La Conferenza Internazionale a Cuba
sulle Basi Militari Straniere

Editoriale di «Agenzia di Informazione» n.7- 1996

Si e' svolta all’Avana, dal 28 al 30 novembre scorso, la Conferenza internazionale sulle basi militari straniere con la partecipazione di delegazioni di 34 paesi, organizzata dal Movimento cubano per la pace e la sovranita' dei popoli. Come gia' avevamo informato i nostri lettori, la Conferenza ha avuto tra i suoi copromotori la Fondazione Nino Pasti.

Erano presenti praticamente tutti i paesi interessati alla lotta contro le basi militari all’estero e che comunque sono costretti a fare i conti con la presenza di tali basi. Cuba, Panama, Corea del Sud, Turchia, Italia, Cipro, Irlanda, Spagna, Portogallo, Libia, Cina, Portorico ecc.

Riportiamo in allegato la Dichiarazione conclusiva della conferenza che da sola e' in grado di illustrare i contenuti della discussione e gli impegni che da questa discussione sono scaturiti.

Da parte nostra, desideriamo aggiungere alcune considerazioni per i compagni italiani e piu' in generale sulla situazione determinata dalla presenza delle basi straniere nel mondo, in questa particolare congiuntura storica caratterizzata dal dominio imperialista degli USA e dei loro alleati.

In primo luogo, ci sembra che il nodo delle basi militari all’estero sia diventata la questione centrale della lotta all’imperialismo oggi. Quando si parla di basi militari, si deve intendere non solo le postazioni fisse dell’imperialiasmo USA nel mondo, ma quel complesso di basi logistiche che determinano il pronto intervento in tutte le aree di crisi.

Dopo il crollo dell’ URSS, la guerra del Golfo e l’intervento NATO nell’ex Jugoslavia, ci siamo abituati ad uno scenario alcuni anni fa impensabile. E’ diventato naturale, con o senza l’assenso formale dell’ONU, che la truppe americane e NATO siano autorizzate ad intervenire in ogni dove contro paesi e popolazioni che non accettano di piegarsi all’imperialismo USA o che, per la politica che praticano, sfuggono al loro controllo.

Rafforzamento delle basi militari esistenti, costruzione di forze congiunte di pronto intervento, manovre militari a largo raggio contro i paesi considerati "terroristi" si aggiungono agli embarghi e fanno dell’attuale dispositivo militare USA e occidentale una morsa che si stringe contro ogni movimento di indipendenza e di trasformazione sociale antimperialista e anticapitalista.

Da Cuba e' partito un messaggio molto chiaro in proposito: affrontare la questione delle basi militari, sviluppando un grande movimento internazionale di massa che riproponga l’obiettivo della indipendenza nazionale e della sovranita' dei popoli individuando nelle basi e nella presenza militare straniera un punto concreto di lotta e di scontro.

Dopo la Conferenza dell’ Avana, bisognera' dunque discutere, nelle varie regioni del mondo, come organizzarsi e affrontare concretamente lo scontro, utilizzando tutte le forze disponibili.

In questo contesto l’Italia ha un ruolo importante da giocare. Il nostro paese e' di fatto una colonia militare degli USA e svolge un compito di primaria importanza nella strategia militare USA, sia ad Est che a Sud: Aviano e Sigonella in particolare, ma anche le Puglie, la Sardegna, Napoli, la Toscana, tutte regioni che da tempi antichi o recenti sono diventate altrettante basi d’appoggio dell’aggressione militare americana.

Con una sorta di "provincialismo" politico (ma che spesso e' opportunismo) lo scontro politico interno non sfiora neppure la questione delle basi americane e NATO in Italia. I "nazionalisti" alla Fini, gli indipendentisti alla Bossi, si guardano bene dal mettere in discussione l’esistenza delle basi straniere, il che la dice lunga sulla natura di queste forze. Ma anche la sinistra, quella di governo e quella di lotta e di governo, non accenna minimamente alla questione NATO e all’uso delle basi militari sul nostro territorio nazionale.

I governi e le forze politiche sono "abilitate" a discutere di leggi finanziarie ma, data la "sovranita' limitata" di cui gode l’Italia, non possono certamente sfiorare questioni di politica estera o addirittura mettere in discussione le scelte militari americane.

Dunque e' meglio parlare di Di Pietro o di riforme istituzionali che chiarire il senso dell’intervento nell’ex Jugoslavia o della costruzione della forza di pronto intervento nel Mediterraneo o dell’allargamento della NATO ad Est.

Per queste ragioni, dopo la Conferenza dell’Avana, c’e' bisogno di riprendere il lavoro di orientamento e di informazione e soprattutto di mobilitazione. La lotta contro le basi militari diventa un punto essenziale per la pace e la sovranita' dei popoli, a partire da quello italiano.

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