Astensionismo, avanti tutta

Stavolta bisogna dar ragione  a Fausto Bertinotti che, alla vigilia del voto e per portare acqua al mulino del suo pupillo Vendola, è stato intervistato da Repubblica dichiarando due cose che, astraendole dal contesto, hanno un senso. La prima riguarda la possibilità di tenuta del PD, che a suo parere non cambia nulla nelle prospettive. La seconda riguarda Vendola, su cui Bertinotti proietta la sua speranza che nasca un modo nuovo di fare politica, perchè il vecchio non regge più.

Utilizziamo l'intervista di Bertinotti per dire, soprattutto ai cultori del voto a tutti i costi e del suo potere salvifico, che anche  da questa sponda viene una critica ad un modo di collocarsi a 'sinistra' nel voto che non affronta la situazione e soprattutto non fa i conti con la realtà. E la realtà ci dice che un italiano su tre non ha votato e quindi bisogna partire da questo. Per fare che cosa?

Intanto per sfatare definitivamente la tesi imbecille, a meno che non sia in malafede e strumentale, che bisogna votare a ‘sinistra’ per combattere il razzifascismo del governo di destra. I cultori dell’unità fanno sempre leva su questo e sui sentimenti che coinvolge. Ma il richiamo non funziona. A sinistra molti hanno capito che il voto a ‘sinistra’ serve solo a creare una ruota di scorta e un alibi a chi ha reso possibile la vittoria delle destra, a partire da Prodi, e per questo si astengono.

Se c’è una vittoria che si può brandire è quella dell’aumento delle astensioni, del rafforzamento di Di Pietro e della riuscita del grillismo. Cioè di dinamiche che fuoriescono dai rituali lugubri di una sinistra unita che raggiunge appena il 2,7%, nonostante il calo dei votanti.

Però il voto e il non voto non coincidono anche se si sceglie Beppe Grillo. Come per combattere Berlusconi e la Lega non basta mettersi la sciarpa viola, così per fondare una strategia nuova non bisogna votare per, ma non votare. Raccogliere cioè la contraddizione tra la gente comune e il sistema bipartitico e scagliarla contro il sistema elettorale mediatico che lo sostiene.

Abbiamo sostenuto da tempo che occorre fondare un movimento astensionista e di disobbedienza civile che raccolga quelli che hanno capito che ormai le elezioni sono un modo per cambiare tutto per non cambiare nulla. Proviamo a staccare la spina. E chi è d’accordo batta un colpo e definisca un programma di lavoro.

Da questo sono esclusi ovviamente sinistri unitari, gruppettari e ‘rivoluzionari’ in cura psichiatrica.

Roberto Gabriele e Paolo Pioppi

30 marzo 2010


Ritorna alla prima pagina