Contro la NATO un ponte tra est e ovest
Incontramoci a Praga l'8-9 maggio

Oggi 11 marzo si consuma formalmente il tradimento degli ideali di pace e indipendenza, neutralità e non allineamento tante volte strumentalmente sbandierati in passato e il nostro paese viene consegnato ufficialmente al controllo politico e militare della superpotenza USA tramite la NATO.

Alla nuova borghesia ceca è sembrata una buona idea agganciare il proprio non solidissimo potere al carro del più forte.

I motivi "ideali" non le saranno mancati: Clinton non ha forse dato prova una volta ancora dello spirito umanistico che anima le "grandi democrazie occidentali" esprimendo pochi giorni or sono il proprio sincero "dispiacere" per l'assassinio di 200.000 guatemaltechi con l'apporto decisivo della CIA e dell'apparato militare statunitense?

Peccato che bisognerà attendere un po' per sentire, se mai verrà, il "dispiacere" per gli interventi sfacciati nei conflitti balcanici o i bombardamenti della Jugoslavia, che gli USA sono così ansiosi di iniziare se appena il governo di quel paese non accetterà qualche virgola dei loro ultimatum.

Anche per l'affamamento ormai decennale del popolo iraqeno, che ha le dimensioni del genocidio, e per i quotidiani attacchi aerei e missilistici contro quel paese bisognerà avere un po' di pazienza.

Per stare sul carro del più forte ci vuole uno stomaco forte! Bisogna adattarsi alle idee sulla democrazia dei generali turchi attuali o dei colonnelli insediati dagli USA in Grecia in tempi più lontani (ma non dimenticati).

A proposito di Grecia e di Turchia - paesi sull'orlo della guerra pur essendo ambedue della NATO - i soliti critici incontentabili potrebbero anche osservare che stare nella NATO non è una gran garanzia di sicurezza dai propri potenti vicini, neanche se stanno nella stessa alleanza. Ma questi sono piccoli particolari ...

Bisogna avere lo stomaco forte!

Tanto più che qualcuno - come l'ex comunista italiano D'Alema, promosso in questi giorni ambasciatore NATO a Praga, Budapest e Varsavia - fa capire che stare nella NATO può servire a condizionare l'alleanza dall'interno.

D'Alema deve avere rapidamente dimenticato lo "sconcerto" per l'assoluzione dei piloti-Rambo di Cavalese e forse non si è ricordato che in Italia non si sa nemmeno chi abbia autorizzato la cessione di basi nucleari agli americani (come quella de La Maddalena in Sardegna). Forse D'Alema si era anche distratto quando gli americani - or non è molto - minacciavano di bombardare con armi nucleari la Libia partendo dalla base italiana di Aviano. E magari non ha avuto il tempo - quando era dirigente dei giovani comunisti - di informarsi a dovere sull'esercito fascista clandestino messo in piedi dai servizi americani in Italia e sulle sue operazioni (adesso i servizi segreti USA potranno vegliare sulla sicurezza dei cechi con la stessa paterna sollecitudine con cui hanno indirizzato in passato a suon di bombe gli umori degli italiani).

Ma questa, si dirà, è storia vecchia: c'erano i due blocchi, il PCI era il nemico. Allora vediamo la storia recente: nel dicembre scorso Clinton e Blair hanno scatenato una vasta operazione militare contro l'Iraq, scavalcando completamente l'ONU (che gli americani stanno ormai apertamente sabotando, come facevano i regimi fascisti con la Società delle Nazioni). Ebbene nessun altro governo europeo fu neanche preavvertito! Certo però la prossima volta Clinton non mancherà di consultarsi con l'amico Havel.

Chi lascia credere che la NATO sia una specie di forum democratico in cui governi e istituzioni rispettabili prendono decisioni a maggioranza, mente spudoratamente e tradisce i più elementari doveri scritti nelle costituzioni degli stati. In altre parole chi si comporta così commette il reato di alto tradimento.

Sono cose ben note da anni a tutte le persone oneste. Adesso però diventano ancora più manifeste. L'ingresso della Repubblica Ceca, insieme a Polonia e Ungheria, nella NATO avviene in un momento di svolta drammatica, con un'accelerazione dei preparativi di guerra su una scala mai raggiunta in passato.

