Iraq: preti e comunisti

Tiziano Tussi da www.resistenze.org

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della redazione
di Aginform


e

la lettera
del compagno Pietrini

Sul numero 606 di Internazionale, che copre la settimana dal 2 all’8 settembre, troviamo un gustoso episodio riportato da Baghdad dal direttore del giornale iracheno Al Mada. Riassumo: ad un matrimonio si incontrano un vecchio comunista ed un giovane emiro terrorista. Il comunista capisce che vento tira e cerca di andarsene, inutilmente. L’emiro lo rassicura: ”Non ti preoccupare, non ce l’abbiamo con i comunisti. Sono troppo deboli per infastidirci”, e poi lo mette al corrente delle sue idee che tendono a produrre, attraverso atti di terrore ed in sintonia con Al Qaeda, il controllo sul mondo intero.

Dando credito al racconto, possiamo fare alcune riflessioni, partendo dal biennale tormentone cui ha dato la stura il Campo antimperialista. Come lo scorso anno, anche quest’anno il gruppo di simpatizzanti della Resistenza irachena è entrato nel mirino dell’attenzione della stampa internazionale perché vuole attivamente sostenere la “cosiddetta“ Resistenza irachena, organizzando un incontro in Italia dove dovrebbero convenire esponenti iracheni di quella galassia. Dopo vari tergiversamenti, su pressione statunitense la Farnesina nega il visto d’ingresso agli ospiti orientali. Il Campo si oppone fieramente a tale imposizione usando anche metodi di pressione per nulla comunisti, quali un digiuno – arma dei pacifisti ghandiani di ogni luogo – per arrivare al risultato richiesto e cioè potere discutere con gl’invitati ed appoggiare la loro causa.

Tra i cinque esponenti che dovevano arrivare due sono preti musulmani – ayatollah – e tre non lo sono. Differenze di altro tipo, tra i cinque, verso la religione non interessano, ora, per le considerazioni da fare.

Su questa imposizione a non venire in Italia per partecipare ai lavori del Campo si è levata forte la richiesta di appoggio politico da parte dello stesso Campo, con raccolte di firme, ad esempio, per cercare di ovviare a tale impossibilità.

Nel 1979 in Iran un’altra rivoluzione, fatta anche e soprattutto da preti, ha avuto successo. Ricordo che, ad esempio, Lotta Continua, allora, con altri gruppi e compagni, omaggiava ed osannava quella rivoluzione. Un amico mi diceva allora: Attenzione! Dove ci sono preti non ci possono essere comunisti. Naturalmente aveva ragione lui. Ora gli stessi osannatori del Khomeinismo, ex di Lotta Continua, sono approdati ad altri lidi. Ma ancora siamo in una situazione dove comunisti, o presunti tali, stanno dandosi enormemente da fare per fare politica con preti musulmani. Il Campo potrebbe rispondere che “la rivoluzione si fa con chi ci sta”. Ma questo non è né sensato né comunista. Infatti anche nella Resistenza italiana vi erano dei preti. Ma essere nella Resistenza era un loro problema, loro non dei partigiani. Anche fra i ministri sandinisti vi erano dei preti, dei frati, ma anche lì era la loro appartenenza alla chiesa che diventava problematica, per loro. Non per i sandinisti. Ed in effetti la chiesa di Roma ostacolava ed ostacola tutti i preti impegnati in politica, a sinistra. Ma la questione di fede, di prospettiva temporale e politica è un problema per chi crede nell’al di là e combatte a fianco di chi non lo crede – vedi il caso della Teologia della Liberazione.

Nel caso dell’Iran, ed ora dell’Iraq, la questione si mostra totalmente capovolta. I preti, i religiosi, guidano quelle masse. I comunisti o sono sempre stati una infima parte oppure sono stati al potere con le passate dittature, nel caso dell’Iraq.

Perché, da comunisti italiani, allora appoggiare questo egemonismo religioso, lavorando politicamente con esso? Se così ci si comporta con i musulmani, allora non si capisce perché non allearsi, nelle istanze anticapitalistiche, con la chiesa cattolica, con il Papa di Roma e sostenere i vari Don, che lottano contro le ingiustizie della modernità.

Ma è davvero questo il percorso di lotta per un comunista che prende forza teorica e pratica oltre che dal binomio Marx-Engels, anche dalla lezione illuminista? Non hanno avuto nulla da dire gli illuministi ed i due filosofi tedeschi contro la religione? Il nostro essere comunista non dovrebbe tenere conto di quelle lezioni? E non dovrebbero i comunisti iracheni o iraniani, quando possibile, nelle modalità del possibile, distinguersi dai preti musulmani.

Se ora non è possibile non è comunque questo un obiettivo chiaro, uno smarcarsi, da perseguire? Logicamente sì. Ed a maggiore ragione perché noi in Italia dobbiamo assumere posizioni pretesche, o simil pretesche, solo perché gli stessi preti tuonano contro il grande Satana, Bush?

Ma è un tuonare medioevale, che non rappresenta proprio nessuna istanza di libertà dell’uomo - figuriamoci della donna - così come la lezione di modernità che ci deriva dal Manifesto del Partito Comunista, e dall’Illuminismo - valga per tutti il nome di Voltaire. A meno che, questa azione del Campo, non si configuri come una nuova commistione che prescinde dalla coppia destra-sinistra, dal binomio modernità-oscurantismo, che vuole costruire un nuovo fronte che abbia come unico collante il nemico comune : il capitalismo.Ma non è già stato fatto, appunto in Iran? Dopo la vittoria sullo Scià, i primi ad essere stati eliminati sono stati appunto i comunisti, fatti fuori, con i laici dai preti ieri amici o comunque alleati. I primi ad essere eliminati sono stati coloro che guardavano alla lezione illuminista. Altrimenti attenzione, ora anche i talebani sono anticapitalisti. Anche loro vanno bene? Sono anche loro nel Campo antimperialista?

Tiziano Tussi


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