Dall’intervento introduttivo della Fondazione Pasti

Diamo un caldo benvenuto agli ospiti da oltre oceano e ai rappresentanti diplomatici della RFJ.

Siamo qui per chiedere conto al governo italiano dei crimini commessi in Jugoslavia e che tuttora si commettono contro la RFJ e contro il diritto internazionale e la pace. Sottolineiamo il tuttora: la repressione di un secessionismo fomentato e armato dall’estero e consapevole che ogni escalation di violenza sarebbe andata a suo vantaggio è stata gabbata per pulizia etnica per consentire alle penne di regime e alle anime belle di giustificare la santa guerra umanitaria. Adesso però la pulizia etnica c’è veramente, come già in passato nella Krajina, auspice la KFOR e le bande fasciste dell’UCK da essa dislocate sul campo. Ma non è solo la quotidiana violenza in Kosovo: continua l’embargo, vera e propria arma di sterminio di massa, e continua nel modo più sfacciato l’incoraggiamento a nuove secessioni e alla guerra civile e l’opera di destabilizzazione della Jugoslavia. Continua infine l’onda lunga di destabilizzazione internazionale e di guerra portata dalla nuova dottrina NATO di intervento universale, da quella totale rilegittimazione della guerra che, come è stato autorevolmente osservato è il frutto avvelenato più grave delle operazioni di guerra nei Balcani.

Parliamo di una guerra dunque che non è iniziata il 24 marzo scorso, ma assai prima, e che non è cessata in giugno ma dura tuttora.

Di questa guerra chiamiamo il governo italiano e le massime autorità della Repubblica a render conto, insieme a quelle di tutti gli altri governi NATO, cominciando però, per quello che ci riguarda proprio dal nostro.

Non ci nascondiamo le difficoltà del compito. Siamo nel paese delle stragi di cui nessuno ha mai dovuto render conto e in cui ci si può vantare di essere stati responsabili della struttura di Gladio.
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Siamo nel paese in cui un presidente del Consiglio può portare il paese in guerra per la prima volta dal ’45 e poi andare alla marcia della pace e tessere un fruttuoso dialogo con gli organizzatori.
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Siamo consapevoli della nostra debolezza.

Molti tra noi, soprattutto tra i non più giovani hanno certo vissuto lo scatenarsi della guerra con un senso profondo di frustrazione e di amarezza, accresciuto dallo spettacolo dei tanti ingegni venduti al servizio del nuovo impero e disposti a calpestare ogni logica, ogni prudenza e ogni buonsenso per servire i loro padroni, portando magari anche all’ammasso più di un pedigree di sinistra.

E tuttavia il mondo è più grande di quella ristretta cerchia autodenominatasi "comunità internazionale" che pretende di dettar legge, e anche l’ira per quello che il nuovo impero sta facendo va ben al di là di quella spesso troppo confusa che si è vista nelle nostre piazze. E’ il legame con questo mondo più vasto e con quest’ira più profonda che ci sostiene e ci dà forza.

Per questo salutiamo con gioia i nostri ospiti di oltreoceano, che da molto tempo hanno incominciato con grande tenacia e coraggio quest’opera di denuncia e la portano avanti, come è giusto, non solo nel loro paese per quanto sia il paese centrale del nuovo impero, ma come progetto internazionale, che deve coinvolgere e di fatto sta coinvolgendo molti paesi.

Noi ringraziamo Ramsey Clark e il suo Centro Internazionale per il lavoro che hanno iniziato a fare con un’energia che - forse per lo choc delle troppe sconfitte subite - non ha ancora trovato emuli di pari valore nel nostro paese. Grazie al lavoro iniziato da Ramsey Clark ci troviamo la strada in parte già tracciata, ma adesso dobbiamo fare la nostra parte.

Questo è il senso di questa assemblea. Da questa assemblea deve uscire - anche in Italia - una struttura autorevole che sappia portare avanti in modo organizzato e continuo l’opera di denuncia dei crimini contro la RFJ e contro la pace e si sappia rapportare al costituendo Tribunale internazionale.

Non è scontato che noi si sappia fare questo. Non è affatto scontato per chi, come tutti noi, conosce la palude politica italiana e i suoi vizi profondi, per chi sa come spesso le questioni siano agitate quando sono sulle prime pagine dei giornali e sulla bocca di tutti e subito dopo abbandonate all’oblio, per chi incomincia a misurare il grado spaventoso di corruzione e di cooptazione al servizio del potere che regna anche nei territori che dovrebbero essere di opposizione. Abbiamo perciò un compito non facile, ma nemmeno impossibile se sapremo unire e organizzare le forze anche solo di una ristretta minoranza che ne veda però lucidamente l’urgenza e la necessità e si regoli di conseguenza.

Auguriamo a questa assemblea di far nascere un organismo vitale che in Italia affianchi e collabori al lavoro del costituendo Tribunale internazionale.

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