Abbiamo vinto. E adesso?

Qualcuno, tra i più anziani, ricorderà che c'era un 'partito' maoista che fotografava striscioni e cartelli alle grandi fermate dei bus per dimostrare che le masse erano con loro. Potrebbe succedere ora che qualche 'astensionista' utilizzi il crollo dell'Arcobaleno per dimostrare che il tutto è opera sua. Noi sappiamo bene però che il nostro lavoro ha certamente contribuito a combattere l'imbroglio elettorale della Sinistra Arcobaleno e degli sciacalli delle liste 'rivoluzionarie', ma che il fenomeno, fortunatamente, aveva solide basi oggettive.

E' vero che Veltroni ha succhiato a sinistra, ma il suo richiamo non avrebbe funzionato se l'Arcobaleno fosse stato un richiamo identitario a sinistra e soprattutto esso non avrebbe perso il 70% dell'elettorato. Invece proprio questo è accaduto e quindi possiamo ben dire che abbiamo vinto perchè abbiamo correttamente interpretato la tendenza e fornito un'indicazione giusta dentro una situazione ben più vasta.

Ci si chiedeva, da più parti, nel corso della campagna astensionista, su quale prospettiva si muoveva la nostra scelta di non voto. La questione ce la siamo certamente posta, ma la risposta era subordinata alla verifica dei risultati per evitare di muoverci su una prospettiva solo nostra e quindi solamente testimoniale. Intanto contiamoci, abbiamo detto. Ora, dati alla mano, possiamo spingerci in avanti col ragionamento.

Intanto dobbiamo muoverci rapidamente per evitare che gli imbonitori della sinistra elettoralistica ricuciano la ferita. "Ripartiamo da zero" essi dicono, ma ripartire per costoro vuol dire riimboccare la strada di sempre, un nuovo arcobaleno. Accanto a questa ipotesi ne girano altre, dello stesso tipo, ma con sponsor diversi. La lista movimentista e quella neocomunista identitaria fatta di rottami degli orfani del comunismo 'italiano'.

Compito nostro, ora, è consolidare il risultato astensionista e farne una base per il fututo. Sulle motivazioni astensioniste come fattore strategico abbiamo già fatto molte considerazioni nelle settimane scorse. In particolare abbiamo sottolineato che il non voto non è solo questione di protesta o scadere in posizioni neobordighiste, ma mettere in chiaro di fronte al grande apparato politico-mediatico-istituzionale che settori sempre più ampi della società rifiutano l'imbroglio e si organizzano in maniera diversa. E questo vale anche nei confronti della sinistra governista-elettoralistica.

La nostra proposta sembrerebbe il classico uovo di Colombo, ma non siamo così ingenui da credere che essa non debba fare i conti con almeno due cose molto serie.

La prima riguarda la funzione politica e il programma di un movimento politico astensionista. Se non vogliamo essere un semplice riferimento di protesta dobbiamo dimostrare che un possibile movimento politico astensionista è capace di condizionare la situazione su punti du programma, sociali e internazionali. Dimostrare questo, e questa è la seconda cosa che ci deve preoccupare, in un contesto come quello post-elettorale dove Lega e destra fanno da padroni, non è facile. La repressione innanzitutto è già pronta, e con essa le provocazioni ‘antiterroristiche’ o direttamente terroristiche. Legata a queste c’è la carota della sinistra istituzionale o del mini partito identitario che riproporranno, in condizioni difficili, l’aria fritta dei rifondaroli e affini.

Questi sono dunque i nodi da sciogliere e per quanto ci riguarda dobbiamo dimostrare che non siamo astensionisti per caso.

Erregi

16 aprile 2008


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