I comunisti e il Prodi bis

Se è vero che la situazione politica italiana è drammatica, ma poco seria - al punto che gli eretici della sinistra governista, Rossi e Turigliatto, dopo il drammone della crisi di coscienza, hanno finito per dare la fiducia a Prodi e uno dei due, precisamente il secondo, si è beccato, nonostante tutto, l'espulsione dal PRC, definita garbatamente 'allontanamento' - rimane da spiegare qual'è la prospettiva.

Perchè se è vero che nel corso di queste tumultuose giornate non sono mancate voci incazzate di compagni e di compagne contro il governo e i governisti di sinistra, poco si è discusso sulle prospettive, col rischio di trovarci, appunto, con un nuovo radicalismo, ma senza un futuro politico. Purtroppo a questo siamo abituati perchè, dopo decenni di grandi battaglie, di grandi movimenti e di alti tradimenti, non è mai emersa una prospettiva politica degna di questo nome. Siamo sempre rimasti al palo delle dispute gruppuscolari che girano a vuoto attorno ai grandi temi. Lasciando, ovviamente, le carte ai partiti istituzionali.

Intanto, qualche considerazione sui fatti serve a stabilire dei punti di riferimento preliminari. Le scelte dei governisti di sinistra e delle appendici critiche dei vari rifondatori di comunismo hanno messo in crisi tutto il ragionamento che in questi ultimi anni è stato fatto dai teorici della 'contaminazione' tra politica e movimenti, che ha contribuito a portare la situazione al punto attuale. Se una cosa è chiara oggi, insieme al giudizio sui protagonisti, è che le teorie bertinottiane non hanno funzionato. La famosa 'contaminazione' ha lasciato il posto ai brutali diktat dei poteri forti e delle lobby, dagli americani, ai sionisti, al Vaticano, alla Confindustria. I 'non possumus' di Andreotti e Pininfarina hanno bloccato le velleità di pagliacci come Giordano, che andavano strombazzando la vittoria della sinistra radicale nella compagine governativa. I dodici punti di Prodi hanno messo in riga le velleità dei 'radicali', i quali si sono affrettati a espellere dalle loro fila, come già per Ferrando, coloro che mettevano in forse le linee guida del governo filoamericano e filoliberale.

Se da questo punto di vista le cose sono ormai chiare, meno chiaro è il che fare. Il rischio è, per dirla alla Marx, di ricadere nella solita merda fatta di convegni gruppuscolari sul neocomunismo o di intergruppi di ‘forze politiche’ che non sanno andare oltre la manifestazione di rito.

Nei mesi scorsi abbiamo avanzato l’ipotesi che fosse arrivato il momento di creare una forza politica che esprimesse seriamente quelle esigenze programmatiche che il movimento vero rivendica da tempo, sulle questioni interne e internazionali. Questo, in quanto comunisti, ci siamo sentiti in animo di proporre per stabilire anche una netta linea di demarcazione dalla sinistra governista. La proposta è tutta da discutere, ma è l’unica che non ci porti in bocca allo stato di necessità del Prodi bis o ai rituali gruppuscolari. Ci rendiamo conto che chiediamo qualcosa che in questi decenni si è realizzato solo in modo fittizio, con gli esiti che sappiamo. Nonostante la fondazione di ben due partiti comunisti siamo ancora al palo. Ma la situazione ci spinge a insistere.

Erregi
3 marzo 2007


 
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