Ci risiamo.
Franceschini chiama e Ferrero risponde

Non era difficile prevedere che il nuovo corso del PRC avrebbe preso la deriva che sta prendendo. Da quando si era deciso di costituire la federazione della sinistra alternativa con Salvi e Diliberto, il corso delle cose era abbastanza chiaro. Abbandonate le dispute identitarie si è cominciato a puntare al sodo, cioè al superamento dello sbarramento elettorale, costi quel che costi, e a ricomporre un tessuto di ceto politico che ricomprendesse un po' tutti gli orfani del parlamentarismo 'radicale'.

Intanto a livello locale, dove il ruolo di ruota di scorta del PRC non è mai venuto meno, si è continuato ad avere un atteggiamento 'unitario' con le giunte PD che un partito alternativo non avrebbe dovuto avere. Le considerazioni 'localistiche' non potevano essere avanzate senza tener conto della natura delle forze politiche con cui ci si andava ad alleare, le quali, peraltro, proprio nelle amministrazioni degli enti locali producevano la massima espansione dei comitati d'affari. Si dirà che si è imposta la discussione su provvedimenti di natura sociale, ma in quali casi si è veramente rotto con la logica che ha sempre sovrastato le amministrazioni di centro-sinistra, da Chiamparino a Bassolino, a Loiero, a Renzi e via discorrendo fino all'esperienza palazzinara di Veltroni a Roma, il top della sinistra local? Il discorso vero è stato un altro: se non andiamo in parlamento almeno pigliamoci quello che passa il convento. Per un partito rinnovato e reduce da una vittoria sulla destra liquidazionista non è poi cosa così avanzata.

Ma se il buongiorno si vede dal mattino, il resto viene di conseguenza. Nel PRC comincia il dialogo con i rottami interni di matrice bertinottiana che vengono immessi in una segreteria unitaria. Per che cosa? Per ricominciare com'è ovvio il discorso sull'unità della sinistra, quella diffusa e residuale. Non parliamo della base elettorale, ma dei protagonisti del trasformismo di 'sinistra'. Ecco dunque la riapertura del dialogo a tutto campo fino a Niki Vendola e a Franceschini, il quale non disdegna di telefonare a Ferrero per dirgli di tenersi pronto. Per che cosa?

Il nostro non è un discorso contro tutti per apparire rivoluzionari. Questi comportamenti lasciamoli ai trotskoidi e ai bernocchiani di vario genere. Il nostro discorso serve a demistificare l'imbroglio che sta dietro all'elettoralismo antiberlusconiano.

Di sinistra è chi combatte battaglie vere per cambiare lo stato di cose presente. Da questo dobbiamo partire per ricominciare a tessere un discorso strategico.

Erregi

9 ottobre 2009


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