Quello che la sinistra è oggi non basta più per la vittoria

Giulietto Chiesa

Liberazione, 1 dicembre 2007
Fonte: www.giuliettochiesa.it


So bene che quando si è in ritirata è difficile suscitare entusiasmi. Ma c'è modo e modo di affrontare una ritirata. Lo si può fare riunendo le forze e chiamando in soccorso alleati e amici. Forse verranno, forse non verranno, ma vale la pena di andare in quella direzione perché si calcola che la probabilità di incrociarli sarà maggiore. Oppure lo si può fare limitandosi a raggruppare le proprie forze, già provate, sperando nella fortuna, che difficilmente verrà. Peggio di tutto è se le truppe, sia quelle rimaste, sia quelle ancora lontane, forse amiche, vedono generali rissosi che danno ordini contradditori, e colonnelli verbosi che manco sanno dove si trovano e, addirittura, alcuni tra di loro, sono convinti di essere all'offensiva. Ecco, questo ritrattino "bellico" mi pare raffiguri abbastanza bene il modo in cui ci si appresta agli "stati generali" della "cosa rossa". Sembra si stia facendo di tutto per trasformarla in un disastro e mi chiedo se sia ancora possibile correggerla. Una mediazione faticosa tra vertici di partito che ancora pensano - e si sbagliano - di avere doveri (e soprattutto possibilità) di avanguardia da svolgere, convoca un incontro che rischia di essere tutto interno alle loro fila. La stessa composizione dei panel di discussione, non parliamo della sfilata dei "segretari", è un elenco burocratico di temi senza un filo conduttore. Si dovrebbe presentare al paese una visione alta, di alternativa di sistema, e invece appare una lista della spesa, dalla quale è perfino difficile enucleare le grandi questioni mondiali che ci troviamo di fronte. Sbalorditivo che, mentre è sotto gli occhi di tutti il disastro immane del sistema della comunicazione e dell'informazione (un disastro che è il nostro e non dell'avversario; un disastro dove la nostra egemonia culturale è stata liquidata in questi ultimi vent'anni, e sostituita dalla loro) non c'è un luogo previsto dove si possa discutere il "che fare" della sinistra. Per esempio una televisione libera come strumento di battaglia.

Scrivo con il condizionale, perché in realtà, a meno di una settimana dall'evento, ancora non si sa nemmeno come è stato costituito, come si svolgerà. Si capisce soltanto che lo si sta pensando come un qualcosa da tenere sotto controllo, rigidamente incanalato lungo binari che escludano sorprese. C'è addirittura, se non ho letto male, chi pretende di stabilire in anticipo le proporzioni dei "seggi", tra partiti e movimenti. Pura insipienza, per non dire di peggio, perché produrrà effetti devastanti. Molti dei possibili alleati non verranno. Altri verranno, forse, per contestare e non per costruire. Difficile dare loro torto in un contesto del genere. Io vedo - l'ho scritto sul Manifesto qualche tempo fa - una grande voragine divenuta visibile con la creazione del Partito Democratico (so bene che qualcuno mi dirà che la voragine c'era anche prima; lo so che c'era anche prima, ma adesso è divenuta clamorosamente visibile). Dentro quella voragine ci sono molte componenti. Solo una parte, inesorabilmente minoritaria, fa riferimento ai partiti di sinistra. Milioni di giovani, grazie all'idea devastante del "partito leggero", non ha mai visto da vicino un partito di sinistra. Una parte, maggioritaria, non è mai passata attraverso i partiti di sinistra, non li conosce e, quando li riconosce, non se ne fida. Vedi Beppe Grillo e i suoi. Una parte, di certo rilevante, si muove per conto proprio, e si organizza fuori dai partiti. E ha avuto a che fare, con delusione, con i partiti di sinistra (vedi No TAV, vedi No Dal Molin). Una parte, aggiungerei, ha perfino votato per il Partito Democratico, ma senza capire. Potrebbe pentirsene presto se a sinistra ci fosse una maniglia cui aggrapparsi. Ora io chiedo a tutti voi: vi pare che con questo modo di fare si possa convincere qualcuno, portarlo dalla nostra parte? Invece di aprirci alla società e di cercare la diversità, anche culturale (come fossimo convinti che il nostro apparato concettuale - quando ancora ve n'è uno - sia all'altezza dei compiti presenti e futuri, cosa che non è più) noi chiudiamo le porte, stabiliamo le quote, conserviamo le rendite di posizione, senza capire che questo è il modo non di salvare la tradizione e la storia ma di disperderle definitivamente. Non è questione di sciogliere i partiti. Non lo penso e non lo chiedo. Ciascuno si porti dietro la sua storia. Io anche lo farò. Ma costruire una nuova rappresentanza politica, unitaria davvero, del popolo della "voragine", si può farla. E sarebbe grande. Quello che bisogna capire, finalmente, è che quello che la sinistra è oggi non basta più per la vittoria.

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