19 marzo
il movimento contro la guerra e i riti degli 'alternativi'

Che esista un movimento, una spinta di massa contro la guerra, è un dato incontestabile e la manifestazione del 19 febbraio, pur nel suo condizionamento moderato, lo ha confermato.

Anche la prossima manifestazione, quella del 19 marzo, in occasione dell'anniversario dell'inizio della guerra in Iraq, si preannuncia partecipata.

Esiste però, come spesso accade, una scissione tra la spinta contro la guerra condivisa da una maggioranza della popolazione e la lotta contro la guerra. Una discontinuità tra il desiderio di uscire da questa guerra e il modo in cui l'opposizione si manifesta. La responsabilità di questa scissione ha varie facce. La più grave consiste nell'orientamento delle forze del centro sinistra, che su tutta la vicenda Iraq hanno creato una grande confusione parlando di guerra sbagliata, ma lasciando intendere che il 'dittatore' Saddam, cioè il legittimo presidente dell'Iraq, aveva creato una situazione che non poteva essere abbandonata a se stessa e quindi bisognava non ritirare le truppe, ma garantire la 'democrazia', sostituendole con altre truppe. Ancor più ha pesato nell'indebolire il movimento contro la guerra la teorizzazione della spirale guerra terrorismo, cioè la definizione della resistenza di un popolo sottomesso militarmente come un atto di violenza.

E' molto chiaro, invece, che non solo questa resistenza è legittima, ma ove questa non si fosse manifestata così duramente, il movimento contro la guerra si sarebbe liquefatto e i fautori della 'democrazia' esportata avrebbero tranquillamente imposto il loro regime fantoccio.

Anche le due manifestazioni, quella del 19 febbraio e la prossima del 19 marzo, hanno avuto rilievo in rapporto a ciò che è avvenuto in Iraq col rapimento Sgrena. La resistenza irachena è dunque il fulcro della lotta contro la guerra non solo per l'effetto militare contro le truppe di occupazione e contro le strutture del governo fantoccio, ma perchè dà forza a tutto il movimento.

Gli americani e i sionisti queste cose le sanno bene ed è per questo che tentano di condizionare la stessa sinistra pacifista cercando di portarla su posizioni neutre dove l'opposizione alla guerra non si lega alla resistenza. Anche in occasione della preparazione della manifestazione del 19 marzo queste ambiguità sono riemerse puntualmente non solo con la discriminazione nei confronti del Comitato Iraq Libero, ma anche con lo slogan 'diritto alla resistenza' in luogo di appoggio all'eroica resistenza di tutto un popolo.

I soliti personaggi di 'movimento', quelli che soffrono di strabismo politico facendo gli alternativi, ma guardando ai loro sponsor istituzionali, stanno tentando, come hanno fatto i partiti del centro sinistra con la manifestazione del 19 febbraio, di strumentalizzare l'esigenza di lotta alla guerra.

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