A proposito dell'URSS e della sua fine

Da questo numero il compagno Luciano Bronzi entra nella redazione di Aginform

I fatti e personaggi evocati da Giuseppe Carucci nel suo articolo " L’Unione Sovietica e la sua fine", per la complessità e contraddittorietà che presentano, meritano una riflessione più seria ed articolata che un elenco di buoni e cattivi o di se e ma. Sia sull’ "Ordine Nuovo" che nei "Quaderni dal Carcere", Antonio Gramsci invita a non leggere la Storia come un elenco di mostruosità ed errori, cadendo così in una metodologia metafisica anziché materialista; intendendo per metafisica la lettura dei processi isolatati dal contesto, facendo quindi non solo scempio della complessità delle relazioni, ma riducendo le scelte, le azioni, i fatti, a puri atti soggettivi, a raffronti manichei tra bene e male (anch’essi astratti) anzichè fatti politici, forze in gioco, necessità sociali, fattori epocali. È l’errore in cui ancora oggi continua a cadere buona parte della Sinistra ed in modo ancor più grave coloro che, come il compagno Carucci, si definiscono comunisti.

Carucci nella sua analisi non solo cade nell’errore sopra menzionato, quando sulla fine dell’URSS si adagia in modo conformista al clima ideologico e politico oggi dominate; ma manifesta anche scarsa conoscenza della storia.

Prendiamo ad esempio il punto in cui afferma che Stalin nel 1917 non ricopriva ruoli importanti. Credo sia utile ricordare che il 26 luglio ’17 nel VI Congresso del Partito Bolscevico Stalin presentava il rapporto politico del CC ed è il congresso che ammise nel Partito l’organizzazione di Trotsky eletto al CC. Si legge tra le righe che Stalin fosse contro tutti i capi della rivoluzione d’ottobre, presentando al contempo costoro come uniti contro il Segretario Generale, cosa assolutamente non vera. Infatti Zinov’ev, Kamenev, Trotsky, Bukharin, al contrario di quanto afferma il compagno, furono in varie fasi alleati di Stalin, mentre lottarono l’un contro l’altro. Nel dicembre del 1923 Zinov’ev chiese l’espulsione e l’arresto di Trotsky al quale si oppose energicamente Stalin, nell’ottobre ’24 Trotsky attaccò nel suo libro "Lezioni di Ottobre", sia Zinov’ev che Kamenev e nell’estate 1925 i seguaci di Zinov’ev polemizzarono contro i seguaci di Bukharin.

Il compagno Carucci dimostra di credere nei demiurghi, a tale proposito voglio ricordare quanto diceva Togliatti : "Ci si limita in sostanza a denunciare, come fossero la causa di tutti i mali, i difetti personali di Stalin. Si rimane nell’ambito del culto della personalità. Prima d’ora, tutto il bene era dovuto alle qualità positive, sovraumane di un uomo. Attualmente tutti i mali sono dovuti ai difetti eccezionali e quasi stupefacenti di quello stesso uomo." Continuando nella disamina dell’articolo si parla di disgelo kruscioviano, al quale sembra andare la simpatia dell’autore, dimenticando anzitutto che esso fu in realtà un complotto di potere portato avanti con quei metodi che si pretendeva condannare e che le riforme attribuite a Krusciov furono in realtà di Malenkov (Segretario del partito e poi Primo Ministro) e di Beria. Il primo costretto in seguito a dimettersi, il secondo fucilato.

Sfugge alla memoria del compagno la repressione violenta con morti ed arresti che si abbattè nel partito, la rimozione di dirigenti e quadri formatisi durante la grande Guerra Patriottica, si dimentica la fine di Molotov, Kaganovic, Sepilov, Zukov, Bulganin. Si dimentica che Krusciov fu portato ai massimi vertici del partito proprio da Stalin. Si dimentica che Krusciov si attribuì meriti come la bomba atomica ed i missili, che al contrario erano di Stalin. Si tace sul fatto che K. fu l’ideatore dell’attacco all’Ungheria, protagonista della grave rottura all’interno del movimento comunista internazionale, che la sua gestione fu fallimentare per l’economia e velleitaria sull’iniziativa per la coltivazione delle terre vergini.

