Congresso del PRC

Dalle piccole cose nascono grandi cose?

Quattro semplici tesi alternative piazzate come mine lungo il percorso delle 63 tesi di maggioranza afflosciano tutto l’impianto rifondativo bertinottiano. I trotskisti dell’eterna minoranza, che pure hanno presentato un loro contrapposto documento, "non se li fila nessuno", il loro è un bla bla che non fa paura alla maggioranza. Invece, su queste piccole quattro tesi di Sorini, Burgio, Grassi , Pegolo ed altri si è polarizzato tutto (o quasi) il dibattito precongressuale.

Questi compagni hanno conseguito un primo significativo successo.

In un discorso di un anno fa tenuto a Livorno da Bertinotti in occasione dell’80° anniversario della nascita del Pcd’I, si capiva che al Congresso vi sarebbe stato una sorta di definitivo regolamento di conti con la storia del comunismo. Ed è così che alcuni compagni, per limitare i danni delle revisioni storiche e teoriche che effettivamente poi sono state introdotte nelle 63 tesi, si sono visti costretti (forse loro malgrado?) ad uscire allo scoperto. E, come nella terra dei ciechi i monocoli devono considerarsi eccezionalmente fortunati, così nel deserto delle revisioni bertinottiane le suddette quattro tesi brillano di una luce smagliante anche se si limitano a ribadire alcune verità (verità in senso socratico, non sofistico) del tipo: l’imperialismo esiste ancora e la storia del comunismo non è una sequela di infamie. Dalle tribune congressuali vien fuori che questi compagni accuserebbero la maggioranza di voler sciogliere il partito. Qui si fa un torto alla loro intelligenza. Chi può seriamente pensare ad un eccesso di generosità tale che il PRC, per star dietro al movimento dei movimenti rinunci al parlamento e al finanziamento pubblico? Semmai è vero il contrario. Chi può escludere che i leaders del movimento accetterebbero di buon grado, sia pure da "indipendenti" una poltrona parlamentare?

Gli estensori delle quattro tesi aprono un processo, raccolgono consensi che forse vanno oltre le loro stesse aspettative. Il linguaggio della maggioranza comincia, nei loro riguardi, a farsi duro, perché li temono. La speranza è che la lotta che si è aperta induca i compagni a mettere a nudo con maggiore chiarezza l’inconsistenza teorica delle "rivoluzioni capitalistiche restauratrici", dell’idea che gli Stati nazionali starebbero "smarrendo" il loro potere, e di altre grandiose novità.

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