Dopo Firenze

Abbiamo sempre ritenuto e anche scritto più volte che la strada per uscire da logiche minoritarie e aprire una fase nuova di crescita delle posizioni comuniste fosse difficile e in salita, ma francamente un risultato negativo come quello del 3 marzo non ce lo aspettavamo. Ingenui e\o sprovveduti? Diciamo pure che una cattiva gestione dell’incontro di Firenze ha avuto il suo peso, ma riteniamo che l’elemento o gli elementi caratterizzanti non erano certamente di natura gestionale, ma d’altro tipo e dobbiamo necessariamente analizzarli per superare quella sensazione di frustrazione e di impotenza che ha investito i partecipanti.

Qual’era la proposta? ln sostanza, a Firenze, abbiamo avanzato, come risulta dall’ordine del giorno, l’idea che fosse necessario passare dai discorsi unitari alla fase concreta della collaborazione, definendo il terreno di lavoro e gli strumenti. E a questo proposito si è indicato un programma che conteneva tre punti: l’ipotesi di una rivista trimestrale di area e punti concreti di collaborazione sulla lotta antimperialista e sulla iniziativa operaia e sociale. Per noi questo programma non era acqua calda, ma la base minima e necessaria per verificare la capacità unitaria e dotarci di strumenti di lavoro collettivi. Certamente, definiti in questo modo, gli obiettivi potevano apparire ovvi e poco qualificanti per un progetto di crescita comunista. Ma, proprio per evitare la genericità dell’impostazione, queste tre proposte erano inserite in un processo di verifica dei contenuti e di apertura di dibattito tra i compagni e da questa verifica sarebbe scaturita la possibilità di procedere oltre. Era stato anche chiarito più volte che il successo di questa impostazione dipendeva essenzialmente dal superamento di logiche gruppettare e autorefenziali e da una presa di coscienza delle questioni reali che andavano affrontate in termini politici e di analisi (vera) della fase.

Una serie di compagni e di compagne, presenti a Firenze, erano appunto venuti per verificare come, dopo il dibattito di questi mesi, si potesse passare dalle parole ai fatti. Purtroppo ciò non è stato possibile perchè all’incontro erano presenti numerosi esponenti di gruppi e gruppetti, sempre formato francobollo, che hanno recitato la solita farsa del definirsi come fronte per la ricostituzione del partito comunista sorvolando sui percorsi e i problemi politici da affrontare.

Che nel corso del nostro lavoro politico fosse previsto un incontro con questi compagni era inevitabile e da parte nostra non vi era pregiudizio aprioristico, ma quello che rifiutiamo è che questo incontro avvenga sul terreno della liturgia gruppettara e al di fuori di riferimenti e bilanci reali.

Di fronte, invece, al prevalere di questa impostazione i compagni e le compagne che si aspettano un passaggio politico serio dopo Torino si sono ritirati in buon ordine ritenendo che sotto il cielo non ci fosse niente di nuovo rispetto al deja vu. La presidenza ha fatto il resto.

E allora? Qual’è la conclusione che possiamo trarre dai fatti? Innanzitutto c’è un chiarimento da fare con la redazione di Nuova Unità sulle prospettive, come risulta dalla lettera che abbiamo inviato subito dopo Firenze e rispetto alla quale abbiamo già alcune nsposte che pubblichiamo assieme a lettere di commento di altri compagni. Questo chiarimento è importante, perché con Nuova Unità abbiamo costruito le scadenze di Torino e Firenze e quindi è un chiarimento rispetto alla continuità del progetto.

Le considerazioni principali che intendiamo fare ora riguardano però la lezione che abbiamo tratto, noi di Aginform dall’esperienza di Firenze e che sommariamente riassumiamo:

1. Eravamo consapevoli che fosse necessario portare a fondo lo scontro con posizioni che pretendono di risolvere la questione della creazione di un vero partito comunista al di fuori dei processi politici reali e senza la capacità di capire i contenuti strategici del percorso che si intende fare. Dopo Firenze abbiamo rafforzato questa convinzione, che non ha però nulla a che vedere con lo scontro tra gruppi. A noi questo scontro non interessa. Ciò che ci interessa è fare i conti con la banale convinzione che basta dichiararsi fedeli al "marxismo leninismo" per fondare un partito comunista. Chi si attarda su questo modo di intendere le cose può dar vita al più ad un gruppetto senza peso nè storia.

2. L’aspirazione di diversi compagni di uscire dallo stallo e dare corpo ad una esigenza di espressione politica comunista non è capace ancora di darsi una fisionomia che regga all’urto dell’esistente ed ha bisogno di consolidarsi per superare le difficoltà di cui Firenze è stato un sintomo evidente.

3. Nell’immediato futuro bisognerà andare alla verifica della consistenza di una tendenza alla ricerca di un nuovo livello di presenza e di iniziativa dei comunisti di cui Aginform ha cercato di dare espressione, sia pur parziale, per verificare a che livello questa presenza si può attestare.

In questo contesto di difficoltà e nonostante le delusioni abbiamo però colto una realtà che sicuramente non può essere da sola la base di un progetto, ma che ci fa sperare che il discorso non finisca tanto presto. Questa realtà si chiama rifiuto di chiudersi in antichi schematismi e, nel contempo, di accettare l’esistente come l’unica possibilità. A questa esigenza Aginform continuerà a dare espressione.

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