Mi piacerebbe sapere cosa significhi per il compagno essere comunisti, se definisce Solgenitzin e Sakarov "non anticomunisti". Noto infine come il compagno sia un estimatore di Gorbaciov al quale attribuisce il merito di essere un democratico. Possibile che non si renda conto che Eltsin e Gorbaciov rappresentano solo due tipi di opzione che il capitalismo aveva in serbo per la distruzione dell’URSS? L’opzione Gorbaciov era la conservazione di uno Stato organizzato, con leggi e strutture efficienti, con regole certe e un vastissimo spazio economico ed ancora più importante, solvibile, che avrebbe permesso al capitale internazionale investimenti con ritorno di enormi utili, l’opzione Eltsin, la selvaggia distruzione toutcourt dell’URSS con il ridimensionamento di potenza militare, economica e politica, rilegandola a mera presenza regionale, lasciando gli USA come unica potenza imperiale. Non può essere diversamente analizzato sia il farsesco colpo di stato, sia la conservazione a Gorbaciov, inviso ai cittadini sovietici, delle sue entrature nei circoli del potere occidentale che gli permettono di mantenere una sua fondazione e di fare la bella vita tra inviti festivalieri e villeggiature in luoghi ameni, ben fornito di denaro. Al contrario dei suoi ex concittadini da lui ridotti alla disperazione. Il crollo dell’URSS merita senza dubbio un lungo discorso, il presente testo non ha naturalmente la pretesa di esaurire questa riflessione, sia per lo spazio, sia per il luogo. Non possiamo pedissequamente seguire il senso comune, i comunisti hanno solo uno strumento di analisi, quello del materialismo storico e dialettico. Importando i contenuti espressi dal nostro avversario faremo solo il suo gioco.

Il movimento comunista ha subito una gravissima sconfitta sia a causa dell’attacco dell’avversario, sia per alcuni errori passati, ma soprattutto per l’intervento dei personaggi di cui ho per ultimo accennato e per la grande stupidità di un poplo comunista che non ha contrapposto argine analitico all’invadenza della cultura, del pensiero della controparte. Quest’ultima è stata la più grossa e lacerante sconfitta. E’ nostro dovere quindi analizzare e separare con il bisturi della nostra critica i fatti dalle menzogne, tutto ciò con il massimo rigore ed onestà. E’ un compito delicatissimo sul quale dobbiamo porre la massima cura, nel rispetto delle moltitudini di compagni che hanno lottato e con grande generosità hanno sacrificato il loro tempo e la loro vita, anche per guadagnare e tutelare quei diritti, quelle libertà che ancora godiamo e che da tempo ci stanno togliendo anche da sinistra. Non dobbiamo santificare nessuno, ma non dobbiamo essere così leggeri, irrispettosi e autolesionisti, correndo superficialmente sul nostro passato.

Nessuna classe ha imposto il suo potere senza sofferenze per alcuno, c’è di mezzo uno scontro di classe e questo non si fa con i fiori nei cannoni. La storia è lì a dimostrarlo, é purtroppo il prezzo da pagare lungo il cammino dell’evoluzione e come diceva Hegel "l’anima bella non vuole sporcarsi in nessuna caso le mani, ma le mani pulite non esistono, esistono soltanto se si decide di non fare nulla e ritirarsi nella propria rancorosa interiorità".

Rammentasse il compagno che Robespierre era contro la pena di morte, era una persona mite ed integerrima ma, a causa dei conflitti scatenati dagli avversari della rivoluzione, la monarchia e i moderati nelle provincie, la Vandea, e la monarchia degli altri paesi nei confini, ha dovuto nella stasi del processo rivoluzionario insieme a San Just ed altri, inasprire le pene e combattere duramente chi si contrapponeva o minava il processo rivoluzionario rendendosi complice della monarchia, quindi ha dovuto, per tutelare la rivoluzione popolare e il paese, avviare quello che è stato definito "il Terrore". La rivoluzione ha ripreso il suo corso. Ma cosa hanno fatto dei Giacobini dopo la morte di Robespierre, quelli che lo hanno condannato alla ghigliottina per combattere, come dicevano "il Terrore" e ripristinare un clima più indulgente? Bagni di sangue, la cancellazione dei circoli, il divieto politico. La mattanza, l’intolleranza politica, questo hanno praticato le persone moderate, la borghesia, per cancellare i rivoluzionari, per combattere i sans culottes ed annullare un percorso che presentava tratti rivoluzionari, troppo vicini ai sans culottes. E si sono affrettati ovviamente a riscrivere la Costituzione e la Carta dei Diritti dell’Uomo. Sta in questi ultimi punti il reale obiettivo di chi voleva e vuole mostrare il terrore di un solo lato. E che dire della repressione della Comune di Parigi? Qui non è per caso da sottolineare il terrore borghese? O quest’ultimo è comunque santificato, legalizzato, giustificato?

Il terrore in questi casi ha due facce, perchè appartiene ad uno scontro di classe, non è lo scontro tra un assassino e una vittima, quest’ultimo sì che proviene da un solo lato. Ma è proprio questa la mistificazione storica, quella di celare lo scontro tra due classi, dove una si contrappone combattendo contro l’altra (dove la violenza è al livello delle armi usate) trasformandolo in un’atto unilaterale, di un cattivo contro un buono. Una favoletta per bambini, la demagogia per instupidire.

Potenza 28/08/2003
Luciano Bronzi


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