I dilemmi del 9 novembre

Sulla lettera aperta del compagno Andrea Furlan al Bernocchi nazionale che Roberto Massari ha fatto circolare con una sua prefazione [vedi il testo] è il caso di dire: 'interrogato il morto non rispose'. Che senso ha riproporre dilemmi e questioni che possono essere perfettamente comprese da una analisi 'storica' di quelle che si definiscono forze politiche e che si sono date convegno il 7 ottobre a Roma per decidere la 'scadenza' del 9 novembre?

A me sembra sommamente ingenuo parlare di una delusione dovuta alla montagna che ha partorito il topolino. Di quale montagna si parla? Se dovessimo attenerci ad alcuni dati statistici relativi alla vendita del volume 'I forchettoni rossi' e alla raccolta di firme in calce alla petizione su Gaza, sull'orientamento dei convenuti all'incontro del 7 ottobre il giudizio diventerebbe immediato. Poche copie del libro vendute e qualche firma su Gaza raccolta su circa quattrocento partecipanti. Certo, si potrebbe dire che il libro di Massari non fa 'testo', ma una denuncia di quel tipo dovrebbe spingere a capirne l'importanza rispetto al giudizio sulla sinistra 'rivoluzionaria'. La mancanza di sensibilità su questo non è di natura editoriale, ma di orientamento politico.

Peggio ancora il dato sulle firme all'appello su Gaza. Perchè si sono rifiutati di sottoscriverlo? Perchè sarebbe estremista? Leggendolo si deduce che è politicamente equilibrato. Sarebbe settario? Tutt'altro, dal momento che le firme dei promotori corrispondono all'universo tradizionale dei cultori della petizione. La vera ragione per cui i 'forchettoni rossi' e Gaza non interessano sul piano politico l'area bernocchiana sta nella natura di questo 'movimento' e nel ruolo che esso gioca nel contesto della sinistra. Su questo bisogna ragionare.

E così possiamo andare al cuore del problema che tanta irritazione ha causato nei seguaci di Utopia rossa. Dico questo non per innescare un'ennesima inutile polemica, a cui non sono interessato, ma per esigenza di chiarezza su questioni importanti.

Come mi è stato scritto in riferimento a una mia richiesta di chiarimenti sul 9 novembre, non si possono tirare perennemente per la giacca soggetti 'politici' che da decenni si comportano allo stesso modo. Bisogna trarne le conseguenze senza continuare ad inseguire un’utopia, rossa o meno che sia. Andiamo quindi alle conclusioni e alle cose che bisogna aver chiare in questo momento.

La scadenza del 9 novembre non è una delusione, in quanto rientra nella logica dello scadenzario movimentista che segue, senza effetti, il calendario politico ufficiale. Si tratta di una certificazione di esistenza per ricoprire spazi che fanno parte del sistema 'democratico'.

L’area bernocchiana non ha un progetto politico, ma vive di luce riflessa per recuperare sindacalmente, elettoralmente, socialmente, un’area che vive e sopravvive a fianco della sinistra ‘radicale’ con cui è collegata da mille fili.

Partendo da queste due considerazioni, dalle quali non si deve e non si può prescindere, si apre il discorso su come dovrebbero e potrebbero aprirsi percorsi diversi, sulle caratteristiche e le forme della lotta politica, sulla qualità delle lotte, sui soggetti che dovrebbero organizzarle e guidarle Le soluzioni non sono né facili né immediate, ma bisognerebbe cominciare a rifletterci uscendo dallo schema 'sinistra - più a sinistra - ancora più a sinistra' senza considerare le contraddizioni reali e l’oggettività delle cose.

Erregi

14 ottobre 2007


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