il vero significato della crisi del PD

Non è detto che il malato superi la nottata, cioè che il Partito Democratico rimanga in vita e non imploda. I sintomi di una crisi irreversibile ci sono tutti. Si tratta di un partito senza una vera leadership, che non riesce a contenere la guerra per bande dei gruppi interni, l'offensiva dei magistrati e la mancanza di un progetto.

Non consideriamo certo il PD un partito della 'sinistra', per cui non siamo in ansia per la sua sorte nè ci aspettiamo rinascite di qualsiasi tipo che possano rappresentare qualcosa di buono. Il PD è un coacervo di trasformismo e di sostanziale corruttela che occupa uno spazio storico di grande rilevanza, ma che si va ormai disgregando. Cosa prenderà il suo posto? Le elezioni abruzzesi stanno a dimostrare che la dialettica a sinistra non funziona, nel senso che le perdite del PD non vanno a finire in contenitori più a sinistra. Difatti, i vari rottami della sinistra 'radicale' hanno dimezzato i voti rispetto alle politiche e le percentuali che fanno dire a Ferrero che è andata bene mascherano il dato assoluto.

Lo scenario che si prospetta è dunque questo: una destra che coprirà a lungo il suo ruolo di governo e che governerà agli ordini della Confindustria e degli altri poteri forti e con la 'legalità' del manganello; uno sfaldamento elettorale di quello che è stato l'Ulivo e da cui nasceranno forse altre formazioni centriste al servizio delle alternanze sistemiche.

Inutile pensare, in questo contesto, che quella che è stata la 'sinistra di lotta e di governo' possa coprire un ruolo di ripresa. Non solo perchè le schegge della sinistra governista non hanno la forza e la capacità di un rilancio, ma soprattutto perchè la crisi del PD è una pietra tombale su un'intera area e può ben paragonarsi alla caduta del muro di Berlino. Il PD sarà concepito come parte di una sinistra che nel suo complesso ha fallito e l'astensionismo abruzzese è una indicazione chiara in proposito.

La crisi del PD trascina anche i movimenti e i movimentisti che, funzionando specularmente rispetto ai settori istituzionali non berlusconiani, si trovano senza sponda e quindi indeboliti. A salvare coloro che si agitano sul teatrino degli alternativi di vario genere, dagli identitari agli economicisti, ai movimentisti non può essere la ritualità dei comportamenti e dei programmi.

La crisi della sinistra è una crisi di identità rispetto ai settori sociali di riferimento e la riorganizzazione di questi settori comporta una 'riforma intellettuale e morale', per dirla alla Gramsci che non è possibile intravedere oggi. Nessuna illusione che l'identitarismo della falce e martello e della bandiera rossa, aldilà di chi intende rappresentarlo, e la lista della spesa del rivendicazionismo possano funzionare. Quando non si tratta di imbroglio è pura nostalgia.

Cosa serve dunque per passare la nottata? Ci siamo misurati, in prima battuta, con il progetto astensionista come riferimento popolare e di di indicazione per l'organizzazione di un movimento politico. Purtroppo ci siamo imbattuti con schegge del vecchio gruppettarismo ideologico che ci hanno fatto perdere tempo e direzione di marcia.

La riforma 'intellettuale e morale' riguarda proprio questo ceto, che impedisce di ragionare collettivamente su una possibile ripresa. Sarà la realtà a darci le indicazioni, ma dentro la realtà bisogna definire i nuovi strumenti di lavoro, di organizzazione e di proposta politica. Questo ci suggerisce la crisi del PD che in questo caso può essere utilizzata in positivo per spingerci a riflettere sul che fare?

Erregi

21 dicembre 2008


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