Perchè Rossana Rossanda sponsorizza l'Ernesto?

In un recente articolo apparso sul Manifesto, Rossanda difende la minoranza di Rifondazione comunista che fa capo alla rivista l'Ernesto, la quale ultima ha prontamente riprodotto l'articolo in questione. In sostanza Rossanda rimprovera Bertinotti nei seguenti termini: tu che ritieni quelli dell'Ernesto portatori di “residui di stalinismo”, ti sei liberato di loro “instaurando una dittatura della maggioranza” e servendoti degli stessi metodi sbrigativi che “il defunto Stalin” adottava per mettere a tacere le minoranze. Intanto, preliminarmente, bisogna rilevare che questo rimprovero si fonda su una duplice falsità: primo, i compagni dell'Ernesto sono tutt'altro che portatori di “residui di stalinismo”. Se fossero stati davvero i difensori della tradizione storica del comunismo sovietico avrebbero dovuto seriamente contrastare, a tempo debito, le posizioni violentemente antisovietiche e stalinofobe espresse in più occasioni e con grande chiarezza da Berinotti, cosa che non hanno fatto; secondo, non è per nulla vero che “il defunto Stalin” adottava metodi sbrigativi per mettere a tacere le minoranze: Rossanda non conosce né la storia né i documenti originari della grande polemica ideologica, teorica e politica, durata oltre quattro anni, dal '24 al '27, sul “socialismo in un solo paese” che il partito bolscevico e Stalin condussero contro Trotski (e che fu la prosecuzione di una polemica intrapresa personalmente da Lenin negli anni precedenti la sua scomparsa), altro che metodi sbrigativi!

Detto questo, resta comunque il fatto che effettivamente a Rossanda non va a genio l'esclusione della minoranza dell'Ernesto. Lei non accetta il “distacco radicale dalla tradizione del movimento operaio” operato da Bertinotti, dunque se c'è in Rifondazione qualcuno che bene o male mantiene un certo legame con la tradizione del “movimento operaio” questo qualcuno va difeso. Ma i compagni dell'Ernesto non dovrebbero essere troppo fieri dell'intervento (probabilmente inaspettato e quindi tanto più gradito) di Rossanda in loro soccorso: perché se è vero che la celebre giornalista del Manifesto considera delle bufale le innovazioni bertinottiane sulla nonviolenza e la critica del potere, è altrettanto vero che nella valutazione storica del comunismo sovietico, essa ribadisce, nell'articolo di cui ci stiamo occupando, le sue vecchie idee di matrice trotskista. Essa accomuna in un unico sentimento di disprezzo (se non di odio) la figura di Stalin e degli epigoni kruscioviani, e, in perfetta consonanza con la tradizionale propaganda borghese occidentale, afferma, a proposito della dissoluzione dell'Urss, che ciò che è morto è giustamente morto.

All'ultimo congresso del PRC i compagni dell'Ernesto furono gli unici a non alzarsi in piedi per tributare ovazioni al coup de théatre dell'adesione a Rifondazione di Ingrao. Fu un momento molto significativo: in quella solenne circostanza, finalmente qualcuno osò dimostrare fastidio per la riproposizione di un mito. In effetti Ingrao, che ha sempre goduto di una solida fama di leader di sinistra, ruolo che ancora residualmente gli viene riconosciuto, ha tradito le aspettative dei suoi stessi sostenitori in due occasioni cruciali, di svolta, quando non ebbe il coraggio di scendere in campo apertamente ed assumersi delle responsabilità. La prima volta accadde all'epoca della radiazione del gruppo del Manifesto, la seconda quando Occhetto decise di cancellare il Pci.

E' facilmente comprensibile che vi siano delle differenze fra Ingrao e Rossanda, tuttavia quest'ultima dichiara che “è assai lontano da noi sottovalutare la vastità dell'impegno che rifondazione si prende”, che costituisce chiaramente un imprimatur all'avventura anticomunista di Bertinotti…con l'auspicio, però, che costui non commetta l'errore tattico di rinunciare ad una copertura a sinistra da parte di chi mantiene ancora un legame con la tradizione del “movimento operaio”.

Amedeo Curatoli


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