Nel quadro delle celebrazioni del 50° anniversario, la NATO formalizzerà la sua nuova dottrina militare di intervento ovunque nel mondo. La rete delle basi militari USA si è ulteriormente estesa e rafforzata, in Europa come in Asia. Molti paesi hanno predisposto forze speciali di intervento rapido composte di militari professionisti (e adesso anche la Repubblica Ceca potrà fornire carne da cannone in modo da guadagnarsi la stima del padrone). La determinazione con cui viene alimentata la crisi del Kosovo è assai significativa della volontà di dislocare nei Balcani grosse unità militari e di spezzare la pur minima resistenza al perseguimento di obiettivi strategici militari qualche anno fa impensabili. Nel giro di pochi mesi la forza dislocata in Macedonia (FYROM) col pretesto di garantire gli osservatori OSCE è diventata una minacciosa e munitissima testa di ponte per l'invasione della Jugoslavia. Tutta l'area che va dai Balcani all'Asia Centrale è oggetto di particolare attenzione da parte dei militari USA. E' l'area in cui corrono i grandi oleodotti del presente e del futuro. E non è certo un caso che si parli di basi turco-americane in Azerbaijan e che il segretario della NATO Solana estenda l'orizzonte delle operazioni NATO fino al Kazakhstan. La dottrina militare USA-NATO è sempre quella del primo colpo nucleare (alla faccia delle chiacchiere ipocrite sulla non proliferazione nucleare!) e le spese militari vanno alle stelle su livelli che razionalizzano qualitativamente e superano quantitativamente quelli già astronomici al culmine della guerra fredda (anche i Cechi potranno ora stringere la cinghia per pagare la loro parte!)

Di fronte a questi dati di fatto suonano davvero patetici gli inviti di alti rappresentanti occidentali, formulati anche in questi giorni, a non far sentire isolata la Russia. Più propriamente si tratta di fare in modo che il governo russo reagisca il più tardi possibile alla minaccia e si limiti - come ha fatto in tutti questi anni - a patetici e inoffensivi brontolii di disapprovazione fatti a uso e consumo interno.

Il fatto è che, a dieci anni dalla crisi dell'UIRSS e dei regimi socialisti dell'Europa orientale, i nodi vengono ormai al pettine. In Russia in particolare non c'è stata nessuna riconversione dell'economia dal socialismo al capitalismo, c'è stata invece - puramente e semplicemente - la distruzione su vasta scala di capacità e forze produttive, l'appropriazione della ricchezza sociale a mo' di rapina da parte di pochi nuovi ricchi, il deposito del bottino all'estero, il tutto con gli stessi tragici effetti di un'invasione straniera del tipo di quella nazista del '41.

Le potenze occidentali sanno molto bene che non hanno nulla da offrire ai popoli del mondo, nè ad est nè a sud, se non miseria e sopraffazione. Crisi di proporzioni immani per le condizioni di vita delle masse popolari hanno travolto in poco tempo non solo le repubbliche che formavano l'URSS ma anche i "paradisi" capitalisti dell'Asia sudorientale e le economie dipendenti di quasi tutti i paesi dell'America Latina, dell'Asia, dell'Africa, del Medio Oriente. I venti di una crisi recessiva di proporzioni catastrofiche si fanno sentire ormai con minacciosa insistenza non solo in Giappone, dove sono di casa già da tempo, ma anche negli altri maggiori centri del capitalismo mondiale.

L'accelerazione dei preparativi di guerra su larga scala si comprende dunque assai bene su questo sfondo e trova in esso alimento e impulso fortissimo.

In questi giorni tragici per il nostro paese, sentiamo tutti - nonostante le manifestazioni generose di qualche gruppo di giovani, ma sullo sfondo del silenzio assordante di tanti che potrebbero e dovrebbero parlare - il grande senso di impotenza e inadeguatezza a fermare e invertire il corso degli avvenimenti.

La guerra non si ferma con le parole e gli appelli. La situazione tuttavia è così grave, che sentiamo il dovere di parlare, non solo a futura testimonianza, ma anche per chiamare a raccolta le persone disponibili, fin da subito, a lavorare con decisione - pur consci dei nostri limiti - contro la guerra.

Costruiamo da subito, contro la guerra, un ponte tra est e ovest. Chiamiamo coloro che si impegnano contro la guerra a un momento di confronto sincero da realizzarsi a Praga nei giorni 8-9 maggio (che sono anche i giorni in cui ricorre la liberazione dal nazifascismo) con l'obiettivo di realizzare un coordinamento europeo est-ovest contro la guerra che sappia pianificare da subito un lavoro comune di informazione e possibilmente mettere in campo iniziative comuni di denuncia e di lotta.

Praga 11 marzo 1999

Fondazione Internazionale Nino Pasti

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