I deboli le buscano

La Russia e le responsabilità di Putin

Dopo la tragedia di Beslan i massimi dirigenti della Federazione Russa hanno dovuto ammettere che la Russia ha dei nemici. Questi nemici, però, non sono gli “estremisti islamici”, ma i paesi occidentali. Putin, ad esempio, ha detto: “Non abbiamo capito la complessità dei processi verificatisi nel nostro paese e nel mondo... Abbiamo mostrato debolezza e i deboli le buscano. Alcuni vorrebbero prendersi le parti più appetitose del nostro territorio, altri li aiutano. Li aiutano poiché ritengono che la Russia, essendo tuttora una grande potenza nucleare, costituisca pur sempre una minaccia. E questa minaccia va eliminata. Il terrorismo è solo uno strumento per raggiungere tale obiettivo”.

Giustissimo. Putin, scosso dagli avvenimenti di Beslan, ha finalmente ammesso quel che l’opposizione patriottica e di sinistra sostiene da tanti anni: contro la Russia è in atto una guerra e questa guerra è condotta da forze esterne. Lo status di potenza nucleare del nostro paese non rappresenta una minaccia per i “terroristi internazionali”. Privare la Russia di questo status è il sogno recondito dei paesi occidentali. Per conseguire il loro secolare obiettivo di distruggere la Russia in quanto rivale storico essi usano oggi lo strumento del “terrorismo”. Siamo perfettamente d’accordo con Putin, ma egli ha tenuto questa posizione una settimana soltanto. Ne parleremo più avanti.

Sebbene Putin abbia cercato di sfumare al massimo le sue accuse, in Occidente hanno capito tutto. Uno dei maggiori russologi americani, il signor S. Sestanovic, ha dichiarato alla “Nezavisimaja gazeta” con malcelato sconcerto: “Ben strana supposizione quella del presidente russo, secondo cui gli Stati Uniti sarebbero in qualche modo responsabili degli atti terroristici, è una delle dichiarazioni più sbalorditive che io abbia mai ascoltato”.

E’ davvero una dichiarazione sbalorditiva. Per tanti anni i vertici della Federazione Russa hanno respinto senz’appello l’idea che l’Occidente potesse essere oggi nemico della Russia. La loro politica estera ha sempre teso a consolidare l’amicizia con gli Stati Uniti, l’Unione Europea e la NATO. Gli interessi del paese sono stati sacrificati per consentire prima a Eltsin e poi a Putin di accedere al “club” delle potenze occidentali. Si pensi al tacito consenso di Putin all’espansione della NATO verso i confini della Russia, al suo beneplacito all’insediamento di basi USA e dei loro alleati in Asia centrale, all’inerzia di fronte all’apartheid applicata nei paesi baltici alle popolazioni russe. Al Cremlino fingono di non accorgersi che la NATO si sta preparando a sconfinare in Russia, poiché questo stride con la tesi della perenne amicizia tra l’Occidente democratico e la Russia altrettanto democratica.

Ma allora perché Putin si è lasciato andare a certe sbalorditive affermazioni? Per la semplice ragione che la sua poltrona di presidente sta vacillando. Questa estate, infatti, è entrato in rotta di collisione con il popolo, sopprimendo benefici e agevolazioni per decine di milioni di cittadini. La sua popolarità ha cominciato a scemare e a settembre ha subito il durissimo colpo di Beslan. Ricordiamo che nel 2000 era giunto al potere con l’aureola del “leader energico”, capace di liquidare il banditismo politico in Cecenia, nel 2004 è stato poi rieletto per aver fatto credere a tutti che i banditi erano stati davvero sconfitti. E invece una serie mostruosa di attentati terroristici ha dimostrato che Putin non è un “leader energico” e che la guerra in Cecenia si va estendendo all’intero il paese.

Putin, a questo punto, doveva una spiegazione. Non era più possibile addossare la responsabilità di tutto ad un pugno di banditi superstiti nascosti fra le montagne della Cecenia. E’ stato costretto ad ammettere quel che lui sapeva, ma teneva nascosto al popolo, e cioè che i tragici fatti che ci hanno colpito rientrano in un’offensiva strategica contro la Russia scatenata dai nostri “partner” della NATO. Senza l’aiuto degli Stati Uniti e dei loro alleati la guerra in Cecenia non potrebbe durare tanto a lungo. Il reclutamento, l’invio e il finanziamento dei mercenari, il sostegno politico ai terroristi sono parte di un intervento da tempo in atto contro la Russia. Non è neppure da escludere che qualche servizio segreto occidentale fosse stato al corrente dei piani relativi all’attentato di Beslan.

