La posta in gioco

E’ patetico dover constatare che di fronte alle ultime uscite di Bertinotti, intervista Repubblica e discorso sulle foibe, appaiano su Liberazione alcune lettere indignate di compagni del PRC, alcuni dei quali con cariche di partito, che si mervigliano di ciò che sta accadendo. La domanda che viene spontanea è questa: ma dove hanno vissuto finora questi compagni? Possibile che di fronte alla teorizzazione del ‘movimento dei movimenti’ in alternativa alla lotta di classe e alla lotta antimperialista, del ‘900 come secolo di ‘errori ed orrori’, dello zapatismo come simbolo del nuovo progetto strategico dei comunisti non si sono accorti di dove Bertinotti andava a parare? Troppo ingenui o troppo furbi? Intanto la rifondazione è andata avanti e ha ascritto a suo merito la denuncia di venti milioni di morti nei gulag, delle foibe come mostrosuità partigiana, del ‘900 come secolo degli orrori e per ultimo, la resistenza antimperialista come terrorismo. Certamente la responsabilità di ciò che Bertinotti va in giro a raccontare non è solo di questo originale rifondatore del comunismo è anche di coloro che, all’interno o all’esterno del PRC, per opportunismo o altro non hanno voluto o saputo costruire qualcosa di diverso dalla rifondazione anticomunista di Bertinotti. Qualcuno dirà, ma io l’avevo detto. Ciò non basta però a costruire un’alternativa. Ci vogliono un progetto e una linea di resistenza organizzata e anche il coraggio di uscire dal politicismo, dal particolarismo, dal protagonismo. Nel momento in cui Bertinotti mette fuori legge il comunismo, i comunisti devono interrogarsi sulle loro responsabilità passate e future.

R.G.

Ritorna alla prima pagina