Siria, siamo in guerra?

Il rovesciamento del governo Assad non è cosa che si decide in Siria, con le sole forze in campo attualmente. Non solo perchè attorno all'aggressione mercenaria c'è il sostegno della NATO, della Turchia e dei paesi arabi legati agli americani. Il che rende duro lo scontro, anche se Repubblica del 2 settembre ci informa che il governo siriano può contare su 441 Mig, su 4.707 missili terra-aria e 200 elicotteri da combattimento e quindi ha una grossa potenzialità militare.

La questione ormai esula dal semplice progetto di imporre militarmente la 'primavera araba' anche alla Siria e quindi ridurre gli spazi di manovra dell'Iran per poi attaccarlo.

In ballo c'è la Russia che mantiene in Siria una base navale, l'unica del Mediterraneo e che rende possibile il mantenimento di un livello militare adeguato al governo Assad. Ma la questione non è solo di forniture di guerra: il problema reale è capire se la NATO e suoi alleati, in presenza di una forte resistenza della Siria, hanno deciso di portare lo scontro fino a un punto di non ritorno che comporterebbe di fatto anche il coinvolgimento della Russia.

La Nato e gli USA non possono permettersi di perdere in Siria. La loro sconfitta metterebbe in crisi l'intero progetto di controllo reale del MO e di distruzione dell'Iran. L'innalzamento dello scontro però, che porterebbe la guerra ad un livello più alto, dipende anche dalla Russia. In Georgia il progetto americano fu sconfitto militarmente. La Siria rappresenta ora un nuovo test. Con quali conseguenze?

Queste considerazioni, che riteniamo abbastanza realistiche, tradotte in discorso politico vogliono dire che dalla Siria parte la scintilla che può provocare l'incendio, ma questa consapevolezza, al di fuori della retorica, non sembra sortire alcun effetto. Come dire che siamo in guerra a nostra insaputa.

Erregi

2 settembre 2012


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