L'unione fa la forza?

A proposito delle riunioni internazionali dei partiti comunisti

Si è concluso a Calcutta il 22 novembre l'11° incontro internazionale dei partiti comunisti di varie parti del mondo, principalmente di quelli che facevano parte del Gotha storico del movimento comunista. Qualche partitino si è aggiunto alla lista, come il PTB del Belgio e il PCPE spagnolo, ma il resto sono partiti di vecchia data di cui si conosce la storia. Cuba, Cina, Corea, Vietnam sono compresi nella lista e le danno lustro. Altri hanno una storia che non qualifica certo l'incontro, come il PCF francese e il PCE spagnolo che non solo sono al limite della sparizione, ma hanno firmato le peggiori svolte a destra. Nella lista c'è anche il famigerato partito comunista iracheno, quello che vive sotto l'egida del governo fantoccio a servizio degli americani. In maggioranza poi si tratta di partiti che hanno ereditato dal movimento comunista una rappresentanza che sostanzialmente ne congela il dato storico senza sostanziali variazioni.

Anche l’Italia è rappresentata a questo incontro con il Prc e il Pdci. La domanda che viene d’obbligo è questa: incontri come quelli di Calcutta rappresentano una ripresa del movimento comunista nel mondo? Certamente molti dei partiti presenti rappresentano pezzi di storia importante e realtà consistenti. Ma l’insieme di questi partiti a ben vedere non ha aperto un capitolo nuovo del movimento comunista internazionale. Sono più che altro una forma di contatti politico-diplomatici che mantengono un sostanziale parallelismo sul piano strategico senza veramente convergere. Non solo, ma a volte la definizione comunista copre posizioni che sono ben diverse da quelle che noi possiamo immaginare. Partiamo dai padroni di casa che hanno ospitato l’11° incontro, il Partito Comunista Indiano Marxista. Questo partito è al potere nel Bengala indiano da decenni, ma se si va a vedere in che cosa consiste la sua politica ci si rende conto che, di fronte alla drammaticità della condizione sociale, esso si limita a svolgere una funzione di partito progressista istituzionale che non incide sulla qualità dei rapporti di classe. Milioni di persone vivono nel Bengala nella miseria più assoluta e in questo contesto la parola comunista non ha nulla di rivoluzionario.

Il fatto che la Cina sia presente a questi incontri e che dimostri di avere un interesse a mantenere contatti con altri partiti che si definiscono comunisti desta certamente interesse, ma è lecito domandarsi su quale piano questi rapporti interagiscono rispetto alle scelte drammatiche che si impongono di fronte alle contraddizioni epocali di cui i comunisti dovrebbero rappresentare il punto di fuoriuscita.

Potremmo continuare nell’analisi del significato della parola 'comunista' in ogni contesto in cui i partiti comunisti presenti a Calcutta operano, ma potrebbe sembrare che ci si voglia mettere in cattedra e non è certo questo il nostro obiettivo, anche se la presenza del PRC e del PdCI ci fa capire la necessità di stare in guardia e di evitare i facili entusiasmi sul comunismo ritrovato. Insomma cerchiamo di vederci chiaro.

Erregi

23 novembre 2009


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