Dopo il presidente anche la sua squadra si è svegliata. Il ministro della difesa S. Ivanov è arrivato ad affermare che vi è una guerra contro la Russia, anche se ha detto ancor meno di Putin su chi conduce questa guerra. Il capo di stato maggiore, da parte sua, ha aggiunto spavaldo di essere pronto a colpire le basi dei terroristi. A questo punto l’Occidente si è allarmato, la NATO ha chiesto una riunione immediata del Consiglio Russia - NATO, il comandante americano dell’Alleanza in Europa si è recato alla svelta a Mosca per capire meglio le intenzioni dei militari russi. Anche l’Europa si è preoccupata ed ha diffuso una dichiarazione ufficiale, ricordando l’inammissibilità dell’uso della forza fuori dai confini nazionali senza il consenso dell’ONU. E questo dopo che nel 1999 l’Europa e gli Stati Uniti hanno bombardato l’industria della Jugoslavia, massacrando migliaia di cittadini senza nessun mandato delle Nazioni Unite.

Gli americani hanno assunto una posizione più scaltra. Da Washington sono giunte voci, secondo cui la Russia avrebbe tutto il diritto di colpire le basi dei terroristi all’estero. Evidentemente, visto che il mondo li accusa di essersi arrogati il diritto di punire qualsiasi paese non conforme agli standard americani di “democrazia” (in realtà qualsiasi paese la cui politica non corrisponda ai loro interessi), gli Stati Uniti hanno voluto cogliere l’occasione per dimostrare di non essere soli su siffatte posizioni. Se la Russia segue la stessa strada, l’America non può avere nulla in contrario.

In realtà Washington non intende concedere a Putin nessuna libertà. Subito dopo, infatti, ha suggerito a Mosca dove cercare le basi dei terroristi e un quotidiano russo ha pubblicato l’elenco dei paesi che li ospiterebbero. Sono tutti, guarda caso, paesi arabi. Con incredibile tempismo l’unico componente catturato vivo della banda dei sequestratori di Beslan, che non era stato capace di riconoscere nemmeno uno dei complici rimasti uccisi, ha dichiarato con assoluta certezza davanti alle telecamere che tra di loro vi erano anche quattro cittadini arabi. A sostegno di questa dichiarazione è stata successivamente battuta la notizia secondo cui i capi della banda avevano parlato per telefono con qualcuno in Arabia Saudita e che un altro arabo, in Cecenia, aveva dato ai banditi il denaro occorrente. E così il cerchio si chiude.

Tutto doveva convergere sulla versione più conveniente agli Stati Uniti, che da tempo tentano di spingere la Russia allo scontro con il mondo islamico. E va perciò rigettata ogni illazione circa un qualche ruolo dell’Occidente!

Tutti sanno, però, che le retrovie dei terroristi attivi in Cecenia non si trovano in Medio Oriente, ma accanto a noi, in Georgia, nella gola di Pankissi. Ciò è noto anche agli americani. Alcuni giorni fa l’ambasciatore USA in Georgia aveva ammesso che alcuni terroristi internazionali e non pochi guerriglieri si nascondono nella gola di Pankissi. Sembrava dunque accettata l’idea che la Georgia potesse costituire un obiettivo legittimo dell’ira dei russi. Neanche per sogno. Il Dipartimento di Stato ha immediatamente smentito la dichiarazione del proprio ambasciatore. La Georgia, con tutti i terroristi che vi si trovano, è sotto “tutela” degli Stati Uniti e la Russia non deve metterci il naso. A questo punto le affermazioni sulla volontà della Russia di “colpire le basi all’estero” diventano solo parole al vento.

Quante dichiarazioni bellicose abbiamo sentito dopo ogni tragedia in Cecenia: “Li troveremo e li puniremo”. Ma il risultato è sempre stato lo stesso: l’inerzia. Talvolta pareva che i vertici russi si fossero fatti coraggio, che si fossero preparati davvero a colpire le basi dei terroristi in Georgia, ma poi hanno puntualmente temuto l’ira americana e balbettato che era stato impossibile far decollare gli aerei. Chissà forse mancava il carburante...

Ma a parte la Georgia, i cui dirigenti sono così ostili da permettere ai banditi e ai mercenari stranieri di entrare liberamente in territorio russo, la guerriglia cecena può contare anche su altri paesi. Non so se ancora oggi, ma prima i terroristi feriti venivano curati in Crimea e in Slovacchia, dove trascorrevano persino un periodo di vacanza.

