Dibattito tra comunisti

I piedi nel piatto

Riteniamo necessario dare un punto di sintesi ai tre interventi riportati in questa prima pagina perchè si evitino percorsi paralleli di lettura ed essi si situino invece, anche aldilà delle intenzioni degli autori, su uno stesso piano di dibattito che riguarda la posizione dei comunisti su diverse questioni essenziali. Anche se la responsabilità per i contenuti degli articoli in questione è degli autori, i problemi posti coinvolgono tutti coloro che lavorano seriamente e, se la parola non appare eccessiva, scientificamente, alla definizione di una posizione strategica per i comunisti italiani (riferimento ovviamente geografico e non cossuttiano!).

In estrema sintesi, a noi sembra che il compagno Aldo Bernardini ponga in modo esplicito la questione delle "alleanze", negando giustamente validità ad un concetto di sinistra che non sia ancorata a determinati valori politici, sociali ed etici. D’Alema e Veltroni, come abbiamo avuto modo di chiarire più volte su questo Foglio, non possono essere interlocutori dei comunisti, non solo, ma neanche di quei soggetti della sinistra che si mantengono ancorati a principi sociali e politici sedimentati storicamente, dalla pace alla solidarietà di classe, allo stato laico e così via. Non ci sono due sinistre in Italia, ma una sinistra e una posizione liberista e imperialista, che si tenta di contrabbandare per democratica e contigua alle nostre posizioni.

A molti compagni questa considerazione sembrerà ovvia, ma, se si considera che sulle pagine di "Liberazione" non molto tempo fa abbiamo avuto il piacere di leggere un’intervista del "compagno" Veltroni, guerrafondaio, anticomunista e fautore del sistema americano, la posizione del compagno Bernardini non ci appare peregrina. Fare della posizione dei comunisti nei rapporti a sinistra un punto di ancoraggio preciso è, in questo momento di "ripensamenti" DS, una necessità importante, per evitare di ritrovarci il nemico in casa. L’abbiamo detto e lo ripetiamo, usando un’espressione di Mao: quando il cane cade nell’acqua, bisogna continuare a bastonarlo.

Sulla questione del partito, cioè su come lavorare per costruire un punto di riferimento comunista, gli interventi del compagno Giuseppe Amata e dei compagni Dubla e Gracci pongono questioni che non possono essere eluse, anche se la discussione di merito è aperta.

Il compagno Amata pone esplicitamente, e non da ora, la questione delle caratteristiche e del programma dei comunisti oggi. Per dirla alla maniera del compagno Piermarini, Amata pone il problema dei nuovi paradigmi dei comunisti, e ci sembra che una riflessione seria su questo vada fatta, senza che ciò costituisca uno scandalo o sfoci inevitabilmente in posizioni rosso-verdi di cui conosciamo l’origine e le prospettive.

Per quanto riguarda il discorso dei compagni Dubla e Gracci sul rapporto dialettico tra costruzione del partito e realtà, onde evitare che l’ipotesi di lavoro risulti astratta e quindi inefficace, non possiamo che condividerne l’esigenza e porla seriamente in discussione. Con un’avvertenza però: che il risultato sia effettivamente misurabile e non di pura contrapposizione nominalistica. In altri termini, porsi il problema del rapporto con la realtà è fondamentale, a condizione che poi si dimostri che questo rapporto crei effettivamente il risultato voluto. Quindi la questione non è stare dentro o fuori "qualcosa", ma saper far marciare un progetto.

A noi sembra che, da questo punto di vista, non si possano rivendicare primati, ma si debba riflettere sulle sconfitte. La discussione, quindi, su tutte queste questioni è aperta e, per quanto ci riguarda, tenteremo di portarla avanti in maniera organizzata, in modo che non risulti solo uno scambio di opinioni, bensì il punto di partenza per costruire qualcosa di concreto e di solido.

Ritorna alla prima pagina