La discriminante Stalin

La questione di Stalin non è un problema storiografico, neppure un problema congiunturale, politico, che interessa il PCUS del XX Congresso e, di conseguenza, il movimento comunista mondiale di un certo periodo storico. Nel dibattito sulla questione di Stalin si pone chiaramente sul tappeto una questione di principio del materialismo dialettico e storico, la differenza fondamentale tra la dialettica rivoluzionaria del marxismo-leninismo e l’empirismo del revisionismo moderno. Si tratta dunque di una divergenza che interessa sia il merito che il metodo dell’analisi marxista della società e, in particolare, della società socialista nel periodo storico della dittatura del proletariato.

Le posizioni su questo problema implicano dunque una precisa scelta di campo fra gli interessi di classe e i punti di vista opposti. La denuncia dei delitti e dei crimini di Stalin, del culto della personalità rientra in questa scelta di campo. Questi punti trovano una soluzione soltanto sul terreno della lotta di classe, ossia alla luce delle idee direttive del materialismo dialettico e storico. Soltanto così è possibile esaminare le azioni e le idee di Stalin e compierne una valutazione obiettiva. Presentare la questione di Stalin come una questione giudiziaria o come una questione morale non risolve il problema della comprensione storica delle scelte da Stalin operate e dei successi ed errori delle sue azioni, il cui bilancio storico ha un peso ancora oggi importante per orientare le forze soggettive della rivoluzione socialista nella lotta di classe.

Chi attacca Stalin attacca la dittatura del proletariato, scambiandola per un regime dispotico di un individuo-dio. Rende impossibile una analisi marxista delle trasformazioni della società sovietica durante la direzione di Stalin e dopo la sua morte, sino alla scomparsa dell’URSS.

Dal punto di vista del marxismo-leninismo la questione di Stalin è la questione della difesa del valore politico, di emancipazione, della dittatura del proletariato, della natura di classe del PCUS e del suo Segretario, del ruolo rivoluzionario di tutto il movimento comunista internazionale in questo periodo, indissolubilmente legato al nome di Stalin.

I critici e detrattori dell’opera di Stalin in genere cadono in quella concezione idealistica della funzione della personalità nella storia che essi rivolgono ai difensori del cosiddetto "culto della personalità". Essi considerano i grandi individui, gli eroi, i superuomini artefici della storia. Stalin e il PCUS, ispirandosi ai principi del marxismo-leninismo, hanno sempre negato questa funzione demiurgica degli individui, sia pure di individui che abbiano influenza e responsabilità eccezionali. Le responsabilità di Stalin, per i suoi presunti errori, dovrebbero di conseguenza ricadere sull’intera classe dirigente sovietica e sui quadri dirigenti del PCUS nell’età dello "stalinismo". Ma non si è disposti a riconoscerlo. E’ nota la posizione del Partito comunista cinese, che ha analizzato in profondità l’esperienza del movimento comunista internazionale e il periodo storico della vita politica di Stalin, traendone una lezione preziosa per i rivoluzionari e i popoli di tutto il mondo: il PCUS e l’URSS furono un partito proletario rivoluzionario e uno Stato di dittatura del proletariato, Stalin difese con fermezza la dittatura del proletariato e il marxismo leninismo contro gli attacchi della borghesia e del revisionismo contemporaneo, contro tutti i nemici del leninismo, menscevichi e troskisti.

Ovviamente era impossibile in un periodo così tumultuoso caratterizzato dalla costruzione della prima società socialista della storia non commettere errori, che ebbero conseguenze per la rivoluzione mondiale. Si trattò di errori diversi: 1) errori di principio, soprattutto concernenti il materialismo dialettico e la forma della pianificazione economica; 2) errori secondari.

Stalin partiva talvolta da un punto de vista metafisico quando analizzava la società sovietica, abbandonando il principio dialettico dell’unità degli opposti, non distingueva tra contraddizioni in seno al popolo e contraddizioni con il nemico. Ciò produsse errori nella sfera pratica.

Inoltre, per quanto riguarda l’internazionalismo proletario, Stalin commise degli errori nel rapporto con gli altri partiti comunisti fratelli e con altri popoli.

Considerando questi errori, che in nessun modo vanno qualificati come delitti o crimini contro la legalità socialista al modo del revisionista Kruschev, si deve concludere che, nel bilancio degli errori e dei successi, la bilancia pende a favore del compagno Stalin. Il processo a Stalin è, infine, il processo al movimento comunista mondiale, al suo patrimonio storico, politico e ideologico, senza il quale non si dà alcuna possibilità di riprendere la lotta per il socialismo. La questione di Stalin cambia così il suo aspetto, presentandosi come una questione politica e pratica, quella della difesa del marxismo-leninismo dagli attacchi del revisionismo moderno e della borghesia.

Fraterni saluti.

Massimo Piermarini


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