L'AMBRA-JOVINELLI
prove di avanspettacolo elettorale

Ciò che indigna nell'iniziativa convocata dal gruppo napoletano che si richiama a Pino Daniele non è il fatto che abbia scelto di presentarsi alle elezioni sperando di ripetere l'esperienza di altri gruppi europei. In fondo l'Europa è lastricata di tentativi di questo genere che hanno attraversato come meteore lo scenario politico e ognuno si diverte come può.

Quello che rende discutibile la proposta del gruppo napoletano è che essa è diventata il paravento dei vecchi marpioni della nomenclatura gruppettara che per anni hanno imbrogliato il popolo della sinistra mettendo al centro dell'iniziativa sceneggiate politico-sociali finalizzate a null'altro che alla raccolta dei voti. Per fare che cosa? Siccome tra i pupari dell'Ambra Jovinelli ci sono il vecchio gruppo del Pdci, il nucleo residuo di Rifondazione comunista e infine gli ultimi arrivati di Eurostop e del Brancaccio, è bene ricordarne le caratteristiche per capire il senso strumentalmente elettoralistico della proposta.

Domandiamoci: è possibile che i residui di Rifondazione comunista, che è stata la culla di tutti i trasformismi e della cultura anticomunista, possa costituire un punto di ripresa? E' possibile che ciò che resta dell'avventura cossuttiana, finita col governo Cossutta-D'Alema possa rappresentare una voce credibile dell'opposizione a questo regime? E infine, quale credibilità può avere l'uso degli slogans anti-europeisti da parte di chi da tempo sta cercando solo un palcoscenico, dopo i precedenti fallimenti, per presentarsi ancora come soggetto politico?

Già questi interrogativi danno il senso della nuova impresa elettoralistica e fanno capire perchè si può ironizzare sulla scelta del teatro Ambra-Jovinelli di Roma, famoso in passato per l'avanspettacolo. Per questo più che una scelta politica ci sembra una trovata da varietà, appunto 'Je so pazzo'.

A noi spetta però oltre alla critica anche l'onere di spiegare, in previsione delle elezioni del marzo prossimo, come stanno le cose e ricavarne qualche indicazione politica.

Un tempo nel settore più radicale della sinistra non coinvolto nel trasformismo elettoralistico, pubblicando la foto di Marx, si diceva che "il nostro candidato non ha trovato posto nelle liste", ma oggi il nostro ragionamento sul voto ha una articolazione politica meno semplicista e tiene conto di vari fattori: la presenza di una destra rilanciata alla conquista del governo, di un Renzi che lancia l'ennesima sfida per la continuità di una politica liberista, di un movimento Cinque Stelle che si normalizza nella speranza di vincere senza più impaurire e infine la presenza dei Liberi e Uguali della lista Grasso, che promette un nuovo protagonismo della sinistra moderata. Con questi fattori, la futura caratteristica della nuova legislatura presenterà sicuramente delle novità. Ma fin qui siamo nello schema delle soluzioni istituzionali. C'è però un soggetto sullo sfondo che si chiama astensionismo e che è arrivato a rappresentare quasi il 50% del corpo elettorale. Il rifiuto del voto, a nostro parere, non è certo qualunquismo, ma manifesta una radicalità per tutto il discredito di chi gestisce il potere ed esprime la convinzione che, per le sue caratteristiche, chi gestisce il potere non ha nessuna intenzione di affrontare i problemi sociali che la crisi pone. Invece di inventarci liste elettorali inconsistenti e fraudolente, sarebbe il caso di discutere finalmente come dare un volto e un programma all'astensionismo per la prossima scadenza elettorale.

Aginform
27 dicembre 2017