Uniti contro Berlusconi
organizzati contro Prodi

Un’altra importante scadenza si avvicina, quella delle elezioni politiche del 2006, rispetto alle quali si misura la capacità politica e tattica di una posizione comunista. Normalmente la scadenza elettorale viene vissuta, dai compagni e dalle compagne, in totale subalternità.

Se escludiamo i furbi che mascherano il loro elettoralismo con la tesi del voto alternativo, sia che si tratti dei rosso-verdi sia che si scelga il voto ‘comunista’ del PRC, la posizione dei comunisti si riduce all’alternativa secca, votiamo il meno peggio o manteniamo una rigida posizione astensionista. Il risultato di questa posizione è che i furbi si guadagnano il loro spazio nelle istituzioni, i partiti del meno peggio utilizzano i voti di sinistra per una politica del tipo Rutelli/Fassino e gli astensionisti puri esaltano i risultati del non voto come se fossero effettivamente una maturazione politica di massa.

E’ possibile rompere questa spirale? E’ possibile, in altri termini, uscire da questo impasse con una posizione politica che faccia emergere le contraddizioni e dia una prospettiva di lavoro politico ai compagni e alle compagne anche sulla questione elettorale? A mio parere oggi esistono le condizioni per una chiarificazione della situazione. Anzi è assolutamente necessario.

Preliminarmente abbiamo tre questioni da chiarire, su Berlusconi, sull’Unione e sulle liste ‘alternative’.

Partiamo da Berlusconi. E’ indubbio che la coalizione di destra che fa capo a Berlusconi rappresenta una delle avventure elettorali più pericolose che vengono da destra. Il suo governo non è un normale liberismo di destra, ma un pericoloso mix di populismo, razzismo, anticomunismo e subalternità piena al militarismo USA. Se l’avventura Berlusconi non ha avuto più gravi conseguenze e si è limitata ad una politica di sfascio istituzionale e finanziario, lo si deve alla situazione oggettiva che non ha permesso ulteriori passaggi, nonostante la posizione ‘istituzionalmente corretta’, nei suoi confronti, dell’Ulivo.

Non si può trascurare quindi il pericolo che questa coalizione rappresenta. Il volto ‘democratico’ che i leaders della destra mostrano nel salotto di Bruno Vespa è pronto a lasciare il posto a ben altre politiche reazionarie. Berlusconi è quindi giustamente percepito come un grande pericolo non tanto e non solo da quelli che ambiscono ai suoi posti di governo, ma soprattutto da vasti settori non reazionari e della sinistra.

L’Unione quindi, e qui è il secondo punto dell’analisi, è l’insieme delle pulsioni antimberlusconiane e questo spiega anche il successo delle primarie in termini di partecipazione. Prodi come l’antiberlusconi. Di questo bisogna dunque tenerne conto e capire che non si può prescindere da una dialettica con tutta l’area e di questo si rendono conto anche i moderati dell’Unione che sono costretti a contorcimenti linguistici e programmatici per coprire le loro vere intenzioni. Vedi ritiro dall’Iraq controllato, modifiche alla legge trenta, liberalizzazioni come programma di sinistra.

Ciò che non ci deve sfuggire però è il segno politico dell’Unione. Essa è gestita dall’accoppiata Rutelli-D’Alema attorno a cui ruotano gli interessi della borghesia che non vede più Berlusconi come prospettiva e si allaccia al disegno europeista di Prodi. Quindi l’Unione non è l’alleanza contrattata tra forze diverse, ma l’aggregazione di queste forze attorno al centro moderato. Votarli? Questa è la discussione che ci impegnerà nei prossimi mesi.

Per noi, però, la questione derimente è il terzo punto. L’agire cioè delle forze cosiddette alternative. Come ci rendiamo conto che l’Unione ruota attorno al centro moderato, così siamo consapevoli che i giochetti bertinottiani non possono cambiare la situazione né condizionarla seriamente. Perciò delle due l’una, o la sinistra dell’Unione, come peraltro ritengo, si accontenterà di mediazioni non sostanziali, sia in politica interna che internazionale, o sarà costretta a rompere e già esiste l’alternativa moderata, magari anche favorita dalla nuova legge elettorale. Le liste rosso-verdi aggiungono ulteriore confusione perché fanno immaginare uno scenario alternativo, ma nella sostanza sono solo una squallida manovra elettoralistica che coinvolge, peraltro, spezzoni del cosiddetto movimento in cerca di collocazione istituzionale.

La domanda finale è, ma allora? La risposta tradizionale sarebbe quella di dire stiamone fuori. Io sostengo invece che i comunisti devono stare dentro questa situazione e saper guidare, politicamente, le forze sane su un binario di vera altenativa sia a Berlusconi che all’Unione e individuando una linea di autonomia politica e non cadendo nella trappola dell’Unione patria di tutti, organizzando i punti di resistenza a questa alleanza moderata.

Per fare questa operazione però ci vuole altro che un po’ di movimentismo. E mi rendo conto che chiedere questo impegno a coloro che si definiscono comunisti è un po’ troppo. Però bisogna provarci.

Roberto Gabriele


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