Quello che si è tenuto a Beirut nei giorni 15-18 gennaio non è stato l'unico, ma certo il più significativo degli incontri che si sono tenuti nella capitale libanase dopo la guerra con Israele. Per definirne le caratteristiche basti dire che erano presenti i protagonisti principali della lotta antisionista, iraniani, libanesi e palestinesi di Hamas, assieme al vasto movimento antimperialista mediorientale e ancora con una presenza del Venezuela e di Cuba a conferma della unità raggiunta dal movimento antimperialista.
All'incontro di Beirut erano presenti anche numerosi rappresentanti dei paesi europei, a testimonianza che un certo vento sta cambiando. L'Europa come sappiamo esprime da decenni l'antimperialismo perbene, quello cioè che assume la veste del perbenismo pacifista che si tiene a distanza dai soggetti che effettivamente esprimono lo scontro. Ricordiamoci tutti che quando è iniziata la resistenza irachena il perbenismo si è espresso contro l’intervento americano, ma anche contro il ‘terrorismo’ della resistenza. Ricordiamoci che anche in questi giorni si scende in piazza ‘dalla parte dei palestinesi’, ma non per sostenere Hamas e aprire una battaglia di verità contro il sionismo e la sua natura nazista. Beirut è stata finalmente un’immagine di un rovesciamento di logiche equidistanti e la fotografia di una realtà nuova. Quella che ha per centro il movimento combattente antimperialista e al cui fianco si stanno schierando le migliori forze antimperialiste.
Per noi ‘occidentali’ queste novità rappresentano uno stimolo importante per allargare il discorso che da anni andiamo facendo e per acquistare consensi per una battaglia antimperialista vera. Oggi chi dice di essere contro le guerre imperialiste deve scegliere se stare o no a fianco di chi le subisce e le combatte. Chi denuncia i crimini di Israele deve accettare il fatto che non si tratta di uno stato che rompe la legalità internazionale, ma di una entità colonialista che lavora per liquidare la Palestina come nazione. Chi si meraviglia della logica nazista dei sionisti non comprende la natura di questo movimento ultranazionalista nato nel ventre dell’imperialismo occidentale di cui è parte e per conto del quale agisce nell’area mediorientale e non solo.
Beirut 2009 apre dunque una prospettiva nuova per chi, come noi, si è mosso in una logica non equidistante e che parte dai dati soggettivi dello scontro antimperialista. Dunque un buon segnale.
Erregi
23 gennaio 2009