Bombe e democrazia
Lettera aperta al Manifesto e a Liberazione

"Un tiranno è caduto, vince la democrazia": il coro è unanime da destra a sinistra. A dieci anni da quel 1989-1991, che i lavoratori e i popoli non solo dei paesi dell’Est stanno soffrendo sulla propria pelle, si ripete un copione tristemente noto: quello di folle di borghesia bene e di lavoratori illusi e, nel caso jugoslavo, magari motivatamente stanchi ma anche strangolati economicamente e resi timorosi dalle minacce occidentali, che nei fatti si rendono eredi delle Vandee e delle Sante Fedi di sempre. Quelli che - aizzati da caporioni ispirati e pagati dall’estero (i finanziamenti all’opposizione jugoslava sono ufficiali e ne parla la stampa "indipendente", cioè di regime, quello occidentale) - abbattono i primi tentativi di costruire società più umane, pur con tutti i limiti, le carenze e da qualche decennio i processi involutivi e fenomeni di degrado anche grave: portato non sorprendente della precedente deriva revisionistica. Abbiamo sotto gli occhi la Russia, la Germania orientale, la Romania, la Croazia e così via... che importa ... è caduto un tiranno e c’è la democrazia: quale? Quella che carica i manifestanti a Praga e uccide i palestinesi a decine, con reazioni ben moderate persino del "Manifesto" e di "Liberazione", così arcigni, severi e copiosi di pagine invece a Belgrado? Perchè non aver pubblicato per intero il discorso del 2 ottobre di Milosevic alla televisione serba, sostanzialmente veridico sulle prospettive in caso di vittoria dell’opposizione?

Si accettano, è storia vecchia, i quadri di riferimento e i "valori" dell’imperialismo, a cominciare dalla indegna e incivile criminalizzazione di Milosevic. Vi sono dirigenti persino "comunisti" che si pronunciano in quei termini e si permettono di qualificare "non comunista" chi si oppone all’imperialismo - condizione forse non sufficiente, ma certo necessaria. Non si dice che la Jugoslavia attuale ha mantenuto fino ad oggi un valido stato sociale; che la Jugoslavia (quella pre 1991 come poi l’attuale) è stata aggredita e spezzettata per fortissimo impulso e sostegno dell’occidente, che ha imposto un rovesciamento della storia, del diritto internazionale e del concetto di autodeterminazione; che è Belgrado (cioè la Federazione), e non il contrario, ad essere stata aggredita in Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina sino al Kosovo; che essa è stata finora un punto di resistenza sociale e internazionale a fronte di chi si è lasciato integrare nel campo imperialistico. Non si grida a voce altissima contro la scandalo delle inaudite pressioni e ricatti occidentali sulle attuali elezioni, che già soltanto per questo si sarebbero dovute sospendere o annullare; che, chiunque sia Kostunica, il movimento attorno a lui porterà con ogni probabilità l’attuale Jugoslavia alla condizione servile e di miseria popolare degli altri paesi dell’Est (nessuno ha sottolineato i tratti ultraliberisti del programma dell’opposizione; nessuno dà peso al fatto che i nuovi dirigenti sono stati dissidenti nazionalisti e di destra persino rispetto al revisionismo titino). Non ci si ricorda che sotto il "tiranno" Milosevic diverse città sono state governate dall’opposizione e che le elezioni sono state numerose (perchi crede che questo sia un marchio di democrazia); che quello di Kostunica è tecnicamente un colpo di stato: è lui che ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale, non riconoscerne il verdetto senza neppure attendere la pubblicazione - autoproclamazione e proclamazione da parte dell’occidente - è il contrario della legalità e della democrazia: e non ci sembra rilevante che dopo il colpo di stato e la presa fattuale del potere la stessa Corte ha mutato la propria pronuncia. Il tempo dirà se una resistenza (ed energica prevenzione) da parte governativa sarebbe stata possibile o se invece un’abile e prudente decisione proprio da parte dei socialisti vincitori alle elezioni del Parlamento nonchè dell’esercito e con una tempestiva mediazione russa, con il formale riconoscimento successivo dell’autoproclamato neopresidente, abbia portato a una situazione di qualche difficoltà per gli aggressori occidentali e, chissà, per lo stesso Kostunica. Non possiamo dimenticarci che lo scenario dell’autoproclamazione come vincitore di Kostunica era noto sin da prima delle elezioni; che queste sarebbero state caratterizzate da brogli era stato gridato ai quattro venti dagli occidentali da settimane; che a quanto pare i democratici rivoltosi hanno distrutto schede elettorali, sì da rendere pressochè impossibile verificare i conclamati brogli o se invece vi sia stato un broglio dell’opposizione; e come poi Solana abbia rivelato ("Repubblica" del 30 settembre) che "il progetto politico con cui l’Unione Europea ha sostenuto in questi mesi l’opposizione serba è qualcosa di non casuale, di assolutamente pianificato e organizzato" e che "l’Europa non ha offerto soltanto aiuti economici all’opposizione serba". Tutto ciò sembra non avere alcun valore. Ma - si ripete - le elezioni sono state tenute fra manovre militari nei paesi circostanti, con flotte incrocianti davanti alle coste, danaro erogato a fiotti, le prospettive relative alla prosecuzione delle criminali sanzioni, le pressioni in Montenegro per non far votare, in Kosovo le difficoltà frapposte a formare seggi e le minacce contro gli albanesi intenzionati a votare: altro che "tiranno Milosevic", di fronte a questa violenza inaudita contro un paese già bombardato all’uranio per ottanta giorni.

