Tutti a destra! Che cosa rimane?

Credo che nessun compagno o compagna che mantenga un minimo di lucidità su ciò che sta avvenendo nella politica italiana possa negare che l'indirizzo prevalente di marcia ha il segno della destra. Quello che è però paradossale è che questo senso di marcia non si determina tra i due schieramenti che si sono dati battaglia alle ultime elezioni politiche, ma proprio all'interno dello schieramento che si era contrapposto alla coalizione berlusconiana e che aveva, se pur di poco, vinto le elezioni.

Diciamo che le avvisaglie di questa nuova fase si erano avute con l'attuazione del programma di governo che aveva portato alla finanziaria rigorista, alla conferma della missione in Afganistan e al raddoppio della base americana di Vicenza. Queste però non erano che anticipazioni, per quanto pesanti, di ciò che sarebbe avvenuto in seguito.

Il seguito ha portato a un cambiamento strutturale del carattere politico della coalizione di centrosinistra con la nascita di un partito cattomoderato, il PD, e la prospettiva di una formazione socialdemocratica sulle ceneri delle 'rifondazioni' comuniste.

La questione non è solo di nomi, ma anche di sostanza. Le forze di destra e moderate, a partire dalla chiesa, sono entrate pesantemente, con l'aiuto del guastatore Bertinotti, proprio in quell'area politica che avrebbe dovuto contrastare la destra belusconiana, riducendo al minimo le chance della sinistra e producendo una grave crisi di identità tra chi riteneva che si potesse aprire una fase nuova. I conati dell'orgoglio laico di piazza Navona o i rituali del comitato 'no war' per l'accoglienza a Bush non rappresentano una controtendenza.

Perchè siamo a questo punto? Quali sono i veri rapporti di forza e quali soprattutto le prospettive? Intanto una chiarificazione retrospettiva. La destra berlusconiana non era e non è una tigre di carta, ma la coalizione che le si contrapponeva aveva al suo interno una pesante deriva moderata che investiva anche la sinistra e in particolare il PRC. In queste condizioni non si poteva affrontare una fase post-elettorale piena di incognite. Per di più lo schieramento della sinistra governista è diventato maggioritario inglobando, ad eccezione di poche schegge trotskiste, molte delle forze ’antagoniste’. A questo punto la rincorsa a destra non ha avuto freni e ha spiazzato anche quelli che, come Mussi, idilliacamente prefiguravano un armonioso rapporto tra il PD e una sinistra democratica al 16%. Col 'family day' ci si è accorti che le nuove architetture hanno pilastri di destra e certamente non solo sulle questioni religiose.

In questo scenario anche quelli che vivono di rendita sfruttando tematiche 'di movimento’ sono al capolinea, nonostante tentino, con scioperi della fame o altro, di attirare l’attenzione.

E’ credibile il rilancio di sinistra senza un'ipotesi politica e un’organizzazione di forze che si misurino con lo schieramento di destra? Una domanda, questa, certamente retorica, ma che dovrebbe aprire una discussione.

Erregi

13 maggio 2007


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