L'autocritica del PRC e i suoi obiettivi nefasti

Il flop di Piazza del Popolo ha indotto Rifondazione Comunista all'autocritica sulla scelta del 9 giugno. Al grido 'ritorneremo ad essere presenti nei movimenti', Franco Giordano ha ammesso l'errore e prevede prossime immersioni nei 'movimenti'.

Non so quanti compagni e quante compagne sono disponibili a farsi prendere in giro da questo personaggio da circo equestre e dal suo comprimario e ispiratore Bertinotti, ma una cosa è certa: di fronte a tanta sfrontatezza occorre ribadire la massima di Mao che ci insegna che quando il cane cade nell'acqua bisogna continuare a bastonarlo.

Dall'aria che tira sembra invece che i soliti pontieri ritessono la rete che li porta a dialogare con un interlocutore che è in perfetta malafede. Attribuire questa propensione al dialogo ad ingenuità è sbagliato. Difatti, chi accarezza l'idea di un ritorno del figliol prodigo all'ovile dei 'movimenti' non lo fa per caso. Costui, o costoro, a mio avviso non vogliono fare i conti con un'analisi politica che ci porta a dire che Rifondazione Comunista è solo un apparato di 'professionisti' dell'elettoralismo di sinistra che produce demagogia e degenerazione opportunista. E' sbagliata questa analisi? Quali sono gli elementi che ci portano a dire il contrario?

Se seguiamo tutto l'itinerario dell'ascesa di Bertinotti dalla carica di segretario del partito a quella di presidente della Camera dei Deputati, vedremo che essa è accompagnata da un continuo di passaggi 'teorici' che hanno demolito tutto ciò che di comunista esisteva in questa ipotesi di rifondazione. Dal novecento come secolo di 'errori ed orrori', alla teorizzazione della non violenza come arma degli 'umili', fino alle meditazioni sul monte Athos. Alla sfrontatezza di queste vere e proprie demolizioni del pensiero comunista, ha fatto seguito lo sviluppo del governismo, prima a livello locale e poi nel sottogoverno nazionale. Ora, tutto questo calderone diventa una delle facce di un sistema politico organizzato col centrosinistra che prevede un ruolo di 'sinistra' per il PRC che deve captare settori elettorali necessari alla maggioranza. Mettere in crisi questo ruolo significa perdere una parte del potere che sostiene Prodi e D'Alema. Per questo bisogna correre ai ripari e farsi l'autocritica.

Questa serve però anche a mettere in fibrillazione quell'area che impropriamente possiamo definire politica e che invece è espressione di una sottocultura di 'sinistra' in attesa di collocazione. C'è sempre un apprendistato in tutto, una sorta di gavetta che si riproduce da un quarantennio. I figli della scapigliatura aspettano di essere tosati da chi li ha preceduti.

Per definire quest'area, nella sua consueta modalità di rappresentazione, uso spesso il termine 'quelli del sabato sera', cioè quelli che si inventano l'acqua calda e per ogni questione di attualità si inventano la 'manifestazione'. Certo, all'interno di questa ci sono elementi che escono dal quadro, ma a ben vedere, come le cronache del 9 giugno e le indiscrezioni giornalistiche testimoniano, tutto è sotto controllo. Il governo continua la sua politica e con molto liberalismo concede il corteo. La festa potrebbe essere guastata, ma a evitarlo c'è un esercito di pontieri che ricopre il ruolo di galantuomini del 'radicalismo'.

Dare credito, quindi, alla discussione che anima una certa sinistra, vuol dire cadere nella trappola. Se vogliamo discutere, dobbiamo partire da alcune premesse che non sono solo il giudizio su Rifondazione e su i suoi compari del fronte 'radicale', ma anche e soprattutto la necessità di demolire il ruolo elettorale di questo fronte e la progettazione di un movimento politico che sia all'altezza delle contraddizioni di questa epoca. Tutto ciò, ovviamente, prescinde dalle manovre di gruppi e gruppetti che sembrano inventati per dimostrare che le migliori intenzioni finiscono in caricatura.

Erregi

15 giugno 2007


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