Obiettivi strategici
e lotta politica in Italia

Il rischio che si corre oggi è che si produca una scissione tra la necessità di mantenere una visione strategica chiara nell’impegno dei comunisti e le vicende politiche italiane. Il rischio è tanto più grande dal momento che la sinistra movimentista non è in grado di cogliere gli elementi di fondo del conflitto e, sopratutto, di impegnarsi in una lotta coerente sull’asse strategico su cui si muovono le forze imperialiste e i ceti dominanti.

Lo si è visto con la guerra irachena. Passato il momento delle grandi mobilitazioni di massa, la sinistra movimentista, con il PRC in testa, non ha saputo e voluto ricostruire una continuità necessaria di scontro non solo sulle questioni vitali delle basi americane in Italia, ma anche sulla gravissima decisione di Berlusconi di inviare truppe italiane in Iraq. Non si tratta ovviamente di ‘dimenticanze’ bensì di un dato connaturato alla natura politica delle forze che a sinistra concepiscono l’impegno di lotta in maniera testimoniale. Passato il momento della protesta, con la vittoria americana, si cambia musica e argomento. Certo, di guerra si continua a parlare, se non altro perchè sono i combattenti in Iraq a ricordarcelo, ma i fatti appaiono o sono presentati come conseguenza di una scelta sbagliata, più che una importante punto di riferimento su cui saldare la nostra iniziativa. Eppure su questo aspetto della questione bisogna non solo insistere, ma anche calibrare l’orientamento dei comunisti e della loro azione politica di massa. Difatti, per quanto la sinistra ‘paesana’ si sforzi di ridurre la lotta politica a fattore ‘nazionale’, la dinamica innescata dall’iniziativa imperialista americana impone di ragionare in termini globali per riferire ai fattori essenziali l’azione che ciascuna organizzazione conduce anche in sede locale. La questione e la domanda, conseguenziale, che si pone è abbastanza chiara: qual’è il centro dello scontro da cui dipendono le sorti delle forze in campo, dello schieramento imperialista e di chi vi si oppone?

E’ indubbio che la modifica dei rapporti di forza potrà avvenire solo e quando entrerà in crisi l’iniziativa militare statunitense e ciò può avvenire solo laddove l’iniziativa armata dei popoli coinvolti nella guerra raggiunga un’efficacia strategica. Afghanistan, Iraq e Palestina sono quindi i punti in cui si misura la tenuta militare, e anche politica, dell’imperialismo. La sinistra ‘occidentale’ che è scesa in piazza perfino sulla questione iraniana, stenta a trovare un suo chiaro orientamento e riporta a fattore nazionale il contenuto dello scontro politico. Tutto ciò facilita le ricomposizioni, seppure temporanee, tra forze imperialiste secondo quella logica che viene indicata dalla nota scritta su questa pagina dal compagno Amata.

In estrema sintesi il nodo centrale del dibattito e dell’iniziativa tra le forze comuniste e nel più ampio schieramento antimperialista deve essere rappresentato dalla battaglia contro l’offensiva imperialista e i suoi effetti collaterali di spartizione della torta tra i predoni che fanno capo all’alleanza militare della NATO. In questo contesto, per noi in Italia il punto di riferimento della partecipazione alla lotta comune deve essere la questione dei militari all’estero, a partire dall’Iraq, e la questione della basi di aggressione sul nostro territorio. I ritardi, voluti, in questo impegno sono frutto di considerazioni opportuniste, o meglio di opportunità, per mantenere rapporti a sinistra che altrimenti diventerebbero problematici. Accettare però il ricatto della sinistra imperialista italiana sulla questione della guerra e della presenza imperialista nei vari scacchieri dove si combatte vuol dire ritagliarsi uno spazio nel ventre caldo delle forze espansioniste occidentali, anche se esiste il tentativo di dare una dimensione umanitaria e democratica alle guerre. Nella sostanza il dfiscorso contro la guerra perde di efficacia se non diventa obiettivo concreto contro le scelte militari. Questa impostazione non ha nulla di ideologico e non può essere confusa con la retorica antimperialista di stampo gruppettaro che si dimostra incapace, peraltro, di trasformare in coscienza di massa i veri obiettivi per cui è necessario battersi oggi.

Ma allora, in questo contesto la questione nazionale, cioè lo scontro politico in Italia come va posto? Non si rischia di sottovalutare la lotta contro Berlusconi? A nostro parere, la lotta contro il governo Berlusconi riveste un ruolo importantissimo, non solo per la situazione italiana, ma ha anche un rilevanza internazionale, dal momento che esso è un puntello essenziale della strategia americana e un cuneo per far passare questa strategia in Europa. Rovesciare questo governo è una necessità della stessa lotta antimperialista a livello mondiale. A condizione però che la si imposti in modo corretto. La lotta contro Berlusconi, questo governo reazionario a tinte fasciste, ha varie angolazioni. Esiste in primo luogo un fronte articolato che si oppone alla politica devastatrice nei vari ambiti della vita nazionale, dall’informazione alla magistratura, dalla demolizione di certe istituzioni storicamente consolidate alla enfatizzazzione delle richieste confindustriali. Tutte queste esigenze di resistenza al berlusconismo hanno una loro importanza e vanno comprese in una strategia unitaria che sappia consolidare un largo fronte democratico di resistenza. L’opportunismo della sinistra nostrana è però orientato a mettere al centro dello scontro con Berlusconi le questioni che la società civile di orientamento democratico ha posto nel corso di questi mesi, trascurando il dato essenziale del ruolo guerranfondaio del suo agire a fianco degli americani. Così facendo si corre il rischio che, battuto il berlusconismo, ci ritroviamo in quella variante rutelliana e dalemiana che esprime la sinistra imperialista italiana. La questione dunque è di porre con chiarezza al centro della lotta a Berlusconi la questione della guerra e del ruolo dell’Italia in Europa e nel mondo, rendendo effettivo l’art.11 della Costituzione e facendo capire, a sinistra, che nessuna unità può essere realizzata senza affrontare il nodo della guerra.

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