Intervista a Viktor Tjul’kin

copresidente del CC del Partito Comunista Operaio Russo
e del Partito Rivoluzionario dei Comunisti

Viktor Arkad’evic, lo scandalo delle presidenze delle commissioni parlamentari alla Duma ha suscitato enorme interesse. Ci riferiamo non tanto al fatto che sono stati "defenestrati" tutti i presidenti del Partito Comunista della Federazione Russa, quanto al comportamento di Gennadij Seleznev che non intende lasciare l’incarico di presidente della Duma come gli ha chiesto il Comitato centrale del PCFR. Da una parte il segretario Zjuganov afferma che questa Duma, che porta avanti una linea antipopolare, non può essere guidata da un comunista. Dall’altra, il presidente Seleznev ritiene di non poter lasciare l’incarico.

Sul "ribaltone" delle presidenze delle commissioni abbiamo già espresso il nostro giudizio in una dichiarazione del Comitato Centrale. Quanto al dilemma se Seleznov lasci o non lasci il suo incarico, se si attega o no alla richiesta del CC del suo stesso partito, non credo sia questo il problema principale. Ci sono i sintomi di una malattia seria ll’interno del PCFR ed è questo aspetto che più ci interessa. Una malattia nota ai comunisti da molto tempo. Prima si manifestava in votazioni divergenti del gruppo parlamentare, quando una metà votava in un modo e l’altra in modo contrario o si asteneva. Così l’una neutralizzava l’altra e si spianava la strada alla politica della destra. Questo modo schizofrenico di votare si è manifestato su questioni di fondo come la ratifica del premier, l’approvazione del bilancio statale, ecc. Tuttavia in tal caso non si aveva una personalizzazione delle divergenze e tutto si spiegava con la concessione della libertà di voto agli esponenti del gruppo. Così la schizofrenia dei parlamentari comunisti passava pressochè inosservata, in particolare agli occhi degli osservatori meno avveduti. Ma adesso che c’è di mezzo la persona di Seleznev, presidente comunista della Duma, si avverte subito che qualcosa non va. Che partito è mai quello che, definendosi oltretutto comunista, opera scelte cruciali ai livelli più alti e lascia a certi dirigenti la possibilità di infischiarsene? Un partito del genere è malato, sdoppiato o, come abbiamo detto, "schizofrenico".

Ma queste sono manifestazioni esteriori della malattia. Quali sono le cause e come curarle?

Secondo noi il male di cui soffre il PCFR è che, pur mantenendo una parvenza di partito di opposizione, esso in realtà si è integrato nel sistema. Questa doppiezza sta nel fatto che Gennadij Zjuganov vorrebbe mantenere le apparenze, mentre l’altro Gennadij - Seleznov - continua a badare alla sostanza, cioè a lavorare nel sistema. Però muovono entrambi dagli stessi presupposti teorici. Il primo infatti ha dichiarato che "in Russia si sono esaurite le possibilità della rivoluzione" ("spinta propulsiva della Rivoluzione d’Ottobre", si diceva nel PCI, N.d.T.). Il secondo, in una recente intervista, si è espresso con altrettanta chiarezza. "Dobbiamo lavorare nel Parlamento in modo che non vi siano sconvolgimenti, costruire la nostra politica senza puntare a insurrezioni, consolidare il nostro Stato". Praticamente affermano la stessa cosa con parole diverse: uno non vede più possibilità, l’altro suggerisce di servire e rafforzare lo stato borghese. Fatto sta che i "geni" che determinano la natura del PCFR sono quelli ereditati dal PCUS degli ultimi anni della sua esistenza, quelli del gorbaciovismo, del compromesso e del revisionismo. Ciò si manifesta anche nel modo in cui questo partito interpreta l’attività parlamentare, utilizzata non per lo sviluppo dela lotta di classe e delle forme non parlamentari di resistenza, bensì per integrarsi nel sistema.

I bolscevichi, che avevano sei deputati nella Duma zarista, neppure sollevarono ll problema della candidatura di uno di loro alla presidenza del parlamento e ritenevano umiliante per il partito dei democratici rivoluzionari persino partecipare al voto su tale questione. Essi rifiutavano qualsiasi contatto con l’autocrazia e con il sanguinario dittatore della Russia. Naturalmente i tempi sono cambiati, ma resta il fatto che, se noi, PCFR compreso, definiamo antipopolare un regime, se lo accusiamo di essere una sorta di "liberal-fascismo", come ha fatto Zjuganov, di quale collaborazione si può mai parlare?

Quale cura prescriverebbe?

Certo, vanno curati non i sintomi, ma le ragioni della malattia di cui soffre il PCFR. Esistono due strade. La prima sta nella speranza di una guarigione, di una svolta a sinistra del PCFR, di un suo ritorno ai principi basilari del marxismo. Ma questa speranza ci sembra molto esile. Essa passa, tra l’altro, attraverso una scissione da quella parte del partito che segue Seleznev, forse anche Zjuganov e tutti coloro che li sostengono. La seconda strada è quella di far coincidere forma e contenuto, cambiando il nome del partito in socialdemocratico, come consiglia lo stesso presidente Putin. Allora credo che il PCFR potrebbe guarire dal disagio e dalla doppiezza che lo affliggono così dolorosamente nei momenti critici. Per la causa comune qualunque di questi due esiti sarebbe più utile che il protrarsi della malattia. E questo vogliamo augurare ai compagni.

Traduzuione di Stefano Trocini
Fonte: Sovetskaja Rossija, www.rednews.ru

NOTA

La permanenza di Gennadij Seleznev nella sua carica di presidente della Duma era stata dichiarata "inopportuna" dal CC del PCFR in due deliberazioni del 3 e 10 aprile c.a. e Zjuganov si era affrettato a precisare che "al compagno Gennadij" veniva comunque lasciata "facoltà di decidere". Seleznev non ha accolto l’invito del CC a dimettersi. Si è anzi rivolto a Putin, per chiedergli il suo autorevole sostegno, e l’ha ottenuto. Il presidente, infatti, ha giudicato "utile" il suo lavoro alla presidenza dell’assemblea parlamentare. Successivamente, alcuni importanti comitati cittadini e regionali del PCFR, come quelli di San Pietroburgo (14 aprile) e Mosca (19 aprile), nonchè delle regioni di Leningrado e Niznij Novgorod hanno ufficialmente chiesto in documenti ufficiali l’espulsione di Seleznev a norma di statuto. Si tratta di una vera e propria telenovela, che non sappiamo ancora come andrà a finire. Resta da aggiungere che ciò rende il PCFR molto simile alla "sinistra" italiana prima di governo e adesso di opposizione. E questa è una somiglianza che, secondo noi, non promette nulla di buono al partito di Zjuganov. Anche in seguito a tali comportamenti, questo partito va gradualmente perdendo la sua compattezza e il monopolio dell’idea socialista e dell’opposizione in Russia, specialmente tra i giovani. E questo è un bene per la causa del socialismo e del comunismo, come sottolinea Viktor Tjul’kin alla fine della sua intervista. (S.T.)

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