Convegno a Praga

Lotta antimperialista e movimento comunista

A Praga il 21 maggio si è tenuto, organizzato dalla sezione cittadina del Partito Comunista di Boemia e Moravia, un incontro tra i militanti del partito della capitale ceca per discutere di lotta antimperialista e movimento comunista.

Il convegno aveva anche carattere internazionale, essendo presenti comunisti inglesi, greci, svedesi, polacchi, belgi e italiani, tra cui Aginform. Le due relazioni introduttive sono state svolte dall’inglese Harpal Brar del Partito Comunista di Gran Bretagna (m-l) e dal responsabile nazionale della commissione esteri del partito comunista boemo e moravo, Sharfo.

La questione centrale dibattuta al convegno è stata, come viene indicato nel titolo di questa nota, il rapporto tra lotta antimperialista e movimento comunista. Un rapporto storicamente organico, ma che ha bisogno però di una urgente riproposizione, date le vicende degenerative del movimento comunista degli ultimi decenni, dentro una definizione della fase e dei compiti di lotta antimperialista che spettano ai comunisti. E’ a partire da questo che si è accentrato l’intervento del rappresentante di Aginform, il quale è partito dalla considerazione che nella storia del movimento comunista la questione dell’imperialismo è stata la pietra angolare di ogni definizione strategica.

Nel contesto della prima guerra mondiale, sotto la direzione di Lenin, i comunisti non solo si sono appropriati della sua teoria sull’imperialismo, ma hanno definito i compiti pratici del movimento comunista adottando la parola d’ordine della trasformazione della guerra imperialista in guerra civile rivoluzionaria.

La Rivoluzione d’Ottobre e la nascita dell’Internazionale Comunista sono il frutto vittorioso di queste scelte. Di fronte al tradimento dei principi internazionalisti dei partiti europei e all’opportunismo di quelli che teorizzavano il “nè aderire nè sabotare”, il nascente movimento comunista internazionalista ha guidato la lotta antimperialista su tutti i fronti aperti dalla guerra, portando centinaia di milioni di uomini alla lotta rivoluzionaria e all’inizio delle lotte di liberazione nelle colonie. La crescita e il consolidarsi del movimento comunista ha permesso di affrontare, successivamente, l’attacco imperialista degli stati fascisti con una guerra patriottica come quella condotta dall’URSS contro la Germania nazista e i suoi alleati a cui si è affiancato il movimento partigiano la cui spina dorsale sono stati i comunisti, Italia compresa.

Dunque a partire dalla prima guerra mondiale, lotta antimperialista e movimento comunista sono risultati un binomio inseparabile e capace di trasformare i rapporti di forza mondiali. Ed è proprio il crollo dell’URSS che ha rimesso in moto, con virulenza, la ripresa della guerra imperialista di lunga durata che era stata impedita fino al crollo dell’URSS e dei paesi socialisti dell’est europeo. E laddove la guerra era stata provocata, su scala locale, come in Corea e nel Vietnam, l’imperialismo era stato sconfitto.

Oggi come affronta il movimento comunista la nuova fase imperialista? La controrivoluzione all’est e la trasformazione di molti partiti comunisti in partiti neosocialdemocratici interni alla logica imperialista ha ridotto di molto le possibilità di incidere sulla situazione. A peggiorare la situazione è intervenuto anche, per alcuni partiti che ancora si definiscono comunisti, una ambiguità di fondo che li rende inerti e alla coda dei movimenti pacifisti il cui DNA non è in grado di individuare i nuovi compiti della lotta antimperialista.

Oggi, invece, occorre ancora una volta che i comunisti superino le indecisioni e recuperino una visione strategica e pratica della lotta antimperialista. Innanzitutto prendendo atto che la resistenza irachena e la lotta armata dei paesi islamici non solo è lotta antimperialista, ma anche la punta avanzata di questa lotta. La maggioranza di quelli che ancora si definiscono comunisti, in Italia come altrove, mantengono ancora una posizione ambigua su questo punto favorendo di fatto la campagna di Bush sul terrorismo.

Se non si proclama apertamente che la resistenza irachena, come quella vietnamita a suo tempo, è un fattore prioritario per bloccare i progetti di guerra totale degli americani, non solo non si capisce la natura delle contraddizioni di fase, ma si aiutano gli imperialisti. Non può esistere una lotta per la pace che non sia collegata ai popoli che resistono. Non è un caso che, nei paesi occidentali, l’ideologia pacifista ha portato la situazione in un vicolo cieco. Questo dipende anche da come i partiti comunisti che si definiscono tali vivono la nuova fase. Abituati alla lotta parlamentare e di schieramento interno ad ogni singolo paese, non affrontano, differentemente da come è avvenuto nella prima e nella seconda guerra mondiale, le questioni strategiche e organizzative che la situazione presenta.

Per dirla molto esplicitamente, l’imperialismo , tappa dopo tappa, ci sta trascinando in una guerra che non solo è infinita, ma che prepara conflitti sempre più grandi. Come fermare l’imperialismo? A questo interrogativo occorre dare risposta concreta e da essa dipende il destino del movimento comunista.

Ritorna alla prima pagina