Il caso coreano

E’ sintomatico che una certa sinistra "antagonista" e plurale ignori sistematicamente uno dei più importanti avvenimenti internazionali degli ultimi mesi e cioè l’avvio di una nuova fase nelle relazioni tra nord e sud della penisola coreana. Dobbiamo ricorrere a giornali come «Repubblica» per sapere che si è aperta la via del ricongiungimento tra le famiglie divise dalla guerra del ’50 o che si sta lavorando al raccordo tra le reti ferroviarie da Seul a Pyongyang. Il pregiudizio ideologico della sinistra italiana contro la RPDC arriva fino al punto di ignorare che esiste un "muro di Berlino" di 240 Km che divide le due Coree e che l’avvio di una prospettiva di riunificazione allontana scenari di guerra mondiale da uno dei punti più caldi del mondo.

Al contrario di questo tipo di sinistra, noi abbiamo sempre pensato che il movimento di solidarietà e antimperialista in Italia dovesse impegnarsi molto rispetto alla questione coreana, e non solo per l’appoggio ai progetti di unificazione, ma anche per l’importanza strategica di questa questione rispetto alla pace e agli equilibri internazionali.

Per questo motivo abbiamo dato vita al Comitato italiano per la Riunificazione e la Pace in Corea, in collaborazione con la Fondazione Pasti, abbiamo avviato scambi politici e viaggi di conoscenza e partecipato al lavoro del CILRECO, il Comitato internazionale di solidarietà che ha sede a Parigi.

Altra questione è ovviamente il discorso sulle posizioni politiche del Partito del Lavoro di Corea, sull’idea Juche e sui risultati dell’edificazione del socialismo che, a nostro parere, risentono fortemente degli avvenimenti storici del secolo scorso e del modo in cui si sono andate configurando questo tipo di esperienze. Come sempre però non vogliamo gettare il bambino con l’acqua sporca e quindi consideriamo con molto interesse la realtà coreana e gli sviluppi di questa area del mondo.

Premesso questo, dobbiamo domandarci come mai si è potuto determinare un capovolgimento di tendenze rispetto alla politica aggressiva dell’imperialismo USA e arrivare al punto che il presidente della Corea del Sud si recasse in visita a Pyongyang, contraddicendo la famigerata Legge di Sicurezza nazionale che vieta, pena la prigione, i contatti tra nord e sud. Qualcuno potrebbe avanzare l’ipotesi che ci troviamo di fronte a un’operazione tipo Germania unita, di sostanziale liquidazione dell’esperienza della RPDC. In realtà la situazione è ben diversa, almeno a considerare le spinte che hanno concorso a determinare la nuova situazione e vista l’ostilità con cui gli USA stanno registrando gli avvenimenti.

Due esempi sintomatici di questa ostilità sono il discorso fatto a Roma dal segretario di stato americano Albright a Lamberto Dini e la perquisizione corporale della delegazione nordcoreana fatta dai poliziotti USA in occasione dell’assemblea generale dell’ONU.

Se dunque c’è questa ostilità al processo di unificazione, perchè il dialogo Nord-Sud sta andando avanti?

Essenzialmente ci sono due ragioni, una interna e una internazionale, per spiegare il corso degli avvenimenti. La ragione interna è che la politica della RPDC è stata costantemente rivolta a definire un realistico progetto di unificazione, "uno stato e due governi", cogliendo la grande aspirazione all’unità del popolo coreano. Da questo punto di vista, ha fatto riscontro a Sud una lotta più che decennale contro la divisione e la politica dei governi reazionari, che non consente più all’attuale governo sudcoreano di essere un fantoccio degli USA e basta. Lo stesso presidente sudcoreano Kim Dae Jung ha sperimentato il carcere come sovversivo. Dunque c’è, alla base di questa novità, sia la politica della RPDC che la lotta del popolo coreano.

Oltre a questo c’è però anche un motivo geopolitico che dipende dalla particolare collocazione della penisola coreana, essendo essa confinante con la Cina e con la Russia. Produrre uno scontro armato per eliminare la RPDC vorrebbe dire portare la guerra ai confini con due grandi paesi e questo provocherebbe reazioni di grande portata che, per ora, non sono previste dagli USA.

Ci sembra che la politica accorta dei dirigenti della RPDC abbia saputo sfruttare questa congiuntura e aprire delle crepe in una situazione bloccata ed estremamente pericolosa, a tutto vantaggio della pace e del popolo coreano. Il che dimostra, agli scettici, che questo famigerato governo unipolare, seppure non è una tigre di carta, è pur sempre obbligato a tener conto delle spinte e della forza dei popoli e dei paesi che vi si oppongono.

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