Non si può dire che in Italia negli ultimi quaranta anni non si siano
verificate situazioni estese di movimenti e di lotte che abbiano sfidato
l'equilibrio politico costituito senza però mai riuscire di fatto a trovare un'efficace rappresentanza a livello istituzionale.
L'Italia in realtà
ha girato su due circuiti diversi e paralleli: quello della grande politica
e quello della protesta che, non avendo una vera spina dorsale e obiettivi
chiari, si è andata perdendo, salvo riapparire, sempre allo stesso modo, in
epoche successive.
Anche oggi, in questa fase di scontro
elettorale, assistiamo al fenomeno del grillismo che in poco tempo ha
raggiunto consensi a due cifre che esprimono un grande sommovimento
sociale, cui fa da contraltare però il coperchio istituzionale
Monti-Bersani. Lo schema non è ancora consolidato e la verifica si avrà il
24 febbraio. Ma l'esito più probabile è che si ritorni al vecchio equilibrio
istituzionale. Da una parte il potere e dall'altra la protesta che non
graffia.
Nel fare queste considerazioni non vogliamo accodarci ai teorici
di 'proletari senza rivoluzione' che accusavano il vecchio PCI di non aver
preso il potere. Le condizioni conflittuali a cui ci stiamo
riferendo non pongono all'ordine del giorno la rivoluzione mancata, bensì la
mancanza di strumenti organizzativi e politici che sappiano modificare i
rapporti di forza e diano fiducia per un futuro cambiamento effettivo.
A sinistra, quella che politicamente si è definita opposizione e che ha
cavalcato o tentato di cavalcare le espressioni di lotta che le
contraddizioni sociali fanno emergere, si è contraddistinta generalmente
per il suo opportunismo, avventurismo, elettoralismo, pansindacalismo. I
tentativi partitici che hanno tentato di determinare un salto di qualità
hanno seguito vecchie vie e vecchie logiche opportuniste. Da una parte
l'ideologismo vuoto e dall'altra un programma politico raffazzonato che
non riesce, peraltro, a nascondere l'elettoralismo e la corsa alle poltrone
di quart'ordine.
E' possibile rompere questo circuito e dare alle
contraddizioni una sponda dialettica di carattere organizzativo che faccia
capire che si comincia a fare sul serio? Finchè un nucleo leninista non
emerga da questo caos non si potrà cominciare a ballare sul serio.
Erregi
4 febbraio 2013