Il libro di V. Dobrov sulla preparazione del termidoro nell'URSS
e il dibattito sulla proposta di un Centro Studi sulla Transizione

La ricostruzione pubblicata da una casa editrice russa del lavorio che ha preceduto il XX congresso del PCUS, un lavorio volto ad impedire che Stalin portasse avanti un nuova fase di rinnovamento del partito e delle istituzioni sovietiche, ha il merito di avviare una riflessione sul carattere degli avvenimenti che portarono Kruscev alla direzione del partito e dello stato.

Finora questi avvenimenti sono stati presentati come un’esplosione di contraddizioni a cui non si poteva far fronte se non con un rinnovamento radicale della società sovietica e di cui il XX congresso è stato l’espressione.

Alla luce del resoconto che pubblichiamo in questa pagina viene fuori, invece, che coloro che hanno assunto, dopo la morte di Stalin, la direzione dell’URSS, hanno agito consapevolmente per deviare, a fini di potere personale, le linee strategiche di un rinnovamento che Stalin aveva già individuato e che trovò anche espressione teorica nello scritto I problemi economici del socialismo nell'URSS.

Diciamo anche che l’interesse per lo scritto che pubblichiamo si collega al dibattito che abbiamo avviato su Aginform a proposito della ‘transizione’. Aldilà di come il compagno Curatoli ha affrontato le questioni nel suo articolo La transizione al socialismo, e a cui andrebbe replicato nel merito, esistono questioni sostanziali di approccio che già in alcune note di Aginform abbiamo sottolineato.

Innanzitutto la questione di partenza. In Russia c’è stata o no una rivoluzione socialista?

I nemici dei comunisti dicono di no, sostengono che c’è stata una rivoluzione, ma che il socialismo reale è stato altra cosa dal socialismo.

Noi dobbiamo riproporre questo dilemma, oppure andare dritti all’obiettivo e spiegare che in Russia c’è stata una rivoluzione socialista, ovviamente documentandola e che Lenin prima e Stalin poi hanno portato il processo rivoluzionario a consolidarsi su una solida base socialista?

Possiamo o no partire da questo per rispondere all’ondata anticomunista di cui Bertinotti è stato il portatore, documentando il fatto che il novecento è stato non il secolo degli errori e degli orrori, ma il secolo in cui il socialismo ha fatto le sue prime, grandiosi esperienze?

Se questo è il compito che oggi spetta ai comunisti, bisogna assumersi la responsabilità intellettuale e politica di portarlo avanti nelle forme appropriate. Come la guerra è cosa troppo seria per farla gestire ai generali, così il compito di combattere il revisionismo storico e l’anticomunismo non può essere fatto al di fuori di un impegno radicale e organico.

Dove nascono le ambiguità? A mio parere dal fatto che si vuole prescindere dal centro del problema per andare a scoprire i limiti dell’esperienza socialista, assumendo così il ruolo di quei critici di ‘sinistra’ di cui la l’intellighenzia borghese si è sempre servita per demolire il socialismo reale, inteso per quello vero. Il trotskismo non è stato altro che questo.

La discussione sul socialismo in URSS va collegata anche al concetto di controrivoluzione. La dinamica storica dei processi rivoluzionari evidenzia che le forze in campo si affrontano continuamente e non solo nella fase più acuta, quella iniziale, ma che anche la ‘stabilizzazione’ produce forze controrivoluzionarie che tendono a cambiare il corso degli avvenimenti. Il XX congresso è stato la dimostrazione di come il segno della stabilizzazione ha prodotto la controrivoluzione. E gli ‘orrori’ staliniani, quelli che noi definiamo lotta rivoluzionaria, sono diventati lo strumento demagogico per demolire il socialismo in URSS.

Se si prescinde dunque da questo ordine di problemi e nel migliore dei casi si storicizza il corso degli avvenimenti depotenziandolo della sua carica rivoluzionaria, si entra in una logica opinionista.

Roberto Gabriele

Post scriptum

Il compagno Bernardini critica la posizione da me e da Curatoli assunta riguardo al convegno di Napoli promosso dell’editore (e compagno) Sergio Manes. Per quanto mi riguarda ho avuto, sul convegno, una posizione lineare, prima di osservatore e poi esprimendo i miei dubbi sull’iniziativa, alla luce delle considerazioni di cui sopra. Forse si è trattato di un equivoco che andrebbe chiarito per tempo, in modo che si possa andare in tempi brevi a un adeguamento del progetto alla sua vera funzione. Certo, anche qui occorre capire se siamo dentro un progetto ‘opinionista’, del tipo di quello milanese organizzato dall’ERNESTO su potere, violenza, resistenza, oppure c’è la volontà politica di combattere una grande battaglia contro l’anticomunismo di sinistra dicendo le cose come stanno su Lenin, su Stalin, sul comunismo novecentesco, sullURSS. Per questo progetto credo che ciascuno di noi sarebbe disponibile, ravvisandone non solo la necessità, ma anche l’urgenza.

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