E’ stata una gigantesca operazione di ricatto, che ha perpetuato quella della NATO e che certo ha piegato - e lo si può capire - molti elettori: checchè certa sinistra, che scambia la controrivoluzone per rivoluzione, si sforzi di sostenere, per una volta ha ragione Mussi ("Repubblica" del 6 ottobre) quando afferma che il risultato è stato conseguito "perchè c’è stato un intervento militare prima del voto popolare in Jugoslavia. E l’Italia vi ha partecipato sotto la salda direzione di un governo presieduto da... D’Alema". Qualche volta tocca preferire un voltagabbana alle sinistre che confondono le acque. Mussi, e altri con lui, sottolineano che l’aggressione NATO è stata solo proseguita dall’ingerenza sulle elezioni e che quindi la prima ha avuto un effetto "pedagogico". La folla dei rivoltosi ha realizzato "democraticamente" quel che voleva la NATO con le sue bombe "umanitarie e democratiche". Ma attendiamo gli sviluppi. E’ probabile che una "libertà" sia stata conquistata dai lavoratori jugoslavi, quella di vendersi (in ogni senso) senza alcuna garanzia, di farsi sfruttare senza limiti.

Ci vergognamo di essere costretti a ricordare queste "inezie" a chi, capovolgendo la realtà, si azzarda a cantare i trionfi della democrazia: si tratta del resto dei perseveranti ammiratori del "pizzettaro" Gorbaciov. Con tutti gli "errori", reali o immaginari, e con le cririche anche a volte fondate che si possono rivolgere a Milosevic e soprattutto a chi lo ha circondato nella gestione, oltre che ai cedimenti e compromessi a cui è stato costretto nel tempo, noi preferiamo chi ha detto no all’imperialismo rispetto a chi ha svenduto senza colpo ferire il proprio partito, lo stato - e si trattava dell’Unione Sovietica! - , tutti gli alleati e a chi, in Jugoslavia, verosimilmente inserirà il paese nel sistema imperialistico in ruolo subalterno.

Per questo, pur riconoscendo ai due quotidiani "comunisti" qualche accenno diverso qua e là e qualche informazione più precisa, non possiamo non deprecare il tono generale (con un’unica eccezione, quella di Fulvio Grimaldi testimone in loco) dei servizi sul dramma jugoslavo, coincidenti per quanto riguarda le valutazioni degli esiti con la stampa di regime, ed episodi particolari quali un maramaldesco articolo dello pseudonimo Sergio Sergi e la pubblicità dell’ARCI con la volgare intimazione contro Milosevic. Ci sembra anche grave (e negativamente significativo) il fatto che, nel dibattito tra Bertinotti e Veltroni alla festa di Liberazione, l’aggressione della NATO contro la Jugoslavia sia stata completamente dimenticata.

Ci dissociamo nettamente da queste posizioni.

Primi firmatari: Aldo Bernardini, Adolfo Amoroso, Elio Trocini, Stefano Mai, Tiziana Bonfili, Ingrid Sattel

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