I bombardamenti americani sulla Libia hanno posto sul tappeto una serie di questioni che vanno ben analizzate e servono anche da bussola sul che fare.
Intanto l'intervento americano. In quale logica si può inquadrare l'apertura del nuovo fronte USA in Libia? Quale ricaduta può avere questo intervento nell'evoluzione della grande guerra in atto?
Senza voler definire in modo assoluto la situazione, si può certamente affermare che l'intervento sul fronte della Sirte punta a consolidare il progetto americano che viaggia su due binari. Da una parte si provoca il caos in mancanza di alternative e dall'altra si utilizza il caos per intervenire nelle situazioni e riportare l'ordine legittimando l'intervento armato e la presenza sul terreno. Questo progetto si estende a tutta l'area mediorientale minacciata, dal punto di vista occidentale e saudita, dal fronte iraniano-libanese-siriano e dalla presenza russa. Ormai i bombardamenti 'antiterroristici' non sono più propagandistici ma fanno parte di una strategia di nuove alleanze che permetteranno all'imperialismo di matrice americana e europea di riappropiarsi almeno di una parte delle posizioni perdute.
Iraq e Libia sono i punti di forza da contrapporre a Damasco e anche sulla Siria si cerca di impedire che Assad consolidi le posizioni. Non a caso l'intervento in Libia avviene in contemporanea alla ripresa dello scontro ad Aleppo dove l'Isis sta perdendo posizioni. La liberazione completa di Aleppo sarebbe un segnale troppo forte per gli occidentali impegnati nel conflitto, sicchè la strategia americana è quella di utilizzare i curdi in Iraq e Siria e le truppe di Misurata in Libia per avere un appoggio di massa e quindi rendere credibile l'operazione 'antiterroristica', ma anche di rafforzare gli islamisti contro Assad.
E' vero che il sogno americano e europeo era quello di portare la democrazia dopo le guerre umanitarie e le primavere arabe in tutto il medioriente, ma la storia non si può inventare con gli slogans, bisogna fare i conti con lo svolgimento concreto dei fatti e con tutti gli attori in campo. D'Altronde per americani, francesi e israeliani la frantumazione degli stati nazionali in Medio Oriente non è un cattivo affare. Con le nuove entità geografiche si possono tessere intrighi di tipo ottocentesco e soprattutto fare buoni affari. Quindi la guerra in MO continuerà ancora a lungo, provocherà nuovi disastri e nuove contraddizioni, ma ora dal caos sta emergendo il disegno imperialista aggiornato.
Riportando le questioni all'Italia bisogna registrare due fatti. Il ruolo del governo nella nuova fase di guerra e l'inerzia del paese di fronte alle scelte di Renzi.
L'Italia sta operando nel conflitto in modo subalterno e senza farsi troppa pubblicità dal momento che dopo la sconfitta in Libia può solo adattarsi ad eseguire gli ordini americani e sperare in una parte del bottino di guerra, soprattutto petrolio.
Lo scenario di fase è ora abbastanza chiaro. Ciò che preoccupa è lo sbandamento dell'opinione pubblica italiana manipolata dalla propaganda renziana (i giornali italiani esaltavano in questi giorni la disponibilità italiana a collaborare con gli USA) e dalle spinte xenofobe che non vengono solo da Salvini, ma hanno una regia internazionale su scala europea. Per rafforzare le operazioni di guerra bisogna seminare il terrore. Dopo i profughi la psicosi dei lupi solitari e dell'ISIS. In questo clima è facile bloccare l'iniziativa contro le guerre imperialiste che stanno devastando il Medio Oriente e confondere gli obiettivi.
Il ritardo nell'intervento politico e delle lotte contro la guerra imperialista dipende però anche da questioni strutturali interne all'area che alla guerra dovrebbe opporsi. E siccome le prospettive di guerra tendono ad allargarsi e a prolungarsi nel tempo, è bene ragionarci sopra e sparare sul quartier generale di quella che dovrebbe essere la sinistra italiana per cercare di cambiare la musica. Non dobbiamo parlare solo di quello che fanno gli americani, ma anche di quello che non facciamo noi. A partire dal fatto che non siamo ancora riusciti a chiarire alla gente ciò che sta veramente accadendo. Nel caso migliore ci occupiamo solo di accoglienza, che è una delle facce della propaganda imperialista.
Aginform
6 agosto 2016