Lettera ai partecipanti all'incontro di Roma del 17 aprile promosso da Giulietto Chiesa

LA SCINTILLA E LA PRATERIA

Lettera ai partecipanti all'incontro di Roma del 17 aprile promosso da Giulietto Chiesa

Abbiamo partecipato all'incontro di Roma e contribuito al dibattito e dobbiamo riconoscere che nel panorama politico indecente che contraddistingue le forze  che si considerano alternative allo stato di cose presente si è trattato di una cosa interessante.

Non è una novità che Giulietto Chiesa abbia in questi anni animato discussioni e iniziative di  grande interesse e tra queste la campagna per la verità sull'11 settembre. Ora però la sua proposta ha un valore generale proponendosi e proponendo di costruire un'organizzazione politica, nucleo iniziale di un futuro partito che affronti il nodo della crisi e delle sue prospettive. La proposta illustrata nella relazione[vedi il testo qui] ha destato parecchio interesse e non ha avuto certamente le caratteristiche di un discorso prolisso e politichese. Con linguaggio chiaro e diretto ci è stato detto:

- che l'aereo (il mondo) su cui siamo imbarcati ha come pilota una scimmia (i poteri che gestiscono la situazione), che non ha cognizione del disastro che si prepara. Bisogna avere consapevolezza di questo e tentare a tutti i costi di cambiare il pilota;

- le forze politiche a livello internazionale e interno esprimono e appoggiano la tendenza al disastro instaurando una dialettica  mistificata e un uso mediatico della non verità per cui queste forze sistemiche non possono essere, aldilà di come si configurano nelle loro apparenze ideologiche, forze di cambiamento; lo si è visto clamorosamente nella vicenda dell'11 settembre.

- nello specifico italiano la casta politica, a destra come a sinistra, esprime la tendenza alla conservazione dell'esistente al di fuori di ogni coscienza di come sta effettivamente marciando la situazione. Separarsi da questa casta è il punto di partenza di ogni possibile cambiamento;

- nella lotta contro la catastrofe imminente occorre porre come base di riferimento il blocco della tendenza allo sviluppismo economico che è un elemento di accelerazione della deriva in cui ci troviamo;

- il compito di chi si organizza per una ALTERNATIVA (nome dato all'iniziativa) è partecipare con responsabilità e consapevolezza al di fuori dei riti politici tradizionali.

Questo a grandi linee il contenuto della relazione di Giulietto Chiesa.
Quali considerazioni fare sui contenuti di questa proposta?

Noi ne avanziamo una che riteniamo fondamentale e che abbiamo cercato di esporre già nel corso del dibattito. Si tratta della individuazione delle forze reali che siano in grado di mettere in movimento una situazione che vada nella direzione giusta, senza le quali anche la migliore delle iniziative è destinata ad arenarsi assai presto.

Non pretendiamo di avere la soluzione bella e pronta, chiavi in mano come si direbbe in gergo pubblicitario. Tuttavia c'è un dato che dovrebbe essere subito posto al centro dell'attenzione e che può fornire secondo noi una prima risposta. L'approfondirsi della crisi, che ormai investe direttamente le condizioni di esistenza di milioni di persone, e la manifesta incapacità del sistema politico di fornire sia pur timide e parziali risposte, ha prodotto una dilatazione enorme dell'astensionismo elettorale che ormai sfiora, e potrebbe anche superare, la maggioranza degli elettori. Questo avviene in Italia, dopo decenni di partecipazione massiccia al voto, non negli Stati Uniti, dove esiste una tradizione politica molto diversa.

Il segnale di distacco dalla retorica politica e dalle mistificazioni del sistema politico-mediatico è molto forte. Può una forza politica che mira all'alternativa evitare di coglierlo e di valorizzarlo, facendone strumento di delegittimazione delle oligarchie politiche al servizio dei poteri forti?

Non è una questione tra le tante altre. A nostro avviso è una questione di estrema rilevanza nella fase attuale rispetto all'immagine politica che una forza di alternativa riesce o non riesce a darsi e rispetto alla quale può crescere o al contrario rimanere uno spazio limitato con una funzione – nel migliore dei casi – di carattere culturale di lungo periodo. L'aggregazione non può avvenire, se non in una fase assolutamente iniziale, per centurie o per catene di Sant'Antonio, ma solo sulla base di un programma politico che sappia intercettare ed esprimere, anche inizialmente in modo apparentemente rozzo ma efficace, il malessere e la rabbia che montano di fronte alla crisi e all'assenza di risposte.

Si tratta dunque di legare astensionismo e programma politico, lanciando sui punti qualificanti del programma, elencati - benché da approfondire - nella relazione introduttiva, un movimento di lotta e di disobbedienza civile che avrebbe proprio nell'astensionismo una sua bandiera che lo renderebbe riconoscibile al di là delle singole situazioni conflittuali e lo qualificherebbe di fronte a milioni di persone come un fatto nuovo e veicolo di possibile effettivo rinnovamento. Certo si tratta di muovere i primi passi nella direzione giusta, senza soverchie illusioni, ma i primi passi sono quelli più importanti quando è necessario dare un segnale che possa essere raccolto anche al di fuori delle cerchie di addetti ai lavori.

Non è giusto - a nostro parere – rifiutare di raccogliere la bandiera dell'astensionismo perché sarebbe contraddittoria con la difesa della Costituzione. Si tratta infatti proprio di far rilevare come la Costituzione sia nei fatti già sostanzialmente calpestata e ignorata, tanto da aver svilito e reso inutile anche il diritto al voto e alla rappresentanza. Il discorso non va fatto sul terreno dei principi generali, ma su quello della situazione concreta e delle sue caratteristiche specifiche, che certo domani potranno anche cambiare, ma intanto vanno colte nel presente per quello che esprimono.

La bandiera dell'astensionismo in questa fase ha anche un'altra funzione importante, quella cioè di dare un forte contributo a tracciare una linea di demarcazione netta rispetto a logiche, culture e formazioni politiche che ci porterebbero fatalmente fuori strada. La linea di demarcazione non significa affatto (non deve significare) spirito settario, come giustamente viene sottolineato sia nel manifesto che nella relazione introduttiva. Ma se vogliamo prendere sul serio la profondità della crisi da cui muove la proposta di Alternativa e l'incapacità del 'vecchio corpo morente della sinistra istituzionale' di fornire risposte, è chiaro che la contrapposizione con quel mondo politico, divenuto complice e protagonista (quasi sempre) di una deriva catastrofica o (più di rado) semplicemente inutile, deve essere netta e senza equivoci. Quale sarebbe se no il senso di 'non essere comunista, né socialista, né di sinistra?'. La bandiera dell'astensionismo contribuisce a fugare ogni dubbio sul fatto che l'Alternativa possa, anche se indirettamente, essere un portatore d'acqua rispetto ai soliti noti e contemporaneamente ci mette più facilmente in sintonia con quella quasi maggioranza e presto vera maggioranza di popolo che si dichiara priva di rappresentanza nelle istituzioni.

Certo, bisogna sapere come brandire concretamente la bandiera dell'astensionismo, non con declamazioni inconcludenti, ma legandola a un programma politico e rivendicativo che parte dall'analisi della situazione e della condizione di vita di milioni di persone. Su questo – una volta accertata l'ispirazione comune – è necessario l'approfondimento e la messa a punto di strumenti efficaci.

Roberto Gabriele, Paolo Pioppi

20 aprile 2010


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