La posta in gioco

  Bisogna riconoscere che anche stavolta i 5 Stelle hanno saputo reagire molto bene alla crisi di governo provocata da Salvini. Lo scenario che si apriva era quello di elezioni anticipate da cui la destra salviniana sarebbe uscita rafforzata e il movimento 5 Stelle avrebbe pagato il prezzo dell'operazione demagogica della Lega. C'è stata invece la mossa del cavallo di rimettere in ballo il PD e arrivare ad un nuovo governo Conte, il Conte bis o meglio il bisconte. Dal punto di vista strettamente politico la mossa è riuscita e dimostra che questi 5 Stelle così fessi non sono e imparano presto.

   Su questa conclusione della crisi si stanno evidenziando varie opposizioni. Scontata quella della destra, da Salvini a Meloni, meno scontata quella di tutto l'apparato mediatico del sistema che non ha fatto altro che criticare la mossa dei 5 Stelle e soprattutto il suo leader Di Maio. Costoro avrebbero dovuto gioire perchè il PD tornava al governo e i 5 Stelle all'ovile. Invece c'è stato, salvo eccezioni, un coro di dubbi e ansie sulla conclusione della crisi. Perchè?

   Sottolineiamo, per quelli che non vogliono vedere i fatti, che un motivo di questo malumore c'è. I mercenari del sistema hanno capito che i 5 Stelle stavano riprendendosi la scena, e questo rappresenta per loro una minaccia per il futuro.

   Ma come si spiega allora la posizione del PD? Perchè il partito ha accettato di entrare nel governo Conte? La spiegazione che si può dare è duplice. Essendo un partito politico che comunque viene da lontano, la dirigenza si è resa conto che la vittoria elettorale della coalizione a guida Salvini avrebbe comportato uno spostamento troppo a destra che avrebbe inciso sul futuro del paese. Quindi il rischio che si correva era eccessivo. Meglio trattare coi 5 Stelle. Un secondo motivo è dovuto al fatto che partendo dal voto positivo per la presidentessa della Commissione europea, Ursula von der Leyen, si poteva ipotizzare che i 5 Stelle rientrassero nei ranghi dell'UE. Da qui le urla dei sovranisti di sinistra e degli eurostoppisti di casa nostra.

   Noi, molto più serenamente, ci limitiamo a constatare che tutta la evoluzione della situazione a partire dal marzo 2018 è determinata dai rapporti di forza e dai comportamenti delle forze in campo, nazionali e internazionali. Il criterio da seguire per valutare le cose è se i 5 Stelle continueranno ad andare nella direzione giusta, suscitando interesse e consenso a livello di massa. Il che non ci porta a sposare la causa dei 5 Stelle, ma a valutarne il peso oggettivo in una battaglia antiliberista.

   La stessa cosa a quanto pare, com'era prevedibile, non è stata capita da quelle forze residue della sinistra - nelle loro variabili sorosiane e neosovraniste a tendenza salviniana - che giurano di fare un'opposizione 'intransigente' al nuovo governo schiavo di Bruxelles.

   Con la proposta di aprire il dibattito sulla costruzione di un Fronte politico costituzionale che raccogliendo lo scossone antiliberista si ponga il problema di individuare il terreno di crescita delle forze antiliberiste e popolari sui tre punti che abbiamo indicato, crediamo si possa aprire una discussione per superare il livello di una sterile e ambigua opposizione e avviare una interlocuzione coi 5 Stelle, che rimangono in questa fase un punto di riferimento.

   Sappiamo bene che col nuovo governo si apre una nuova e difficile partita, dagli esiti non scontati, e su questo hanno apparentemente facile gioco coloro che col loro velleitarismo cercano di spostare la discussione su un'alternativa fasulla, ma così facendo vengono assorbiti dal frastuono delle trombe della destra che rappresenta la vera opposizione. Il resto è solo ruolo da mosche cocchiere.

Aginform
4 settembre 2019