Giocare al sindacalismo non paga

La vicenda Alitalia, come tutte le situazioni dove si è determinato in Italia uno scontro duro tra padroni e lavoratori, dimostra la sostanziale impreparazione con cui questi ultimi affrontano la lotta. L'esito quindi è quasi sempre scontato. In verità un'eccezione c'è stata, quella della FIAT di Melfi, dove una lotta dura e totale, on metodi non certamente sindacalesi, ha fatto fare retromarcia all'azienda. In generale però l'effetto combinato tra il ruolo di servi del sistema dei confederali e la mancanza di organizzazione e di preparazione ha determinato la sconfitta.

Certamente la questione non può essere liquidata in modo semplicistico. L'ondata lunga della controrivoluzione mondiale e della trasformazione delle organizzazioni storiche sindacali e politiche ha giocato un ruolo decisivo.

Per chi avesse voluto risalire la china c'erano due strade da percorrere. Una, tutta istituzionale, consistente nel rompere il monopolio sindacale confederale e riaffermare il diritto alla democrazia nei posti di lavoro e l'altra di tattica, cioè di metodi di lotta da elaborare per far fronte al durissimo attacco padronale fatto di cassa integrazione, precariato, decentramento produttivo, internazionalizzazione della produzione, licenziamenti, lavoro nero ecc.

Sul primo punto, la rottura del monopolio confederale della rappresentanza, si sono aperti dei varchi con la nascita di strutture sindacali di base. E' stato un risultato importante, ma con due grossi limiti, uno sociale e l'altro di direzione politica. Il limite sociale sta nel fatto che il sindacalismo di base si è sviluppato nei settori del pubblico impiego e dei servizi dove il grado di tolleranza 'padronale' ha consentito libertà di movimento legata anche alla tutela giuridica della rappresentanza e quindi ne ha determinato anche un certo sviluppo. Nel settore duro della fabbrica, del precariato, del lavoro nero, non si è riusciti a costruire una linea di resistenza valida. Non era solo più difficile. L'insuccesso è legato anche al limite politico del sindacalismo di base. Essendo espressione del ceto politico espresso dalla sinistra 'alternativa' non poteva porsi in modo diverso. E' nato cosi il neosindacalismo del pubblico impiego e dei servizi, con diritto di mugugno e mediazioni sindacalesi marginali. Ci sono stati, è vero, anche degli ibridi come i Cobas della scuola, ma questa eccezione conferma la regola che siamo fuori del terreno vero posto dallo scontro di classe.

Dopo questa premessa, che per noi è anche apertura di un dibattito sulla questione sindacale oggi, ritorniamo alla vicenda Alitalia, da cui siamo partiti, ma che è tutta interna alle considerazioni in premessa. Dopo il fallimento della trattativa con AirFrance, l'unica a onor del vero che dava una prospettiva industriale al trasporto aereo italiano, anche con tagli sostanziosi, e nel corso della quale non si è capito che cosa i dipendenti Alitalia esprimessero, salvo i piloti schierati con Berlusconi e i confederali a fare da guastafeste per questioni di prestigio e accordi sottobanco, è ricominciata la telenovela. Che la proposta di Berlusconi fosse un bluff e una truffa era evidente fin dall'inizio. Un bluff perchè la compagnia 'di bandiera' non è in realtà che una minicompagnia subalterna alle grosse compagnie internazionali. La truffa, come da più parti è stato denunciato, consisteva nello scaricare tutti i debiti allo Stato e dare ai furbetti della cordata ampie garanzie sui mininvestimenti effettuati.

Nonostante questo quadro, chiaro fin dall'inizio, i nove sindacati Alitalia si sono presentati al tavolo delle 'trattative'. Per trattare che cosa? I confederali erano certamente a conoscenza dei progetti della nuova compagnia e sicuramente pronti a fare 'sacrifici' per salvare gli interessi della CAI individuati come interesse dei lavoratori. E il sindacalismo di base che cosa doveva verificare nelle trattative? Il parallelo con la sinistra 'radicale' al governo viene spontaneo.

Continuare a fingere alla lunga non paga, come le elezioni del 13 aprile dimostrano. E come in occasione del 13 aprile dobbiamo fare i conti con questo 'neosindacalismo'.

Erregi

15 settembre 2008


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