Le armi della dialettica
nella costruzione del partito

Cari compagni, vi spediamo, per la pubblicazione su Aginform, una nostra elaborazione su una questione che consideriamo di estrema attualità e che interessa direttamente il processo in corso, esterno e interno al PRC, per la ricostituzione del partito comunista in Italia. Desidereremmo che il titolo ‘Le armi della dialettica’, venisse mantenuto inalterato. Fraterni saluti

Ferdinando Dubla
Angiolo Gracci (‘Gracco’)


Cardine del marxismo-leninismo e della dialettica materialista è che la realtà è sempre più complessa delle rappresentazioni descrittive con cui ci si sforza di comprenderla. Ogni discorso sul partito comunista che esuli dal come oggi esso s’è andato strutturando e dal come si consegna alla coscienza delle masse, è esercizio di logica formale

Molte sono le lettere che riceviamo e che costantemente ci chiedono di risolvere la contraddizione del proclamarsi marxisti-leninisti e nello stesso tempo di aver scelto di militare, in questa fase storica, nel Partito della Rifondazione Comunista. Linea Rossa è infatti uno strumento di analisi, una testata on-line, una rivista che orgogliosamente si sottotitola di ‘lavoro politico marxista-leninista’, non è un partito, né aspira a diventarlo, pur se non è né vuole rimanere estranea alla riflessione collettiva dei comunisti sullo strumento e sulla forma organizzativa del partito comunista. D’altra parte, discende proprio da un giornale, ‘Il Partito’, che dal 1968 al 1973 costituì, fondatore Angiolo Gracci della frazione linea rossa del Partito Comunista d’Italia (m-l), uno dei momenti di riflessione-azione più importanti, in Italia, almeno nel movimento m-l, su questi temi.

Molti, troppi compagni, hanno l’abitudine di tagliare la realtà con l’accetta; molti, troppi compagni esibiscono analisi piene di assiomi, sillogismi, frasi apodittiche, inorgogliendosi della propria capacità di descrizione. Si illudono, così, di pagare con la sola coerenza teorica la propria incapacità di azione efficace, incisiva nei confronti della realtà sociale da trasformare. Ma in questo modo rimangono impigliati nella pura fenomenologia, facendo un passo indietro sostanziale rispetto alla tradizione comunista e alla sua fecondità creativa nella contemporaneità, tradizione che paradossalmente essi tendono ad invocare come intangibile ortodossia!

E’ necessario, allora, davvero rivendicare la formidabile arma che il marxismo e i suoi sviluppi rivoluzionari del Novecento, il leninismo e il maoismo (è questo che noi, insieme all’interpretazione e alla prassi riferite alla fase storica attuale, chiamiamo marxismo-leninismo) ci hanno consegnato, come comunisti e come avanguardie rivoluzionarie: la dialettica, la dialettica materialista, il materialismo storico e dialettico. Se volessimo condensare uno degli insegnamenti più proficui della straordinaria esperienza e riflessione di oltre un secolo e mezzo del socialismo scientifico, si potrebbe affermare: la realtà è sempre più complessa delle rappresentazioni descrittive con cui ci si sforza di comprenderla. E’ la critica marx-engelsiana all’idealismo filosofico di Hegel e ad un’intera tradizione astratta e speculativa; è la critica di Lenin al materialismo volgare e all’empirismo; è la critica di Mao a espellere la contraddizione dall’analisi e dalla prassi rivoluzionarie.

Nelle conventicole estremiste della sinistra di classe autoproclamantesi marxiste-leniniste, molti continuano a confondere la logica formale con la logica dialettica. A descrivere la realtà, appunto, con sillogismi, assiomi, giudizi apodittici, regole dell’implicazione, fornendo a se stessi una fenomenologia dell’esistente che poi si scontra con quella realtà, dura e complessa ma non per questo insuperabile, in cui sono articolate la società capitalista, il dominio imperialista, la perdurante dittatura delle classi dominanti borghesi. E’ la logica dialettica che, nella descrizione e interpretazione della realtà in perenne processo di trasformazione, include le sue contraddizioni, di cui è l’appropriato strumento di svelamento.

