A proposito di elezioni:
Cretinismo antiparlamentare

Abbiamo rovesciato l’espressione leniniana per affrontare, alla vigilia della prossima lunga tornata elettorale che si concluderà con le elezioni politiche, passando per le regionali e i referendum, una discussione politica, ed evitare conclusioni sbrigative del tipo: si vota Rifondazione perchè è il partito di opposizione; oppure: non si vota per rafforzare la disaffezione di massa al voto e perchè siamo tra l’incudine di D’Alema e il martello di Bertinotti.

E’ ovvio che per noi comunisti si tratta di recuperare innanzitutto una posizione di principio rispetto al voto e all’elettoralismo che impedisca le degenerazioni parlamentaristiche che vengono da lontano. Il movimento comunista e i settori di massa ad esso collegati debbono avere una consapevolezza precisa sul voto, definendo di volta in volta, in termini tattici, l’obiettivo che si vuole raggiungere.

Certamente in una fase di normalità la forza elettorale dei comunisti, sempre condizionata dagli strumenti dell’avversario, è un’indice di forza e di presenza politica, ma essa non può dilatarsi a dismisura nè può essere spesa in un quadro di rapporti istituzionali di schieramento. Tantomeno si può alimentare l’illusione che le elezioni siano gli strumenti principali per cambiare la situazione o affermare la democrazia.

Questo non significa però che la forza elettorale dei comunisti, come abbiamo detto pocanzi, non abbia un’importanza. La questione è che in Italia la situazione è molto più complessa, perchè votare la sinistra contro la destra significa sostenere D’Alema, cioè il fautore della guerra e della NATO, l’amico degli americani che elogia la GM che colonizza l’ltalia e così via. D’altronde votare il PRC è sì un voto, ora, di opposizione, ma congenitamente parlamentaristico e concepito, come si può constatare dalle liste regionali, in funzione dello schieramento istituzionale che va da Mastella a Castagnetti.

Quindi? Quindi votare l’Ulivo ci sembra assolutamente improponibile, mentre il voto a Rifondazione significa una delega alla sua natura elettoralistica e alla sua vocazione istituzionale. In mancanza di strumenti alternativi che abbiano un minimo di efficacia sta ai compagni decidere se vale o meno la pena di rafforzare il PRC.

Non si scandalizzino i compagni di questo, dal momento che si tratta non di un ragionamento strategico, ma legato alla fase politica. E’ un invito a votare Rifondazione? Nientaffatto: ci limitiamo a valutare le alternative. Tra queste c’è il non voto e probabilmente molti compagni seguiranno questa strada. Giudichiamo però questa scelta, per molti di noi inevitabile, non come un elemento di attacco politico ma di pura protesta che non impedirà gli esiti inevitabili di questa tornata elettorale. L’astensionismo, difatti, nella fase attuale è effetto di disillusione a sinistra, ma anche di un qualunquismo di ceti sociali non proletari macinati dalla crisi. Per cui enfatizzare il non voto senza aver costruito alternative vuol dire fare le mosche cocchiere di processi che non si possono controllare. Questo intendiamo quando definiamo certe posizioni politiche velleitarie "cretinismo antiparlamentare".

D’altronde ai compagni deve essere chiaro che, a meno di un miracolo, a breve entreranno in scena Berlusconi e i suoi alleati e questo porrà problemi nuovi e pesanti a tutti noi.

Sia chiaro, alle conseguenze della politica di D’Alema e allo sfaldamento dell’Ulivo non c’è rimedio, nè l’invocazione dell’unità a sinistra potrà portare chiarezza. Alla sciagurata politica di guerra e liberista di questo governo si può opporre solo la costruzione di una forza alternativa, ma questo non ci sembra all’orizzonte, per cui continuiamo ad arrampicarci sugli specchi, cercando di evitare il peggio.

Ritorna alla prima pagina