Conflitto sociale e lotta politica:
un dibattito necessario

Da quando Nanni Moretti ha lanciato il suo anatema contro i leader dell’Ulivo, di acqua ne è passata molta sotto i ponti. Nonostante la durezza del blocco reazionario, fondata su una solida maggioranza parlamentare, sul controllo dei mass-media e sulle connivenze dei poteri forti, la risposta che è venuta da ampi strati della società civile e dei lavoratori ha incrinato la gestione autoritaria del governo Berlusconi. Il grido di dolore del regista è stato ripreso e amplificato, inserendosi potentemente nelle contraddizioni e negli insuccessi di questo governo ‘forte’.

Nonostante che tutto ciò sia evidente e renda ottimisti sul futuro dello scontro, la confusione, nei ranghi dell’opposizione, regna sovrana. Ovvero, mentre cresce la certezza di un crollo elettorale di Berlusconi, ridotto a svolgere il ruolo di un caudillo sudamericano al tramonto, si intensifica la conflittualità tra quelle forze che dovrebbero costituire l’alternativa a Berlusconi. A scatenare la rissa è stata la provocazione della costituzione del cosidetto triciclo, che ha tentato la fuga presentandosi come sintesi e punto di riferimento dell’opposizione. Una pretesa non solo immotivata, ma anche foriera di una nuova disgregazione a sinistra, dal momento che una buona fetta di elettorato antiberlusconiano non accetta di mettersi sotto le ali liberaldemocratiche di Fassino, Rutelli e soci.

Il paradosso di questa vicenda è che coloro che dovrebbero rappresentare la sinistra dentro l’ulivo sono stati al gioco, facendo credere che la presentazione di liste alternative al triciclo fosse sufficiente a neutralizzare l’operazione lista unica. In realtà si è trattato di una sorta di gioco delle parti, in cui i titolari della lista unica hanno riconosciuto ai dissidenti l’onore di presentarsi da soli, mentre nel paese marciava l’operazione di Fassino, Boselli e Rutelli tesa a far credere che l’ulivo, alias l’opposizione, fosse il triciclo.

A rompere le uova nel paniere è stato solo il binomio Di Pietro-Occhetto che ha posto il problema dell’ulivo come sintesi di tutta l’opposizione a Berlusconi e non come formazione politica liberaldemocratica.

In questo contesto, anche il PRC ha brillato per la sua ambiguità, dal momento che, essendo fuori dell’ulivo, non aveva l’obbligo di pronunciarsi sulla lista unica. Ma come si può furbescamente evitare di pronunciarsi sulle caratteristiche dell’ulivo se poi si parla di unità di tutta l’opposizione antiberlusconiana? Conoscendo la spregiudicatezza e l’opportunismo bertinottiani, c’è da credere che il leader del PRC si riservi, a giochi fatti, una trattativa tra liberaldemocratici e partito della rifondazione. Anche in questo caso, come per il triciclo, si commetterebbe un errore pensando che il PRC possa rappresentare quella sinistra dei valori che si oppone alle ipotesi liberaldemocratiche. Attualmente Bertinotti rappresenta solo poco più della metà del suo partito.

Considerando quindi che sulla pelle di milioni di lavoratori, di democratici, di gente che ha capito il pericolo Berlusconi, si sta cinicamente giocando una grossa partita, è necessario che si evitino battaglie di tipo aventiniano e astensionistiche. La vera battaglia da condurre è che il movimento antiberlusconiano si attrezzi per imporre un programma di alternativa al governo che sia la sintesi delle grosse questioni che sono state alla base dei grandi movimenti di questi ultimi due anni, la pace e il ritiro delle truppe dai teatri di guerra, la difesa della Costituzione e dell’informazione libera, della scuola laica e democratica, i diritti dei lavoratori e la difesa dei salari e dello stato sociale.

Da queste questioni non possiamo chiamarci fuori sul terreno direttamente politico ed elettorale, illudendoci che il momento della protesta possa esaurire l’impegno di classe. Decenni di movimentismo, accompagnati da svolte opportuniste, hanno prodotto un’anchilosi alle capacità di comprensione del rapporto che esiste tra obiettivi di lotta e passaggi politici. La questione di Berlusconi e di come combatterlo ci ripropone ora il dibattito su come agire su questo terreno.

Si tratta di riprendere a discutere su come coniugare lo scontro sociale con quello politico. E in questa fase ciò significa legare la lotta contro Berlusconi alla capacità di impedire che i liberaldemocratici si approprino della spinta che viene dal paese o che qualche ‘cespuglio’ voglia, con logica di bottega, guadagnare qualche risultato per contrattarlo con il triciclo.

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