Che senso ha, allora, scrivere che ‘bisogna opporsi alla ristrutturazione autoritaria del capitalismo’, oppure ‘appoggiare la resistenza delle masse popolari al procedere della crisi del capitale’, o ancora ‘trasformare la mobilitazione reazionaria con la mobilitazione rivoluzionaria con la guida della classe operaia’, ecc..? Sono affermazioni false? No, certo; ma perché non sono né vere né false in quanto, non potendo essere verificate nella realtà, sono destinate a proclamare mere, astratte identità o, compiti per quanto nobili, testimoniano solo una idealistica volontà di impegno o, semplicemente, rievocano una memoria storica. Una petizione di principio, insomma.

Hegel, nella Scienza della logica, identifica il nulla come opposto all’essere; ma essendo un opposto di qualcosa, è determinato anch’esso; di qui lo sviluppo del divenire. Viene alla mente la celebre prova ontologica di Anselmo d’Aosta: provo l’esistenza di Dio con il solo fatto che non posso non pensarla. Al che il monaco Gaunilone oppose che pur immaginando l’esistenza dell’isola felice essa non esisteva in re. Né immaginando di avere tanti quattrini in tasca, questi si posizionano nelle nostre tasche. La logica formale, rende la contraddizione una pura operazione intellettuale, sfuggendo poi la contraddizione della realtà.

Tornando dal cielo empireo della filosofia alle questioni della nostra realtà, i processi di americanizzazione in corso nel nostro paese, a cosa aspirano se non a rendere la prassi comunista inoffensiva e testimoniale? A quale disegno anela l’americanismo senza fordismo dei giorni nostri? A frantumare la classe antagonista, a renderla servile ai voleri del padrone nei luoghi di lavoro e nella società competitiva. La frantumazione dei comunisti in tante sette che si proclamano partito, oltre a essere un tragico e ridicolo insieme deja vu, è perfettamente in linea con i disegni del capitale.

Ecco perché noi oggi affermiamo che ogni discorso sul partito comunista che esuli da come oggi esso va strutturandosi e dal come maturi nella coscienza delle masse, è esercizio di logica formale. Perchè non voler capire che la realtà non la sceglie la nostra testa, ma che, invece, è la nostra testa che deve riuscire a comprenderla nelle sue contraddizioni e nei suoi processi? Se il Partito della Rifondazione Comunista non corrisponde ai lineamenti di partito che sono nella testa dei marxisti-leninisti, significa che nella coscienza delle masse esso non è, oggi, la trincea più avanzata di idealità e prassi comuniste? O è quest’ultimo un dato da cui partire? E se non parto da questo dato, non rischio un’operazione solo astrattamente ideologica (nel senso dato da Marx ed Engels nell’Ideologia Tedesca) e dunque sterile e insussistente? Non incorro in quello che Lenin ha definito ‘infantilismo’? E se tutto ciò non è vero, come possiamo rivendicare maoisticamente la verifica della teoria nella realtà?

Sono ancora molti, troppi che giocano e si trastullano sul tema del partito. Vale la pena riflettere storicamente ancora su Gramsci e Secchia (troverete ampio materiale su ciò nel nostro sito http://www.planio.it/linearossa ) e porsi i giusti interrogativi sull’oggi (come fanno, sul nr.15 (aprile-maggio 2000 http://www.planio.it/linearossa/somm.htm ) di Linea Rossa, due giovani comunisti, Ludovico e Meloni, sebbene da due angolazioni diverse). E’ verissimo quello che Lenin asseriva riguardo la necessità, ad un certo punto della storia, di delimitarsi definendoci come comunisti, ma per agire in qualità di avanguardie riconosciute dalle masse. E’ quello che Mao poi condensò nel concetto di ‘linea di massa’. E’ verissimo che ‘senza teoria rivoluzionaria non c’è prassi rivoluzionaria’, ma la teoria non deve sostituirsi alla pratica come una sorta di fenomenologia trascendente. ‘Una corretta teoria è propedeutica ad una linea politica giusta’. Altra frase assiomatica: qual è nella realtà la linea ‘giusta’ che discende dalla teoria ‘corretta’? Per sfuggire all’eclettismo (male endemico conseguenza del revisionismo moderno), si precipita nell’idealismo. Ma caratteristica dell’estremismo catechistico di ogni tempo è proprio l’idealismo, anche quando lo si critica credendo di usare categorie marxiste.

