Parlare male di Bertinotti?

L’intensificarsi dello scontro tra il Polo e i rottami dell’Ulivo in vista delle prossime elezioni politiche presenta il rischio, possiamo dire storico, che nel polverone generale e in contrapposizione al principio (rovesciato) del meno peggio tanto meglio, i comunisti siano indotti a seguire la logica del radicalismo anarco-movimentista e dell’astensionismo antipartiti, senza partecipare alla battaglia politica che, al contrario, dovrebbe caratterizzarli, in questa fase, all’interno della sinistra.

A nostro parere, questa battaglia deve centrarsi su due punti essenziali: la sconfitta dei DS e la loro definitiva delegittimazione come partito di sinistra e di massa e il controllo dell’evoluzione delle posizioni del PRC in rapporto al discorso dell’alternativa. Cerchiamo di chiarire le due questioni.

Per quanto riguarda i DS ci colleghiamo al discorso già fatto nei numeri precedenti di AGINFORM in cui abbiamo scritto, utilizzando una metafora maoista, che quando il cane cade nell’acqua bisogna continuare a bastonarlo per evitare che morda ancora.

In sostanza e per essere espliciti, abbiamo detto che l’uscita di scena, come capo di governo, di D’Alema e la crisi che ne è scaturita tra i DS, di cui la scomparsa de «L’Unità» è un episodio clamoroso, doveva indurci a condurre una battaglia a fondo per la liquidazione di questo partito, attaccandolo in tutti quegli insediamenti di massa dove mantiene ancora radici a sinistra. E’ senz’altro vero che i DS esprimono dal punto di vista di classe ceti sociali ben introdotti nella gestione del potere a vari livelli, ma è anche vero che fino ad oggi (o ieri?) dentro l’elettorato DS c’erano settori che sono stati coinvolti dalla marcia trionfale di D’Alema e sono entrati in crisi dopo il suo fallimentare esperimento governativo. Verso questi delusi della sinistra governativa bisogna puntare la nostra attenzione per evitare che essi vengano recuperati ad una prospettiva di appoggio ad un partito che ha gestito fino ad oggi la guerra imperialista contro la Jugoslavia, la clericalizzazione dello stato, lo sfrenato sviluppo del liberismo in economia.

Chiamarsi fuori da questo scontro, per i comunisti, con la motivazione che per essere rivoluzionari ci vogliono ben altri discorsi, è assolutamente sbagliato. Pur non essendo certamente l’unico obiettivo su cui lavorare, la crisi e la dissoluzione dei DS non è cosa indifferente per la sinistra e per i comunisti. La riduzione dei DS a una sorta di partito repubblicano, spianerebbe la strada alla crescita di un'alternativa politica a sinistra in cui l’influenza sia di forze effettivamente progressiste.

Certamente i tentativi di rianimare i DS non mancheranno, dal momento che gli sponsor, da Repubblica a TMC, sono di notevole spessore, ma per nostra fortuna non possono inventarsi un elettorato e un’opinione pubblica di sinistra, schifata per tutto quello che è successo, dalla guerra alla gestione del giubileo 2000. Colpire ancora il cane che cade nell’acqua ci sembra sempre la scelta migliore.

La seconda questione, possiamo dire di fase, della nostra battaglia politica, riguarda Rifondazione comunista.

Il PRC è impegnato in un gioco pericoloso, i cui esiti ridisegneranno, in un senso o nell’altro, il panorama a sinistra. Saranno i DS a condizionare le scelte elettorali imponendo accordi che avranno l’unico esito di rafforzare, si fa per dire, i rottami del centro sinistra, o lo scontro tra ulivisti e polo vedrà rafforzarsi un settore di sinistra alternativo?

Conoscendo gli ondeggiamenti bertinottiani e anche casi come l’esito del congresso PRC di Roma, che non ci sembra abbia spostato gli equilibri di centro-sinistra che caratterizzano questa alleanza, siamo propensi a credere che si preparano pateracchi da cui si uscirà felici e perdenti. Felici perchè si è conquistato un po’ di posto al sole; perdenti perchè gli equilibri politici saranno dominati dalle attuali forze di centro-sinistra.

Consapevoli di questo, però, non vogliamo fasciarci la testa prima di essercela rotta, nel senso che riteniamo la battaglia politica ancora tutta aperta.

Limitarsi a dire che tanto l’esito sarà scontato e che Rifondazione sceglierà il centro-sinistra, porta all’immobilismo politico e al solito isolamento delle "forze rivoluzionarie".

Al contrario, a nostro parere, una battaglia limpida di posizioni che porti al pesante ridimensionamento dei DS e alla capacità della sinistra di porre, in termini di massa, un’alternativa politica e di programma, renderà possibile affrontare con mutati rapporti di forza la battaglia principale contro la vandea berlusconiana che si prepara a prendere il potere su contenuti clericali e visceralmente anticomunisti.

Affidiamo questo discorso alla solita bottiglia nella speranza che susciti qualche interesse verso quei compagni che lavorano per dare ai comunisti qualche solido punto di riferimento nell’agire quotidiano.

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