I terroristi godono inoltre del sostegno propagandistico e informativo della Polonia e dei paesi baltici, in particolare della Lituania. L’Inghilterra, infine, è uno dei centri di reclutamento dei mercenari, sebbene il signor Blair sia uno dei migliori amici di Putin.

Vista la loro pavida politica estera, come si può pensare che i vertici russi siano in grado di fare qualcosa di più di fumose dichiarazioni? E non c’entrano le qualità personali di Putin e del suo entourage. Il vero problema sono le forze di classe a nome delle quali essi governano la Russia.

Il nostro stato, oggi impersonato da Putin, difende innanzi tutto gli interessi del capitale oligarchico, che è illegittimo (essendosi formato attraverso la rapina della proprietà di tutto il popolo), non ha in Russia nessuna base sociale e dipende totalmente dall’Occidente. Questo capitale opera soprattutto nella sfera speculativa finanziaria, esporta materie prime e importa generi alimentari e altri beni di consumo, dato che la disastrata industria del paese produce ormai ben poco.

La sede degli interessi economici dell’élite russa si trova dunque in Occidente. Nelle banche occidentali sono custodite le sue ricchezze illegalmente accumulate. Qui sono nascosti i patrimoni miliardari delle più alte autorità della Federazione Russa, patrimoni ricavati dalla complicità nel saccheggio della proprietà del popolo. Tutti questi conti sono sotto il controllo stretto dei servizi segreti occidentali, che col pretesto della lotta contro il finanziamento del terrorismo internazionale possono penetrare nei più minuscoli forzieri delle più minuscole banche di tutto il mondo. In tal modo l’Occidente, alla benché minima manifestazione di autonomia da parte degli oligarchi e delle supreme autorità russe, può immediatamente stringere intorno a loro il cappio finanziario.

I capi militari russi non posseggono conti altrettanto gonfi nelle banche estere. Hanno potuto rapinare i beni delle unità ritirate dalla Germania e da altri paesi dell’Europa orientale, ma a parte ciò non hanno avuto altre possibilità di rapine sostanziose (tolta la Cecenia). I vertici militari, tuttavia, hanno accesso alla mangiatoia delle missioni all’estero, presso la NATO, e degli incontri bilaterali per la cosiddetta “cooperazione militare”. Dunque non conviene neppure a loro guastarsi i rapporti con l’Occidente.

E così il ministro della difesa Sergej Ivanov, dopo aver dichiarato che contro la Russia è in corso una guerra, non ha mosso un dito. Altrimenti avrebbe dovuto rinunciare ai continui e sontuosi viaggi a Bruxelles, Washington e Bonn, occuparsi della faticosa e poco visibile preparazione militare e chiedere ripetutamente al ministero delle finanze i mezzi per l’acquisto degli armamenti. Sarebbe disposto a farlo? No di certo. Preferirà frenare e continuare a mostrarsi un buon amico della NATO...

Resta da aggiungere che una folta schiera di giornalisti e “politologi” pagati dagli USA e dalla NATO è pronta a scagliarsi unanime contro chiunque osi dubitare delle angeliche intenzioni dei nostri “amici” occidentali ed a indirizzare la rabbia popolare contro i paesi arabi.

Putin ha insistito ben poco nelle sue accuse all’indirizzo dell’Occidente. La “cupola” mondiale e i suoi agenti in Russia hanno lavorato di buona lena, tanto che già il 13 settembre, ad appena una settimana dalla tragedia di Beslan, egli ha cancellato dal suo discorso sulla riforma dello Stato ogni accenno ad un qualche ruolo dell’Occidente contro la Russia lasciandovi soltanto i richiami al terrorismo internazionale. Subito dopo l’attentato il presidente aveva detto che il terrorismo era solo uno strumento in mani ostili, adesso la lotta contro questo strumento viene invocata come fine a se stessa e non si fa più menzione delle mani che lo manovrano. Tutto rimane al suo posto... fino alla prossima tragedia. Invano in Occidente si sono agitati per le dichiarazioni dei vertici russi secondo cui i terroristi le avrebbero buscate non solo in Russia, ma anche fuori dai nostri confini. Questi vertici non sono guidati dagli interessi nazionali, bensì dai loro interessi di classe. Putin, qualsiasi sproloquio patriottico possa pronunciare, costituisce parte organica delle forze di classe schierate con l’Occidente. Egli non è libero nelle proprie azioni, né ha la volontà politica sufficiente per sottrarrsi a questa schiavitù.

Vjaceslav Tetekin

Fonte: www.rednews.ru
29 settembre 2004
Traduzione di Stefano Trocini

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