In quanto a Rifondazione, i lavori dell’ultimo CPN (6/7 maggio), consegnano interrogativi non da poco. Alle sollecitazioni di Pintor (Una costituente, ‘La rivista del Manifesto’, nr.5, maggio), di avviare una fase costituente di una ‘Cosa’ della sinistra alternativa e antagonista, ha risposto fondamentalmente la poca chiarezza degli obiettivi che il PRC deve porsi in questa fase. Noi crediamo, infatti, dialetticamente, che se si vuole aprire il partito, esso deve essere ben radicato come partito popolare. La qual cosa Rifondazione attualmente non è. Il rifiuto dell’apertura (che non è diluizione della progettualità rifondativa in una nuova e ancora più ambigua riproposizione di idealistiche più ampie unità) è errato. Ma è anche errato aprire a ciò che ancora non ha la possibilità di dispiegarsi. Continuiamo a credere che priorità dei comunisti organizzati è quella della formazione dei quadri. Quadri che si temprano teoricamente e nell’azione pratica, nella costante e diffusa lotta di classe. Altrimenti le categorie utilizzate da Bertinotti per dare corpo allo sviluppo di un funzionale ragionamento politico sono destinate a rivelarsi, anch’esse, semplici categorie astratte velleitariamente protese a mantenere nascosta una diversa, deludente realtà. (1)

Per approfondire i temi discussi in quest’articolo:
Marx-Engels: L’Ideologia Tedesca [1845]
Marx: Glosse a Feuerbach [1845]
Lenin: A proposito della dialettica [1915]
Mao: Sulla pratica [1937]
Mao: Sulla contraddizione [1937]


(1) La ‘sinistra plurale’ è o no il governo delle sinistre? La sinistra ‘alternativa, antagonista’ ha più o meno bisogno di un forte e radicato partito comunista? Questo radicamento popolare e di massa è possibile senza la formazione dei quadri? Il modello organizzativo del partito ‘morandiano’ è giacobino, non leninista. Certo, meglio del modello lobbistico attualmente vigente nel PRC, ma quali esiti può dare il giacobinismo organizzativo? Forum e ‘consulte’ a cosa mirano? Alla diluizione di Rifondazione in una formazione politica alla ‘Izquierda’? Se così non è, cos’è l’evento? Una politica di alleanze ha bisogno che chi l’ avvia abbia precisi e ben chiari gli obiettivi strategici e, innanzitutto, l’avvenuta, attesa ricostituzione del partito comunista. Abbiamo l’impressione che il PRC abbia abbassato l’obiettivo strategico del socialismo ad un più generico ‘superamento del capitalismo’ sine die. Serve questo per costruire un ‘blocco storico-sociale’ più ampio? O per non discutere, come pure si era promesso di fare al III Congresso, del socialismo, dei suoi caratteri futuri, del bilancio dell’esperienza attuata sinora? E se fossimo chiamati a diventare i soggetti promotori di una più larga sinistra antagonista (l’ipotesi Izquierda), significa questo che dobbiamo stemperare ancora il nostro obiettivo strategico?, ma questo, per i comunisti non può che essere il comunismo.

Ferdinando Dubla
Angiolo Gracci (‘Gracco’)

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