonfiare l'immagine del massacro di massa. Allo stesso modo il Washington Post riferiva che 350 persone di etnia Albanese "potrebbero essere sepolte in fosse comuni" nei pressi di un paese di montagna nel Kosovo orientale. Queste stime erano fondate su fonti che i funzionari della NATO rifiutavano d'identificare. Scendendo nei dettagli, l'articolo menzionava "quattro corpi in decomposizione" scoperti vicino a un gran mucchio di cenere. (11).

Una notizia notturna dell'ABC ha fatto drammatici e ripetuti riferimenti alle "atrocità serbe nel Kossovo" senza offrire alcun dato di fatto. Ted Kopple chiese ad un gruppo di arrabbiatissimi profughi Albanesi di che cosa fossero stati testimoni in particolare. Gli indicarono un vecchio del gruppo che portava un cappello di lana e uno di loro rappresentò quello che un Serbo gli aveva fatto, gettando il cappello dell'uomo per terra e calpestandolo: "perché i Serbi sapevano che il cappello era la cosa la più importante per lui." Kopple si mostrò adeguatamente sconvolto. Era l'unico esempio di "crimine di guerra" offerto dalla trasmissione.

Una storia che ha girato molto sul New York Times, intitolata "Dossier Statunitensi Illustrano gli Attacchi Serbi in Kosovo" riferisce che il Dipartimento di Stato ha distribuito "il dossier documentario ad oggi più completo sulle atrocità". Il dossier concludeva che sono stati organizzati stupri ed esecuzioni sistematiche. Ma se si legge oltre e con più attenzione, si scopre che i dossier del Dipartimento di Stato su questi crimini "dipendono quasi completamente dell'informazione data dai profughi. Non c'era alcun segno che i servizi segreti americani fossero stati in grado di verificare, la maggior parte o almeno un congruo numero dei racconti... e la parola 'secondo quanto riferito' e 'secondo quanto asserito' appaiono dappertutto nel documento".(12).

Il giornalista britannico Audrey Gillan ha intervistato i profughi del Kosovo sulle atrocità riscontrando una mancanza impressionante di prove o anche solo di voci coerenti. Una donna l'ha sorpreso a gettare uno sguardo all'orologio che aveva al polso, mentre il marito gli stava spiegando comr tutte le donne fossero state derubate dei loro gioielli e beni personali. Un portavoce dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati parlava di stupri di massa e di quello che suonava come centinaia di omicidi in tre villaggi, ma quando Gillan lo sollecitò per avere informazioni più precise, l'uomo ridusse drasticamente il discorso a cinque o sei vittime di stupro adolescenti. Però non aveva parlato con nessun testimone, e ammetteva che "non abbiamo modo di verificare queste voci". (13)

Gillan nota che qualche profugo aveva visto omicidi ed altre atrocità, ma non c'erano elementi che potessero far pensare a fatti sulla scala che si è detta.Un pomeriggio, ufficiali in servizio dissero che erano arrivati profughi che parlavano di sessanta o più omicidi in un villaggio e di cinquanta in un altro, ma Gillan "non riuscì a trovare un solo testimone oculare che avesse veramente visto quel che era successo". Nonostante ciò i giornalisti occidentali riferivano ogni giorno di "centinaia" di stupri ed omicidi. A volte magari annotavano che erano voci da confermare, ma allora perché queste storie non verificate erano così impazientemente riferite per prime?

In contrasto con le sue asserzioni pubbliche, il Ministero degli Esteri tedesco ha ufficiosamente negato che ci fossero prove di elementi di genocidio o di pulizia etnica nella politica jugoslava: "Anche nel Kosovo, una persecuzione politica esplicita sulla base dell'appartenenza all'etnia Albanese non è verificabile... Gli atti delle forze di sicurezza jugoslave non erano indirizzati contro i Kosovari Albanesi come gruppo etnico definito, ma contro l'avversario militare e i suoi veri o presunti sostenitori. (14).

Ciononostante Milosevic è stato imputato come criminale di guerra, accusato dell'espulsione forzato dei Kosovari Albanesi, e dell'esecuzione sommaria di un centinaia di persone, pretesi crimini accaduti, sia sottolineato ancora una volta, d o p o l'inizio dei bombardamenti della NATO, ma usati come giustificazione per i bombardamenti stessi. Il maggior criminale di guerra è la NATO e sono i dirigenti politici che hanno orchestrato la campagna aerea di morte e distruzione. Ma ecco il ragionamento che la Casa Bianca e i media statunitensi facevano in quel periodo: poiché gli attacchi aerei non hanno lo scopo di uccidere i civili, non c'è nessuna responsabilità se ciò accade, bastano le scuse di occasionale per gli spiacevoli errori come se fosse solo l'intenzione a contare invece degli ineluttabili effetti.

In risposta, ha detto bene George Kenney, ex funzionario del Dipartimento di Stato nell'amministrazione Bush: "Sganciare bombe a grappolo su una zona urbana densamente popolata non porta a disastri casuali. E un bombardamento finalizzato al terrore."(15)

Insomma, tramite il processo di controllo e distribuzione monopolistica, di ripetizione ed amplificazione di un'immagine, i media conseguono un'auto-conferma, ovvero trovano conferma per l'immagine che costruiscono nelle immagini che hanno costruito in precedenza. L'etichettamento iperbolico sostituisce la prova: "genocidio", "atrocità di massa", "stupri sistematici" e persino "campi per lo stupro" campi che nessuno ha mai potuto localizzare. In questo processo, le prova non solo mancano del tutto, ma diventano anche irrilevanti.

Dunque i media statunitensi più importanti (e anche molti dei media minori) non sono liberi e indipendenti, come sostengono, non sono i guardiani della democrazia, ma i servi degli apparati della sicurezza nazionale. Servono a invertire i ruoli delle vittime e quelli dei carnefici, dei guerrafondai e dei tutori della pace, dei reazionari e dei riformatori. La prima atrocità, il primo crimine di guerra perpetrato in tutte le guerre d'aggressione dagli aggressori è il crimine contro la verità.

(trad. Zoë De Smet)

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